Gratteri: la leggenda della truvatura di San Giorgio tra Premostratensi e Cavalieri di Malta

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Leggende su antichi tesori nascosti sono molto diffuse in Sicilia. Lo stesso Pitrè nel IV volume degli Usi e Costumi del popolo siciliano, parlava di ben 63 di questi tesori, nascosti in differenti località della Sicilia. Le credenze popolari gratteresi individuano diversi siti dove in passato vennero ritrovati antichi tesori nascosti (spesso monete di bronzo) quali le contrade di Cuzzinu, Cuticchiu russu, Cruci Scali, Passu di Ciacaluni. Fino a qualche anno fa, i più anziani di Gratteri, raccontavano anche una antica leggenda sull’esistenza di una truvatura nel bosco di San Giorgio, dove trovasi un’omonima abbazia di epoca normanna. Quest’ultima, fatta costruire dal re Ruggero intorno al 1140, appartenne all’ordine dei Premostratensi (fondato da san Norberto di Xanten), agostiniani riformati  provenienti da una canonia di Saint-Josse-au-Bois, nella diocesi di Amiens in Francia – che in Gratteri avevano la loro unica sede in Sicilia.
Secondo le storie raccontate dai nonni ai più piccoli, i monaci di questa abbazia, compivano magie e sortilegi di ogni tipo. Lo stesso Giuseppe Ganci Battaglia, il Poeta delle Madonie, nel 1930, riportava: “un monaco del convento di S. Giorgio, si vuole che abbia molestato una donna appartenente al ramo dei Bonafede, intesi Gibbuini per nomignolo. Uno della famiglia giurò di vendicarsi e, certo di buona compagnia diede l’assalto al convento che fu distrutto. Il monaco era riuscito a fuggire e a posizionarsi sopra una rocca, che ancora oggi viene denominata: “la Rocca del Monaco”; di là in posizione sconcia, si beffasse di colui che lo voleva a morte e lo incitasse a sparare sicuro forse di non essere colpito. L’epoca di quest’episodio non può precisarsi ma è questa la leggenda nota in paese. Dove ne andarono le rendite dell’Abbazia?” (G.Ganci Battaglia Cenni storici e tradizionali del comune di Gratteri, Palermo 1930, p.40). 
I più anziani del paese sostenevano che gli ultimi monaci rimasti, abbiano frettolosamente abbandonato l’Abbazia (forse perché venuti in aperto contrasto con gli abitanti di Gratteri) nascondendo il tesoro del cenobio dentro o nei pressi della chiesa, erudendo una strana profezia: tre persone avrebbero dovuto sognare il luogo del tesoro senza farne parola con nessuno. Le sorti dei tre uomini prescelti poi, sarebbero state differenti: il primo sarebbe morto, il secondo sarebbe rimasto paralizzato, ”ciuncu”, il terzo avrebbe preso le ricchezze ma solo dopo aver mangiato sul luogo un’intera focaccia senza farne cadere le briciole.
Si sostiene che in passato qualcuno avesse sognato il luogo del tesoro, ma, poiché per paura lo avrebbe rivelato ad altri, arrivando sul luogo, avesse trovato soltanto ceneri di metallo, popolarmente chiamati “cacazzi di fuorgia”. Elsa Guggino, docente e ricercatrice di tradizioni popolari della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo, parlando proprio delle storie di truvaturi in Sicilia, osserva: “molte sono le storie di truvaturi indicate nel sogno. Se non viene rispettata la regola del silenzio o non si esegue il rituale prescritto, il tesoro si trasforma generalmente, in gusci di lumache, meno frequentemente in uova” (E. Guggino Fate, Sibille ed altre strane donne, Palermo 2006, p.66). Ma il mistero dell’abbazia di San Giorgio è ancora più intrigante di quanto possa apparire..
Nel 1645 l’Abbazia venne definitivamente abbandonata e tutti i suoi beni furono ceduti alla Sacra Religione Gerosolomitana dei cavalieri di Malta, come si legge nell’atto di cessione in Notar G. Moscato da Gratteri del 1°agosto 1668 (I. Scelsi, Gratteri storia cultura tradizione, Palermo 1981). Ma chi erano i Cavalieri di Malta?
Quella dei Cavalieri Ospitalieri, nati come Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni Battista di Gerusalemme, è una tradizione che inizia come ordine ospedaliero benedettino intorno alla prima metà dell’XI secolo a Gerusalemme. Quest’ultimi conosciuti come Cavalieri di Malta divennero in seguito alla prima crociata, un ordine religioso cavalleresco cristiano a cui fu affidata la cura e la difesa dei pellegrini diretti in Terra santa. Infatti il nome stesso dell’ordine deriva dallo “spedale” dei pellegrini cristiani, eretto dai mercanti Amalfitani (non a caso, il simbolo dell’Ordine è una croce ad otto punte, proprio come la croce Amalfitana). Le vesti originarie erano quelle benedettine: tunica e mantello nero e la croce bianca, ad otto punte (amalfitana), apposta nel petto, dalla parte del cuore. Successivamente il fine mutò in parte (anche le vesti divennero rosse, periodo in cui l’Ordine era noto come Ordine di San Giovanni), ed i Cavalieri Ospitalieri parteciparono anche alle azioni di guerra, affianco ai Templari, in difesa dei territori conquistati nella Prima Crociata. L’eredità dei templari (sciolti nel 1312/14), almeno in Francia, finì proprio nel patrimonio dei Cavalieri Ospitalieri di Malta. Molte delle fortificazioni più importanti in Terra Santa furono opera dei Cavalieri Templari o dei Cavalieri Ospitalieri (Sito ufficiale dell’Ordine di Malta).

