Realizzazione dell’inceneritore: crescono le preoccupazioni per una sua allocazione nella zona industriale di Termini

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Il decreto “Sblocca Italia” ha tra le altre cose previsto la realizzazione di nuovi termovalorizzatori, due dei quali in Sicilia (forse uno nel messinese e l’altro nel palermitano). Ed è proprio quest’ultimo a preoccuparci di più.

Da tempo infatti sono ripresi i “movimenti” di persone intorno a questa idea da piazzare proprio qui, nella zona industriale di Termini Imerese, tra l’Enel (pronta a dismettere parte della centrale Majorana, divenuta ormai obsoleta e solo fonte di spese) e il sansificio Tomasello, che proprio alcuni anni fa aveva tentato di riciclarsi (è proprio il caso di dirlo…) come impianto per il trattamento dei rifiuti. E’ vero che recentemente il Consiglio comunale di Termini ha votato contro l’installazione – sempre nella zona industriale – di una piattaforma di stoccaggio e trasformazione dei rifiuti, ma ciò non ci assicura, dietro grosse pressioni, una possibile futura virata a 180 gradi. Non dobbiamo dimenticare poi che il governo ha definito questi nuovi impianti “infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale”, che tradotto in italiano corrente significa che Roma potrà esercitare il potere sostitutivo sulla Regione siciliana, se questa non dovesse attivarsi per rispettare i diktat centrali. Ed allora, siamo sicuri che i siciliani vorranno ancora un’ennesima imposizione d’imperio calata dall’alto, che rischia di affossare definitivamente la già precaria situazione ambientale dell’isola? E come la mettiamo con la decisione del governo regionale, che invece ha stabilito che la Sicilia debba dotarsi di sei mini inceneritori? E’ vero che la raccolta differenziata da noi raggiunge appena il 12 per cento (la quota più bassa d’Italia) e che le discariche stanno scoppiando di rifiuti, ma non crediamo che la soluzione sia solo gli inceneritori. Non bisogna dimenticare che tra la decisione di realizzarli (due grandi o sei piccoli che siano) e la loro piena operatività, passeranno non meno di sei-sette anni (se tutto dovesse andare bene) e che gli impianti costano ed il loro costo graverà, come sempre, sulle spalle dei cittadini che pagano le tasse. E fino ad allora che si farà? Dove metteremmo il pattume? L’unica soluzione immediata, attivabile subito ed a basso costo, che porterebbe in dote pure posti di lavoro, è solo quella di fare decollare veramente la raccolta differenziata ed il riciclo dei rifiuti, anche con la creazione di cooperative di lavoratori che possano recuperare il “tesoro” che si trova dentro i rifiuti per rivederlo alle industrie assetate di materie prime.