In questa triste vicenda, umana ed economica, infatti, proprio quest’ultimo aspetto (in attesa di decisioni sul vaccino che difficilmente però potrà essere di serio aiuto per le greggi già contaminate) diventa l’unico che potrebbe dare un po’ di respiro agli allevatori. Si attende, quindi, di sapere quanti fondi la Giunta regionale intenderà stanziare e quando.
Le risposte avute stamane, intanto, e che pubblichiamo, ci dicono in parte quanto già sapevamo e di cui abbiamo già scritto in precedenza (l’invio delle domande è stato coevo alle informazioni reperite altrove e le cui risposte sono, appunto, giunte in un secondo momento, a pubblicazione avvenuta).
Da Teramo è ormai confermato che il sierotipo per i casi registrati nel trapanese, palermitano e messinese, sia l’1?
Il sierotipo nel trapanese e nel palermitano è il n. 1. Nel messinese non si hanno ancora focolai ma è stato sottoposto a restrizione da parte dell’Unità di Crisi Nazionale perché uno degli ultimi focolai sospetti era stato segnalato al confine tra Palermo e Messina (S. Mauro Castelverde). Inoltre, la velocità di diffusione della malattia e le precedenti epidemie di Blue tongue in Sicilia facevano presagire un prossimo coinvolgimento della provincia di Messina.
Quali le direttive e le risposte giunte dall’Unità di crisi nazionale?
Le risposte dell’Unità di crisi Nazionale sono state quelle di bloccare la libera movimentazione degli animali sensibili dalle province di Trapani, Palermo e Messina.
Quali le decisioni dell’Assessorato regionale in merito alla questione blue tongue in generale ed alla questione degli indennizzi per gli allevatori, in particolare?
Le decisioni dell’Assessorato Regionale Salute sono state di tipo tecnico ed hanno previsto la chiusura dei comuni coinvolti nel raggio di 8 m da ogni focolaio confermato da Teramo. In totale sono stati bloccati 10 comuni tra Trapani e Palermo. Ma quando è intervenuta la zona di restrizione ministeriale (molto più ampia) si è proceduto a revocare tale provvedimento. È stato altresì disposto il controllo clinico di tutte le greggi presenti nel raggio di 8 m ed il controllo sierologico degli allevamenti bovini, ove non si riscontrano sintomi. Allo stato attuale è stata portata all’attenzione della Giunta la possibilità di definire un contributo per mancata produzione agli allevatori le cui greggi sono state colpite dalla malattia. Non si tratta di indennizzi, poiché le attuali norme statali e comunitarie non prevedono la possibilità di erogare indennizzi per capi morti.
Quanto al vaccino, il Ministero ha intenzione di produrlo per il sierotipo individuato in Sicilia nelle zone colpite? E se sì, ha anche intenzione di distribuirlo agli allevatori?
Si tratta di decisioni che prende il livello nazionale. Tuttavia, il vaccino viene prodotto da pochissime industrie farmaceutiche (Merial) che programma le produzioni in funzione delle richieste. Non può essere distribuito agli allevatori ma può essere somministrato dai veterinari del servizio pubblico, poiché il suo utilizzo è funzionale ad una “strategia di territorio non di singolo allevamento”.
La carne ed il latte degli ovini colpiti, secondo le indicazioni del Ministero della Salute, possono essere consumati. Il che significa che i capi colpiti da blue tongue e poi deceduti, andranno comunque in macellazione e la carne potrà essere commercializzata?
Per dare una risposta a queste domande è necessario chiarire che i capi che si ammalano (in genere non oltre il 20% dell’allevamento) possono guarire o venire a morte. I capi che muoiono non superano in genere il 5-6% dei capi presenti negli allevamenti colpiti. I capi morti non possono essere destinati all’alimentazione dell’uomo. Le carni per l’alimentazione umana devono necessariamente provenire da animali vivi e sani. Pertanto, se gli animali malati guariscono potranno essere destinati alla macellazione ordinaria per la produzione di carne. Se invece gli ovini muoiono vanno distrutti.
In caso contrario, il controllo del medico veterinario è solo previsto obbligatoriamente prima del trasporto per i capi che non presentano sintomi da blue tongue, ma una volta giunti i capi nella struttura per la macellazione, l’ulteriore controllo non avviene quasi mai o comunque è rimesso alla sola discrezionalità del medico veterinario lì presente: non sarebbe il caso di procedervi anche lì obbligatoriamente?
Qualunque animale avviato alla macellazione deve essere sottoposto a “visita ante mortem”. Altrimenti non avrebbe senso tenere almeno un veterinario stabilmente presente negli stabilimenti di macellazione.
Un’ultima domanda: se il capo ovino al controllo, prima della macellazione, non presenta la sintomatologia tipica della blue tongue, ma comunque il virus sta già incubando nel suo organismo, pronto ad esplodere di lì a poco prima della stessa macellazione, quando ormai è deciso in tal senso, la carne di fatto è già infetta ma, appunto, macellata. In questo caso verrà commercializzata e giungerà sulle tavole dei siciliani. Ebbene, in casi analoghi, per quanto appreso, in Sardegna ed in Sicilia, molti suggeriscono comunque di non mangiarla. Rimane sempre ferma l’indicazione del Ministero della Salute secondo la quale la carne è comunque ingeribile? È davvero così?
Il virus Blue tongue (come tanti altri virus che colpiscono altre specie animali o specie vegetali) non provoca nulla nell’uomo poiché non trova i recettori cellulari specifici. Esso passa nell’organismo e viene eliminato. In virtù di quanto sopra se ci si alimenta con carni che albergano il virus non accadrà nulla nell’organismo umano.