Ma dove andò a finire il loro ingente bottino di guerra? 

La storia dei Cavalieri di Malta, attraversa secoli, guerre e nazioni; il fascino delle loro imprese è immutato da un millennio a questa parte e la leggenda che li avvolge è, ancora oggi, viva nelle loro opere. Dall’epopea in Palestina alle audaci scorrerie nel Mediterraneo, dagli assedi in terraferma alle battaglie sul mare, i suoi Cavalieri hanno scritto memorabili pagine di storia in difesa della Cristianità. Per secoli furono irriducibili difensori della Fede ma, quando il valore e il coraggio del soldato non furono più necessari seppero ritrovare l’antica e mai trascurata missione.

In Sicilia, le testimonianze della presenza di tale Ordine Ospedaliero, che si ritrovano ad esempio in alcuni comuni delle Madonie come Polizzi Generosa, (in cui ebbe infatti una significativa presenza nel 1177 per opera di Ruggero De Aquila), sono prevalentemente dovute al dominio su questi centri di famiglie che annoverarono tra i propri esponenti parecchi Cavalieri gerosolimitani. A Gratteri, già Pietro II Ventimiglia, barone di Gratteri (investito 27 aprile 1575- deceduto nel 1621) e  di Santo Stefano, fu cavaliere dell’Ordine di Malta.
Per quanto riguarda l’attività ospedaliera dell’Ordine cui si ispira nei principi di accoglienza dello straniero, era chiaramente quello di accogliere i pellegrini malmessi dopo il lungo e difficile viaggio svolgendo attività ospedaliera e assistenziale, secondo la regola dei padri benedettini con la quale si ampliava il concetto di ospitalità, includendo poveri, pellegrini e ammalati. Ma a Gratteri, quale fu la vera eredità di quest’Ordine dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni?   

