L’ Italia non è in salute, ormai lo sanno pure le pietre: ingabbiato tra Fiscal Compact e Patto di Stabilità e sempre all’affannata ricerca di risorse economiche da reperire, tagli da effettuare, assillato da una burocrazia asfissiante e in fase di congiuntura economica negativa, il nostro paese non fa altro che puntare su un’imposizione fiscale giunta a livelli ormai intollerabili.
La disperata ricerca di fondi più di una volta in passato ha prodotto tassazioni assurde, iter normativi tortuosi, ma raramente si era assistito alla messa in scena di un “teatrino” come quello che ha avuto come protagonista l’Imu sui terreni agricoli dei comuni montani.
Il governo ci ha provato a far cassa a spese dei proprietari dei terreni siti nei comuni montani reinventandosi a fine anno un differente meccanismo d’imposizione: con la pubblicazione del Decreto Ministeriale 28 novembre 2014 era stato infatti ridotto il numero dei comuni in cui vigeva l’esenzione dall’imposta municipale con riferimento ai terreni agricoli.
La misura varata per far entrare nelle casse pubbliche gettito extra, nella sua impostazione originaria riduceva notevolmente l’elenco dei comuni “montani” che godevano dell’agevolazione. La nuova disposizione prevedeva che i contribuenti per stabilire se fossero tenuti o meno al pagamento dell’imposta dovevano verificare nei nuovi elenchi ufficiali l’altitudine del comune di riferimento, convenzionalmente fatta coincidere con l’altitudine della Casa Comunale: i proprietari dei terreni siti nei territori di quei comuni al di sotto della soglia dei 281 metri s.l.m. in tal modo sarebbero stati obbligati nella totalità al pagamento dell’Imu. Per la fascia di altitudine che va dai 281 ai 599 s.l.m. erano esentati solo i terreni appartenenti ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali. L’esenzione totale avrebbe coinvolto invece solo i terreni di quei comuni ubicati ad un’altezza superiore ai 600 m s.l.m.
Con questa impostazione sarebbero rimasti solo 1498 comuni a beneficiare dell’esenzione totale.
Ora, gravare una fetta consistente dei cittadini italiani con un’imposta patrimoniale anche su questo fronte sarebbe stato quantomeno illogico. Diversi sono i fattori che avvalorano l’avvenuta bocciatura di questa novità normativa, che per chi scrive è stata un tentato “scippo” ai bilanci familiari: innanzitutto la notevole frammentazione delle proprietà dei terreni dei nostri comuni montani, il mancato o esiguo ritorno economico degli stessi, spesso acquisiti esclusivamente per lascito ereditario: parliamo di terreni il più delle volte improduttivi per ovvie condizioni geologiche e geografiche e comunque nella maggior parte dei casi inutilizzati, abbandonati o destinati a pascolo.
Anche il fatto di prendere come riferimento l’altitudine della Casa Comunale ha pesato fortemente sulla questione: prendiamo ad esempio un comune come Isnello, situato a 530 metri s.l.m. rientrante nella fascia intermedia ma con un territorio che si estende fino ai 1979 metri; se si fossero accettate le “distorte” modifiche normative anche il cittadino che possedeva un terreno a Piano Battaglia ma territorialmente ricadente nel piccolo centro madonita sarebbe dovuto andare alla cassa.
La stessa norma prestava il fianco a numerose critiche in primis quello di essere una norma retroattiva, elaborata dunque in barba allo Statuto del Contribuente e ad ogni umana logica perché al 26 gennaio 2015 (e se non si fosse varata una proroga in extremis la data sarebbe caduta il 16 dicembre 2014), si chiedeva ai cittadini di versare un’imposta nella sua totalità (acconto e saldo) per i terreni per tutto il 2014, ad anno praticamente ormai concluso.
