Al termine della scorsa estate Cefalù veniva “visitata” da una coppia di giovani palermitani, già noti alla cittadina normanna perché in occasioni di feste e sagre la frequentavano quali venditori ambulanti sul lungomare di Cefalù; lui, M.A., 43 anni, da modi affabili e garbati, lei, S.D., dieci anni in meno, donna ammaliante e titolare di una parruccheria nel capoluogo. I due (sarebbe emerso successivamente) erano già balzati alle cronache per delle truffe alle finanziarie con un calcolato giro d’affari di circa un milione di euro l’anno.
Questa coppia, con la complicità di una zia della donna, S.R., di anni 56, decideva di sfruttare la conoscenza dei luoghi acquisita per averli frequentati quali venditori ambulanti per fare acquisti “importanti” quali appunto ciclomotori.
A presentarsi in un primo momento presso il noto rivenditore di mezzi a due ruote della cittadina normanna mostrandosi interessata all’acquisto di un ciclomotore è stata S.D.
Pochi giorni dopo, un sabato, in compagnia della zia cinquantaseienne, la stessa donna, ritornava presso l’esercizio commerciale concretizzando l’acquisto di un ciclomotore marca “Kimko” modello “Like” 125 cc. per la somma di € 2000,00.
Unico vincolo posto però dalle acquirenti per l’acquisto doveva essere l’immediata immatricolazione del mezzo, pratica che effettivamente il commerciante definiva in giornata.
Quella stessa mattina, qualche ora dopo, le due donne ritornavano presso l’esercizio e ritiravano il loro acquisto pagandolo con un assegno. Per il ritiro del mezzo le due donne si presentavano in compagnia del compagno della parrucchiera palermitana, M.A.
Il tempo di andare ad incassarlo e il commerciante scopre l’amara sorpresa: l’assegno era tratto su un conto corrente privo di fondi.
La cinquantaseienne aveva firmato l’assegno fornendo quale garanzia la copia della propria carta d’identità, ma aveva fatto perdere le proprie tracce abbandonando il vecchio domicilio di residenza oramai da diversi anni, domicilio divenuto meta di “pellegrinaggio” da parte dei diversi creditori e truffati dell’ultima ora nel tentativo di rientrare in possesso di quanto ceduto.
Intanto si scopriva che gli stessi soggetti avevano commesso ben altre due truffe analoghe e sempre a Cefalù in danno di altrettanti commercianti del settore.
Secondo la ricostruzione effettuata dagli uomini diretti dal Vice Questore Aggiunto Manfredi Borsellino, quella stessa mattina, mentre zia e nipote perfezionavano l’acquisto presso il primo punto vendita, l’uomo contrattava il prezzo di una bicicletta elettrica presso un’altra rivendita (peraltro non tanto distante dalla prima).
Nel periodo compreso fra la contrattazione e l’immatricolazione le due donne si sarebbero spostate nel nuovo negozio, già “visitato” dall’uomo, e proprio mentre stavano acquistando la bicicletta elettrica si mostravano interessate all’acquisto di un altro ciclomotore, acquisto che poi perfezionavano alle stesse identiche condizioni poste al primo rivenditore, ovvero immatricolazione immediata e pagamento con assegno.
Così che mentre il secondo rivenditore provvedeva ad immatricolare il nuovo ciclomotore, il trio, zia nipote e compagno di quest’ultima, ritornava dal primo, ritirava il mezzo e poi, per “ottimizzare” il tempo ritornava a ritirare quanto ordinato dal secondo. Insomma, in una mattina due rivenditori di moto truffati praticamente con le stesse modalità e dalle stesse persone.
A questo punto sono state sottoposte ad osservazione tutte le abitazioni palermitane dei congiunti di S.R. passando contemporaneamente al setaccio il conto corrente della donna ed ecco qui l’ultima incredibile sorpresa: con lo stesso libretto di assegni i tre avevano acquistato altre due biciclette elettriche da un terzo rivenditore cefaludese. Da quel libretto erano stati “staccati” assegni per acquistare lampadari, monili e beni per la casa e ancora un altro motociclo presso un rivenditore del palermitano.
Sottoposta a perquisizione domiciliare l’abitazione della parrucchiera palermitana e del suo compagno, intanto posto agli arresti domiciliari per altre vicende, di tutti i ciclomotori e le biciclette elettriche acquistate fraudolentemente si rinveniva soltanto un motociclo che, se pur in condizioni diverse dal nuovo, è stato restituito all’originario rivenditore, il titolare di “Tuttomoto” con sede a Cefalù in via Vazzana, che grazie alla sua tempestiva querela aveva dato un contributo determinante al buon esito delle indagini.
Gli altri mezzi, soprattutto le biciclette elettriche (prive di immatricolazione e quindi più facilmente “riciclabili”) erano stati già rivenduti alimentando il florido mercato clandestino dei mezzi a due ruote e dei relativi ricambi.
Le indagini non sono concluse, si stanno infatti esaminando le negoziazioni degli assegni di un nuovo carnet tratto su un nuovo conto corrente che era in uso alla “banda dei motorini”.