Grazie alla consultazione dei Riveli, antichi documenti che si conservano presso l’Archivio di Stato di Palermo, relativamente al comune di Gratteri, possiamo comprovare la presenza di uno spitali sito nell’omonimo quartiere (attuale Via Ospedale) attestato già dal 1584 (Real Patrimonio – Archivio di Stato di Palermo). In mancanza di altri dati, si può ipotizzare che esistessero dei locali adibiti ad “ospitare” e curare poveri e indigenti (P. Di Francesca, Gratteri, 2000 p. 69, nota 64). Certo è che l’ospitalità verso lo straniero e il pellegrino era particolarmente radicata tra la popolazione gratterese. Lo stesso Ganci Battaglia, raccontando la leggenda di un pellegrino ricollegata al culto delle Sante Spine di Cristo – che Gratteri ha l’onore di custodire gelosamente – parla di un pellegrino che ebbe ospitalità in una casa ubicata dietro il quartiere dell’Orologio che anticamente era la casa dei poveri che il Comune teneva per dare asilo agl’infelici e ai senza tetto (Ganci Battaglia 1930, p. 37). Tuttavia, per cercare di capire la provenienza di coloro che arrivavano a Gratteri in quel periodo, ci possiamo avvalere ancora una volta, degli etnici riscontrabili dalla consultazione dei Riveli. 
Tra i cognomi gratteresi – che testimonierebbero un considerevole flusso migratorio nel piccolo centro madonita – scrutiamo etnici di vari centri della Sicilia (di Brucato, di Caccamo, Capizzi, la Chifalutana, Ciminna, Muntimaiuri, di Jerace, di Palermo, di Patti, Petralia, Polizzi, Sciacchitano, di Termini, Trojna), ma anche da altre regioni italiane quali la Calabria (Cusenza, di Nicastro); la Campania (di Meta); la Lombardia (Lombardo); la Puglia (Tarantino); la Sardegna (Lo Sardo); la Toscana (Sinisi, Toscano), financo la Francia (Francioglio, Parisi, Provinzale) e la Spagna (Castiglia, Catalano, di Murgia, Gabrera, Ragona) dovuti alla dominazione angioina e aragonese in Sicilia. Tra gli etnici che attesterebbero proprio la presenza di pellegrini provenienti dalla Terra Santa, i più significativi sono di Jerico (da Gerico città della Cisgiordania), Palmeri (dal nome personale Palmèrio che designava, nell’ultimo Medioevo, chi si era recato in pellegrinaggio in Terrasanta, riportandone un ramo o una foglia di palma) e Pellegrino.  
Un’altra eredità spirituale dei Cavalieri di Malta a Gratteri sembrerebbe quella legata al culto di San Giovanni Battista, (Santo a cui gli Ospedalieri si ispirano) oggi quasi scomparso nella piccola comunità gratterese, ma un tempo particolarmente nutrito, tanto che il nome Giovanni e Giovanna fu già dal secolo XVI fino al XVII il più diffuso a Gratteri per numero di occorrenze riscontrate nei Riveli, anche in numerose varianti e forme composte: Joanne, Joanna, Joannello/a, Jo.i Battista, Jo.i Blasi, Jo.i Forti, Jo.i Maria, ecc. Da un Rivelo che fa il Rev. Sac. D° Giuseppe Tamburello Procuratore della Venerabile Chiesa di S. Leonardo e della Ven. Cappella di S. Maria delle Grazie dentro detta Chiesa (oggi distrutta), sappiamo che fino al 1748, egli “pagava al R.do Clero di Gratteri per messa cantata, vespere e processione per la festa del Glorioso Santo Giovan Battista il 24 giugno, per solennizzare la festa del Glorioso Santo cioè con consumo di cera, polvere e loghieri d’apparato ed altro per prezzo di 100 unzi” (Archivio di Stato di Palermo, Riveli anno 1748). Nell’anno 1738 inoltre venne edificata una omonima chiesetta nel feudo delle “terre comuni” ad est del centro abitato ove fino ai primi decenni del XX secolo ne esistevano ancora i ruderi (Scelsi, 1981, p. 109, Di Francesca 2000, p. 24).

Dalla spoglio di questi antichi documenti, custoditi presso l’Archivio di Stato di Palermo, si evince inoltre l’attestazione a Gratteri, di un altro significativo nome, a partire proprio dal 1600. Esso è Nicasio, diffusissimo nelle famiglie gratteresi del secolo XVII, nelle varianti maschili (Nicasio, Nicaso, Nocasio, Nucaso) e femminili (Nocasa, Nucasa, Nucasia) (Riveli, Tribunale Real Patrimonio, anni 1607-1651-52, Archivio di Stato Palermo). La presenza di tale nome personale, in particolar modo, potrebbe essere strettamente collegabile al culto di San Nicasio Burgio, cavaliere dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme detto poi Ordine di Malta. Secondo la tradizione infatti, “Nicasio, nato da padre saraceno e da madre discendente dai Normanni, insieme al fratello Ferrandino, entrarono a far parte dell’Ordine Ospedaliero dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. I due fratelli pronunciarono i voti di povertà, castità e obbedienza e quello di restare in armi per difendere i territori cristiani della Terra Santa, per assistere i pellegrini e gli ammalati e per portare conforto agli afflitti. (Enciclopedia dei Santi e Beati). Il suo culto è particolarmente diffuso in Sicilia nei comuni di Caccamo (dove fu eletto patrono principale nell’anno 1625 in seguito alla fine di due epidemie di peste), Burgio e Castelbuono.

