Il titolare di un’impresa di costruzioni con sede a San Mauro Castelverde, si è presentato negli uffici del Commissariato di Cefalù, per sporgere una denuncia per contestare un credito che, secondo quanto riferito ai poliziotti, vantava nei suoi confronti un’impresa del Nord per una fornitura di merce consegnata, ma non saldata.
Secondo l’imprenditore, le bolle di consegna della merce inviatagli erano anomale e che o non recavano la sua firma, oppure ne riportavano una illeggibile e comunque non riconducibile ad una persona incaricata al ritiro della merce. Insomma, in sede di denuncia il querelante adduceva che le firme erano false ed apocrife.
Dai primi accertamenti effettuati dai poliziotti, è emerso come la merce fosse stata recapitata, da parte del corriere espresso, regolarmente (e come d’abitudine) ad alcuni familiari dell’imprenditore.
Prima ancora che i citati familiari venissero sentiti, ad insospettire i poliziotti, è stata la mancata volontà, manifestata, ad un certo punto dall’imprenditore di sporgere denuncia, senza la quale non era neppure ipotizzabile il reato di truffa o falso ai suoi danni, reati com’è noto perseguibili a querela di parte.
A confermare l’ambiguità e il “doppio gioco” dell’imprenditore sono, però, bastati i suoi stessi familiari, che posti innanzi all’evidenza che le firme apposte sulle bolle di consegna della merce erano proprio le loro, hanno indirettamente svelato quello che sarebbe stato il vero proposito dell’imprenditore, ovvero d'”inventarsi” di essere stato vittima di un raggiro per non pagare lotti di merce necessari per lo svolgimento della sua attività d’impresa.
È dunque scattata la denuncia per simulazione di reato per avere falsamente accusato ignoti, poi rivelatisi i suoi stessi familiari, di avere apposto firme false sulle bolle di consegna della merce e per truffa in danno dell’impresa fornitrice del nord Italia, che per recuperare il credito che ammonta a qualche migliaio di euro, si era dovuta rivolgere ad una Società di Gestione e Recupero Credito di Bergamo.