Pd: i “simboli” passano a Sel

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Loredana Ilardi, di origini collesanesi, diede un sussulto alla comunità in quel lontano 2008 quando divenne il simbolo di un cambiamento all’interno del Pd. Il simbolo di liste che guardavano oltre gli ordini di scuderia; il simbolo della base che scalava posizioni per un seggio sicuro al Parlamento. Il Porcellum questo permetteva e permette ancora. Walter Veltroni ne fece un mantra: Loredana Ilardi, giovane lavoratrice precaria di un call-center, era l’espressione di un pezzo di società schiacciata tra l’ansia del presente e l’assenza del futuro che doveva rappresentare a Roma tanti altri giovani come lei.

Da allora ad oggi non è cambiato molto, anzi. Ma sempre un simbolo era. E si sa quanto forti siano i simboli e che presa possano avere sulla gente. Una cittadina “qualunque” simbolo della base del Pd che assurgeva agli onori del partito. E con lei Collesano, dove peraltro venne presentata la sua candidatura in una affollata ex chiesa di San Giacomo.

Ma l’euforia dei primi giorni lasciò presto il passo alla delusione. Da possibile capolista alla Camera, che le avrebbe garantito un sicuro seggio, al basso della lista che, ovviamente, portò ad un nulla di fatto. Ma lei continuò a crederci, partecipe nonostante tutto, alle riunioni, alle manifestazioni, alle feste democratiche, come a Villa Giulia dietro uno stand.

«Ho militato nel Pd dalla sua nascita. Ho creduto nel progetto di un soggetto progressista e riformista, tanto da essere candidata alla Camera dei Deputati già nel 2008 – scrive la Ilardi in una nota – e sempre quell’anno sono stata eletta all’interno della direzione regionale. Ho sperato che questo partito potesse rappresentare le battaglie di cui sono protagonista da sempre per via del mio lavoro e del mio impegno sindacale. Vengo, infatti, dal difficile mondo del call center: le nuove fabbriche del XXI secolo. Un luogo in cui si sente forte l’assenza di diritti propria delle nuove identità lavorative, che oggi in Italia continuano a non aver un’adeguata attenzione da parte delle forze sindacali e politiche».

Disegna un Pd spaccato, lontano dall’elettorato, preda delle correnti. Un correntismo che, in effetti, ha dato il meglio di sé in quell’impallinamento di Romano Prodi nel corso delle elezioni alla Presidenza della Repubblica. Un correntismo che in Sicilia assume connotati ancora più marcati. Ma il disagio c’è e i continui comunicati dei deputati regionali, di ex inquilini dell’Ars, di parlamentari siciliani a Roma; le iniziative che si moltiplicano per rifondare il partito, ne sono un’ulteriore prova.

«Pensavo, da dirigente, di potere contribuire alla formazione della linea politica – continua la Ilardi –, ma mi sono trovata schiacciata in un correntismo ipocrita. Perché nel PD funziona così: le idee sono secondarie, si aderisce ad una corrente e poi ci si lascia trasportare, sgomitando solo per avere la meglio sulle altre tribù». E poi: «Un partito composto da tanti “generali” e ormai totalmente scollato dal suo elettorato e dal suo popolo». Questo lo sfogo della Ilardi, che fissa in questo passaggio la sua decisione di lasciare il partito: «Non comprendo e non condivido molto delle politiche regionali e nazionali, e soprattutto non posso accettare l’assenza di una linea politica chiara sui temi a me cari dei diritti dei lavoratori e dei diritti civili. Trovo poi inaccettabile stare in un partito che parla tanto di questione morale, per poi spesso chiudere gli occhi di fronte a comportamenti e pratiche di ricerca del consenso che di etico non hanno nulla… È per questo mio modo d’essere e d’intendere l’attività politica che scelgo di lasciare questo Pd e di confluire in Sinistra Ecologia e Libertà». Ma questa è un’altra storia.