Non è mancato nemmeno l’intervento del Tar del Lazio chiamato a pronunciarsi sulla questione a seguito del ricorso di quattro associazioni regionali di comuni (Anci Abruzzo, Liguria, Umbria e Veneto), che il 21 gennaio, confermava la scadenza del 26 gennaio, “intimando” però al governo che se non fosse stata delineata un po’ meglio tutta la situazione, entro il 4 febbraio, avrebbe potuto emanare una sentenza in grado di “sconfessare” quanto legiferato a riguardo nei mesi precedenti.
L’assurda vicenda ha trovato soluzione solo il 23 gennaio con un consiglio dei Ministri straordinario: in extremis infatti sono stati fissati i nuovi criteri altimetrici per il pagamento con esenzione totale per 3456 comuni (prima erano 1498) e parziale per 655 comuni. I contribuenti, che non rientrano nei parametri per l’esenzione, avranno un’ulteriore proroga e verseranno l’imposta entro il10 febbraio 2015. Per stabilire in quale fascia rientri il proprio comune il cittadino dovrà consultare la nuova tabella R dell’ Istat e prestare attenzione alla simbologia: “P sta per comune “parzialmente montano”, “T”per “totalmente montano e “NM” per “non montano”.
Nella provincia di Palermo i comuni “totalmente montani” e dunque totalmente esenti dall’ Imu sia per l’anno d’imposta 2014 che per il 2015 sono Alimena, Blufi, Bompietro, Caccamo, Caltavuturo, Campofiorito, Castelbuono, Castronovo di Sicilia, Chiusa Sclafani, Collesano, Corleone, Gangi, Geraci Siculo, Godrano, Gratteri, Isnello, Marineo, Palazzo Adriano, Petralia Soprana, Petralia Sottana, Piana degli Albanesi, Polizzi Generosa, Pollina, Prizzi, San Mauro Castelverde, Santa Cristina Gela, Scillato, Sclafani Bagni, Ustica.
I comuni parzialmente montani sono: Aliminusa, Altofonte, Baucina, Belmonte Mezzagno, Bisacquino, Borgetto, Castellana Sicula, Cefalù, Contessa Entellina, Giardinello, Giuliana, Mezzojuso, Misilmeri, Monreale, Montelepre, Montemaggiore Belsito, Palermo, San Giuseppe Jato, Torretta, Valledolmo, Vicari.
In questi ultimi si ha una situazione peggiorativa rispetto agli anni pregressi: infatti salvo singole eccezioni (poiché una clausola di salvaguardia mantiene l’esenzione 2014 sui terreni che non avrebbero pagato l’Imu in base al vecchio criterio altimetrico poi bocciato), i proprietari dei terreni agricoli saranno chiamati a versare l’intera imposta entro il 10 febbraio. Il comune di Cefalù ad esempio se fino al 2013 esonerava i proprietari di terreni agricoli dal pagamento dell’ Imu non potrà più concedere tale agevolazione già con riferimento all’anno d’imposta 2014.
Sul piano pratico, per quanto riguarda il calcolo dell’imposta occorrerà prendere come riferimento il reddito dominicale ( attingendolo dal rogito o dalle visure catastali), rivalutarlo del 25% e moltiplicarlo per 135, ottenendo così la base imponibile.
L’aliquota Imu da applicare è in assenza di diversa deliberazione comunale pari al 7,6 per mille. Ad esempio un terreno con reddito dominicale di 20 euro ha una base imponibile di 3.375,00 euro e con un’aliquota dello 0,76% l’Imu dovuta (arrotondata) è pari a 26 euro.
Il Dipartimento delle Finanze con risoluzione n. 2/2015, ha infine chiarito che la nuova Imu agricola nei comuni parzialmente montani esonera i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli. L’esenzione si applica anche nel caso di concessione in affitto o comodato dei terreni a questi soggetti, purché i proprietari abbiano la medesima qualifica.
Nei comuni classificati come “non montani” invece tutti i contribuenti possessori di terreni, senza distinzioni di sorta sono obbligati al pagamento.
Francesco Fustaneo