Arrestato dalla Polizia di Cefalù un pregiudicato dello Zen 2, il 29enne Ignazio Ferrante, accusato di maltrattamenti continuati in danno di una ventunenne, sottoposta a continue vessazioni fisiche e psicologiche, a soprusi, percosse, lesioni e minacce, malgrado si trovasse in stato di gravidanza e in uno stato psicofisico che richiedeva un particolare trattamento terapeutico.
Il provvedimento è stato eseguito in esecuzione di un’ordinanza di misura cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Termini Imerese, Sabina Raimondo, su richiesta del Sostituto Procuratore Bruno Brucoli. Nei riguardi di Ferante è stata disposta l’applicazione del braccialetto elettronico.
La vicenda che ha portato all’arresto trae origine da una segnalazione giunta al Commissariato di Cefalù circa l’allontanamento (apparentemente) volontario di una ragazza, in stato di gravidanza da cinque settimane, in compagnia di un ragazzo di circa trentanni. Già in passato la ragazza si era allontanata in compagnia del medesimo ragazzo ma aveva fatto sempre rientro nell’abitazione dei propri familiari.
Quest’ultimo allontanamento tuttavia aveva prodotto nei genitori della ragazza forti preoccupazioni legate in particolare alle sue attuali condizioni psicofisiche e ad una situazione di vera e propria sudditanza psicologica che la ragazza avrebbe avuto nei riguardi del trentenne, favorita peraltro da una rilevante fragilità emotiva.
Dopo qualche giorno di convivenza all’interno di un’abitazione fatiscente di un comune della provincia, la ragazza riesce in modo “avventuroso” a fuggire e a fare rientro presso la casa dei genitori, in compagnia dei quali si presenta in commissariato e decide di raccontare al Dirigente Manfredi Borsellino tutte le angherie, vessazioni e umiliazioni, soprattutto morali, che avrebbe subito.
In particolare l’avrebbe minacciata a più riprese dicendole che avrebbe sterminato la sua famiglia se qualcuno le avesse impedito di andare con lui, privandola di un telefono le avrebbe impedito di comunicare con i genitori, e non le avrebbe consentito di mettere il naso fuori da quella casa se non per acquistare qualcosa da mangiare, insultandola e minacciandola di sfregiarla perché lei era “robba sua” “di sua proprietà” e con il viso sfregiato nessuno l’avrebbe più calcolata se non lui.
In una circostanza le avrebbe dato anche una testata per avere solo rivolto un saluto ad un vicino di casa.
Lo stato di ansia e di paura crescente della ragazza, generato dalla frequentazione dell’uomo è intanto confermato dalle relazioni delle dottoresse che l’hanno avuta in cura e da un paio di persone del cui aiuto lei si era avvalsa nella sua precipitosa fuga che l’avrebbe riportata tra le braccia dei suoi genitori.
A rendere a questo punto inevitabile e improcrastinabile il ricorso ad una misura coercitiva a carico di Ferrante è stato il timore che potesse attentare all’incolumità della ragazza e dei suoi più stretti congiunti una volta venuto a conoscenza dell’intenzione di questa di interrompere la gravidanza di quello che l’uomo riteneva essere suo figlio.
Fino alla scorsa domenica il giovane si era intrattenuto sotto l’abitazione di quella che riteneva oramai una “cosa sua” di cui poteva disporre a piacimento ma non pensava che nei paraggi vi fosse una volante del Commissariato ad osservare il tutto.
Il pericolo di atti improvvisi e imprevedibili di violenza a danno della ragazza aveva infatti indotto il Dirigente del Commissariato, d’intesa con il pubblico ministero, di monitorare continuamente la situazione, effettuando una vigilanza garbata e discreta nei pressi dell’abitazione della potenziale vittima.
Oggi la ragazza sembra avere riacquistato la serenità perduta.