“Talé sti sdisonrati! Prima ‘u vutaru e ora ‘u schifianu.” La signora Agostina non riesce a credere ai suoi occhi. Proprio lì davanti a lei, ai piedi della statua di La Masa, un cartello grande così invita il sindaco Salvatore Burrafato a dimettersi. “Sindaco per il bene comune dimettiti”. I cittadini, dice il tazebao.
“Ero appena niusciuta dalla messa e stavu jennu ‘a casa, quannu mi s’impiccica davanti l’occhi ‘stu tabbilluni russu”, tenta di spiegare al cronista. In pratica chi l’ha messo non crede più nelle capacità amministrative del primo cittadino o non ci ha mai creduto. “See, però i cosi l’ha fattu.” Tipo, signora? “L’acqua arriva ogni ghiornu e un manca mai. I strati su puliti puliti. ‘A munnizza veni cugghiuta acccussì subbitu ca unn’haiu mancu ‘u tempu di scinnilla da casa. I tassi? E chi cosa su?” Così va tutto bene, allora. “Nca, sti cosi chi ha promissu in campagna littorali (elettorale) iddu (il sindaco, cioè) li fici.” Ma è sicura? “Nca cettu! ‘U sinnicu ci pari farfanti?” Ma guardi signora che le cose stanno diversamente. Le strade sono sporche e piene di buche; l’immondizia viene raccolta a giorni alterni e spesso rimane più giorni a puzzare agli angoli delle strade; l’acqua non sempre arriva nelle case; per non parlare poi delle tasse… Insomma cerchiamo di fare capire che l’anonimo compilatore del cartello di protesta forse forse tanto torto non ha… “Lei chi è allittratu e sapi ‘i cosi, dici che hannu raggiuni a lamintarisi?” Effettivamente… Ed allora improvvisamente la signora Agostina si ricrede. Fa una faccia arcigna, mette le mani ai fianchi, ricordando con tutto il corpo una quartara, una brocca, e sbotta: “E allura fannu bbonu a pigghiallu pi farfanti e dicirici: vatinni!” E così sentenziando, si allontana caracollando sui piedi doloranti, infilati dentro le scarpe nuove.