Il Jazz Manouche o Gipsy Jazz è opera d’arte che apprezzi solo dopo averlo ascoltato. È francese d’adozione e nasce oltralpe negli anni Trenta, vorticoso periodo di crisi e di cambiamenti profondi allo stesso tempo. Il padre è il chitarrista belga, Django Reinhardt, che «rivisitò lo swing americano – ricordano gli organizzatori – pur mantenendo le proprie radici nella musica tzigana, nei valzer mousette francesi e in quella balcanica che nel corso dei secoli ha influenzato tutta la musica folkloristica del Mediterraneo». Non è semplice descrivere un’emozione; si tratta di capitoli incompiuti: prima occorre la narrazione e questa necessita di un passaggio obbligato sulle Alte Madonie per amalgamare scene e personaggi.
«Il Jazz Manouche parla un linguaggio familiare – continuano gli organizzatori – compreso da tutti. Oggi è diventato parte integrante della musica nazionale francese rappresentandone un emblema: è diventato un punto di rifermento per tanti musicisti che lo seguono con passione ed interesse in tutto il mondo».
Un genere pop fuori Italia, dove non è molto diffuso e “didatticamente” semplice come ricordano i musicologi. Basta appoggiare l’orecchio alle note e sentirne il ritmo che guizza per i lati. «Il raduno – precisano ancora – diventa l’occasione per divulgare questa cultura e per mettere in contatto musicisti che oggi rappresentano l’eredità di Django Reinhardt e del Jazz Manouche.»
I big saranno dentro al raduno anche quest’anno con il chitarrista olandese, Lollo Meier, e il violinista romeno, Rares Morarescu. Sarà una girandola di eventi quella a corredo tra video e documentari; seminari e corsi base per violino (Rares Morarescu), chitarra (Lollo Meier e Carlo Butera), contrabbasso (Fabrizio Scalzo), armonica, fisarmonica (Roberto Gervasi) e canto; degustazione di vini e di piatti tipici siciliani e francesi; esposizione di strumenti musicali e di liuti; teatro, artisti di strada, estemporanee di pittura, con ampio spazio lasciato ad artisti emergenti.