Operazione “Destino 2”. Colpo contro il boss Pipitone. Cinque arresti

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Alle prime luci dell’alba i Carabinieri di Carini hanno dato esecuzione all’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Palermo, Dott. Lorenzo Jannelli, a conclusione di una prolungata attività investigativa condotta dai magistrati della D.D.A. di Palermo.

In manette sono finite complessivamente 5 persone: il boss Angelo Antonino Pipitone (classe ’43), già agli arresti nel carcere “Pagliarelli” dallo scorso 25 settembre, è stato colpito da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere. Sono stati disposti, invece, gli arresti domiciliari per la moglie Franca Pellerit o(classe ’49) e le figlie Epifania (classe ’80, anch’essa già sottoposta agli arresti domiciliari nell’ambito della stessa indagine) e Graziella (classe ’71), nonché per Angela Conigliaro (classe ’70), già tratta in arresto a settembre per essersi intestata le quote sociali di un’azienda riconducibile all’anziano boss di Carini, e successivamente scarcerata.

I reati contestati sono ancora una volta il trasferimento fraudolento di valori ed il favoreggiamento reale.
Gli odierni provvedimenti scaturiscono dalla indagini svolte dai Carabinieri, in prosecuzione dell’operazione “Destino” svolta lo scorso settembre, grazie alla quale erano stati scoperti gli autori dell’incendio doloso di una stalla nelle campagne di Carini e dell’uccisione a colpi di arma da fuoco di alcuni animali che vi erano custoditi, commessi a scopo estorsivo la notte di capodanno 2013. Gli investigatori, inoltre, attraverso mesi di lavoro, interrogatori e intercettazioni, erano riusciti a ricostruire anche una fitta rete di prestanome, grazie ai quali Pipitone, pur trovandosi recluso dal gennaio 2007, riusciva a gestire e ad accrescere un immenso patrimonio occulto, fatto di ville, terreni, fabbricati industriali e società.
L’inchiesta “Destino 2” in parte richiama le vicende emerse, durante la prima fase dell’indagine, relativamente alla vendita di una lussuosa villa di Mondello riconducibile alla famiglia Pipitone e intestata di fatto ad un prestanome. In particolare, gli inquirenti sono riusciti a dimostrare le “pressioni” esercitate sull’acquirente della villa dalla moglie del boss e da una delle figlie, per assicurare la riscossione dell’intero importo dell’operazione (ammontante a circa 1 milione e 300mila Euro).
E’ stata fatta poi luce sulle operazioni volte all’intestazione fittizia alla Conigliaro (già amministratore unico della società “Il Girasole s.r.l.”, parimenti riconducibile ai Pipitone) di un terreno di 1,75 ettari, ubicato nel comune di Carini, del valore di 250 mila Euro, di fatto riconducibile alla medesima famiglia mafiosa. Gli investigatori hanno ricostruito le varie fasi della trattativa per l’acquisto del terreno, con il coinvolgimento di un avvocato che avrebbe prestato la propria opera professionale per la stipula di atti negoziali relativi alla compravendita del bene, con la consapevolezza di aver agito nell’interesse di Angelo Antonino Pipitone.