L’esigenza sarebbe stata, al contrario, quella di «uno studio più approfondito della vicenda da parte del governo – continua la portavoce –, nonché un maggiore livello di dettaglio vista la delicatezza della questione all’attenzione dell’intera popolazione del comprensorio delle Madonie e dei Nebrodi».
E qui il punto dolente: «La malsana trovata di mettere in competizione due strutture ospedaliere, come quella di Termini Imerese e di Cefalù, come se si trattasse di banali beni di consumo e non del diritto alla salute di migliaia di persone, denota una scarsa conoscenza delle peculiarità della zona interessata e i conseguenti disagi che, in entrambi i casi, la popolazione si troverà a subire. Facciamo riferimento innanzitutto alla difficile, e a volte impossibile, viabilità, che abbiamo già descritto nella nostra interrogazione e che, col recente crollo del tratto della A19, non potrà che peggiorare».
Inoltre «desta notevole preoccupazione – conclude Di Vita – l’attività di verifica e monitoraggio dei volumi produttivi dei due presidi ospedalieri: con quali modalità e scadenze, e da parte di chi verranno effettuate le necessarie verifiche? Dalla Regione? La stessa che ha dimostrato totale inadeguatezza perfino in vere e proprie tragedie come il caso della piccola Nicole? Ma il ministero si è recato in loco per toccare con mano la realtà di cui stiamo parlando e confrontarsi coi diretti interessati, professionisti e cittadini? Vi è chiaro che con la chiusura di uno dei due punti nascita negheremo a centinaia di future madri siciliane di poter trascorrere la gravidanza a casa propria, o di farlo a proprio rischio e pericolo senza avere la certezza di riuscire a raggiungere agevolmente il punto nascita più vicino, che potrebbe essere addirittura a 60 minuti di distanza?»
L’invito già rivolto al ministro lo scorso 10 aprile, di recarsi personalmente sulle Madonie, è stato quindi rinnovato.