Cinquanta cittadini scrivono al Presidente della Repubblica: “Mons Teotista Panzeca fulgido esempio culturale. E non si facciano accostamenti con altre figure di questa città la cui storia deve ancora essere scritta dalla procura”

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A seguito della polemica sull’intestazione, circa sette anni fa, a Don Teotista Panzeca, definito negli atti della Commissione antimafia come vicino alla mafia e fratello del locale boss, del Liceo Psico pedagogico, e della richiesta di cancellare la vecchia intitolazione dedicando la scuola a Mico Geraci, ritenuto un leader antimafioso ucciso da Cosa Nostra, cinquanta cittadini di Caccamo hanno scritto una lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella,

al Ministro della Repubblica Giannini, all’Arcivescovo di Palermo Paolo Romeo, al Presidente del Consiglio Comunale di Caccamo Domenico Porretta, e per conoscenza, al sottosegretario alla pubblica istruzione Davide Faraone, per ribadire che Mons Teotista Panzeca è stato un fulgido esempio culturale che ha stravolto in bene il tessuto sociale ed anche economico caccamese.

“Profonda delusione ed amarezza – scrivono nel documento – della quasi totalità dei cittadini caccamesi, nell’apprendere dai giornali che politici navigati del comprensorio, che hanno fatto carriera con la “lectio dell’antimafia parolaia”, attraverso aneddoti, episodi accaduti, abilmente ricostruiti ed usati per i propri fini politici, a 40 anni dalla scomparsa di Mons. Teotista Panzeca, Arciprete della città di Caccamo, sulla spinta di “una eroina” (come lei stessa si definisce) di quegli anni, oggi ottantenne, trovino il coraggio e quindi la perdita di tempo nel presentare interpellanze parlamentari”. E poi una stoccata polemica all’attuale primo cittadino: “L’amarezza e la delusione più grande nell’apprendere però che l’attuale Sindaco pro tempore della Città, abbia bisogno di tempo per leggere le carte ed esprimere un giudizio come se fosse anch’egli un magistrato che dovrà formulare e scrivere una sentenza”. E inoltre: “Siamo stanchi ed indignati come cittadini e per questo valuteremo di costituirci eventualmente in giudizio nelle sedi competenti per danni morali e di immagine, nel sentire riproposti i soliti temi (sempre dagli stessi personaggi che hanno esaurito gli argomenti e perché alla fine di un percorso politico, per la vertità troppo lungo) che offendono la Città di Caccamo e i suoi cittadini”.

I cinquanta firmatari tracciano poi un loro ritratto di don Teotista Panzeca: “Uomo di profonda cultura, Mons T. Panzeca forte di carattere, ha saputo intuire l’esigenza del contesto sociale del tempo avvicinando i giovani di quella generazione al mondo della Chiesa, con i campus studio, l’aggiornamento culturale permeando tra gli stessi i valori dello sport e dell’associazionismo. Tutta questa generazione di giovani, ivi comprese tante donne, che hanno avuto l’opportunità di frequentare gratuitamente il corso di studi al Magistrale parificato ed al Ginnasio da lui fortemente voluti, oggi guarda con rispetto e riconoscenza a quella figura, come fulgido esempio culturale per una crescita civile e sociale che ha consentito a tantissimi di loro di svolgere la professione di insegnante nelle scuole statali, di essere ottimi professionisti nel campo medico ed ingegneristico o di rivestire prestigiosi incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni o di enti statali in grandi città fuori dalla Sicilia. L’abile intuizione di formare i giovani attraverso il modello dell’azione cattolica da egli già sperimentato a Palermo negli anni 50-60 è stata l’arma vincente che ha stravolto in bene il tessuto sociale ed anche economico caccamese. Non vogliamo e non dobbiamo fare difese ad oltranza della figura di Mons. Panzeca, poiché coscienti che i vertici di allora della Curia Siciliana conoscessero bene la personalità e il modus operandi di Mons. Panzeca, al punto che il Cardinale Ruffini lo aveva proposto a Vescovo, ma egli non volle mai accettare per restare a Caccamo, per seguire i suoi parrocchiani ma soprattutto per non abbandonare i giovani e la scuola da lui guidata abilmente ed amabilmente, tanto che era diventata un fiore all’occhiello, un esempio per tutto il comprensorio”. E per quanto riguarda la richiesta di cancellare l’intestazione della scuola a Mons teotista Panzeca i cinquanta firmatari scrivono: “E’ strumentale, lesivo e privo di qualsiasi fondamento, da far impallidire qualsiasi costituzionalista, revocare questa intitolazione all’istituto di un “uomo” che non ha mai subito condanne penali, per il vezzo e la gioa dei “paladini dell’antimafia” che invece di sanare, ricostruire, equilibrare un territorio lacerato da eventi negativi, privo di opportunità di lavoro e di sviluppo usano la politica come mezzo fine a se stesso per la crescita personale o per mantenere il proprio status, imponendo o suggerendo come una sorte di “cartello” all’attuale Sindaco della Città figure di Assessori Comunali esterni che non conoscendo la realtà economica e sociale (e non essendo tecnici esterni alla Padoan) mortificano di fatto i nostri giovani laureati e non, che potrebbero con disinvoltura rivestire questi incarichi.

Infine l’invito a non fare accostamenti (il riferimento è a Mico Geraci alla cui memoria si  proponeva di intestare la scuola cancellando la dedica al Panzeca) “con altre figure e figli di questa Città, la cui storia deve purtroppo ancora essere scritta dalla procura competente con sentenza assoluta e definitiva”.

E il documente conclude: “Se Mons Teotista Panzeca, come qualcuno vuole artatamente fare passare questo messaggio, era un mafioso poiché fratello dell’allora “Don”, tutti noi Caccamesi siamo altrettanto mafiosi, perché di fatto illuminati dalla sua luce e dalle sue intuizioni, si capisce, salvo l’attuale Sindaco e la sua amministrazione che si nutrono e brillano di “Legalità”.

Nella foto: Mons. Teotista Panzeca con l’allora ministro Bernando Mattarella, padre dell’attuale Presidente della Repubblica.