Operazione Libeccio. Tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. 20 mila euro a titolo di risarcimento. Tre le misure cautelari

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Nella mattinata del 3 agosto 2015, a Santa Flavia e presso il carcere di Tolmezzo (UD), i Carabinieri hanno notificato un’ordinanza del GIP di Palermo che dispone l’applicazione di misura cautelare per il reato di tentata estorsione, in concorso, aggravata dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare Cosa Nostra, nei confronti di Pietro Liga, arrestato nel maggio 2013 nell’ambito dell’operazione di polizia ARGO e condannato, in via definitiva, a 10 anni e 6 mesi di reclusione per estorsione, in quanto esponente della famiglia mafiosa di Bagheria; Rosa Costantino e Maria Liga, rispettivamente moglie e figlia dell’uomo, sottoposte alla misura degli arresti domiciliari.

L’indagine, diretta dalla DDA di Palermo e sviluppata attraverso complesse attività tecniche e servizi di osservazione a distanza, ha fatto luce su numerosi episodi estorsivi perpetrati, dal mese di agosto ad ottobre 2014, nei confronti di un detenuto – tra l’altro per fatti di mafia – nel braccio Libeccio (da cui il nome dell’operazione) del carcere Pagliarelli – ripetutamente minacciato da Liga – nonché della moglie del detenuto, a più riprese estorta fuori dalla struttura carceraria rispettivamente dalla moglie e dalla figlia dell’uomo.
L’attività ha consentito, in particolare, di acquisire a carico degli indagati un quadro probatorio definito “granitico” nell’ordinanza, che contiene due elementi di peculiare novità, significativi delle nuove dinamiche di Cosa nostra.
Anzitutto, la vittima è un esponente dell’organizzazione criminale, tratto in arresto il 5 giugno 2014 nell’ambito dell’operazione RESET con l’accusa, tra l’altro, di essere organico al mandamento mafioso di Bagheria. La vittima, in seguito al suo arresto, veniva avvicinata all’interno della cappella del carcere Pagliarelli da Liga, rimasto offeso da alcune esternazioni fatte dall’altro nei suoi confronti – intercettate e confluite nel provvedimento del fermo di RESET a suo carico – poiché ritenute lesive della sua dignità di “uomo d’onore”.
Liga quindi intimava a più riprese al detenuto di consegnargli, a titolo di risarcimento per l’offesa patita, la somma di 20 mila euro, minacciandolo in caso contrario di ritorsioni nei confronti dei familiari. La richiesta veniva poi progressivamente ridotta, con il consueto metodo adottato da Cosa Nostra nei rapporti con le attività imprenditoriali, a 2.500 euro.
Non assume minore rilievo la circostanza che gli attori principali delle richieste estorsive siano state le due donne, Rosa e Maria, le quali, venute a conoscenza della richiesta estorsiva nel corso dei colloqui autorizzati in carcere con il familiare, si adoperavano per riscuotere il pizzo dalla moglie del detenuto, addirittura tentando di avvicinarla ripetutamente fuori dal carcere Pagliarelli nel giorno dei colloqui in carcere con il marito.