Infine, un ultimo  significativo elemento  da tenere in correlazione, potrebbe essere proprio il culto del Santo Protettore del paese, San Giacomo Apostolo il Maggiore (Santo Protettore dei pellegrini), documentato a Gratteri già dal secolo XVI. Giuseppe Arlotta osserva che il legame tra la Sicilia e Santiago di Campostela è iniziato nel XII secolo, come documentato nel liber sancti jacobi, il più antico testo del pellegrinaggio compostelliano. Per la costruzione e la gestione degli hospitali per pellegrini che si recavano in Galizia, giunsero in Sicilia ordini cavallereschi, quali i Templari, i Teutonici e gli Ospitalieri, più noti come Cavalieri di Malta (G. Arlotta Guida alla Sicilia Jacopea, Ercolano 2004, pp.11-15).
Oggi tuttavia, dell’Abbazia di San Giorgio già appartenente ai monaci francesi dei Premostratensi (e prima ancora ai Cistercensi secondo i più recenti studi) e poi all’Ordine dei Cavalieri Gerosolomitani – aperta al culto e citata ancora nel XIX secolo dall’abate Vito Amico nel suo “Dizionario topografico della Sicilia” – restano solo poche vestigia. Nei primi dell’ 800, quando Napoleone soppresse il priorato, il feudo fu venduto a tale don Pietro Cancilla, tenente di cavalleria della Val Demone e l’archivio con i suoi privilegi fu dato all’ospedale Fatebenefratelli di Palermo. L’edificio infatti, caduto in rovina, fu poi riutilizzato dai contadini come stalla e deposito di fieno (I. Scelsi 1981). 
Fatte queste dovute considerazioni, non possiamo non osservare che, nell’immaginario popolare, la figura dei Cavalieri di Malta è ricollegabile a quella dei Templari – monaci guerrieri di cui furono considerati gli eredi. Molte sono state le leggende nate intorno a quest’Ordine, a tal punto da essere considerati custodi di un antico sapere. Indizi ed arcani simboli tramandati di generazione in generazione, alimentano l’alone di mistero che li circonda, come la leggenda del Sacro Graal, la coppa da cui Gesù e i discepoli avrebbero bevuto durante l’ultima cena e che permetterebbe di dare la vita eterna. Ma quale potrebbe essere il vero tesoro che secondo l’immaginazione popolare celerebbe l’Abbazia di San Giorgio in Gratteri tra Premostratensi e Cavalieri di Malta? 
Questo sembrerebbe ancora un mistero. In passato, alcuni contadini del paese, sostenevano che sul posto si avvertissero presenze e voci inquietanti. Nel tempo poi, diversi ardimentosi hanno scavato dentro e fuori il perimetro dell’Abbazia, senza però trovare nulla. Cosa speravano di recuperare e perché proprio in quell’Abbazia dispersa nel bosco di Gratteri? Lo stesso sito che per la sua geomorfologia prenderebbe il nome dal greco Crater ‘coppa, calice’, (già fortezza menzionata da Filisto, nel IV sec. a. C.) secondo una misteriosa coincidenza e simbologia sarebbe un luogo ideale per nascondervi un tesoro?
Solo fantasticherie che non hanno alcun fondamento storico ma alimentate dalla ricca fantasia popolare.  

L’unica cosa certa è che queste continue ricerche hanno devastato in passato la pavimentazione della chiesa stessa. Oggi purtroppo, di queste storie rimangono solo vaghi ricordi e dell’Abbazia di San Giorgio, restano solo consistenti ruderi che, siti nella splendida cornice di un panorama agreste incontaminato, destano profonda suggestione.

Scritto da Marco Fragale