L’agglomerato industriale tra buio e buche

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Termini Imerese. Agglomerato industriale
“Spegnete quelle luci!” esclamarono al Consorzio per le Aree di Sviluppo Industriale della provincia di Palermo, che gestisce la zona industriale di Termini. Con la crisi, è atto virtuoso risparmiare; il buon padre di famiglia lo sa. Ma non è questo il caso; almeno non quando c’è di mezzo la sicurezza stradale.


La zona, suo malgrado, sconta il disastroso effetto della crisi, con la conseguente desertificazione. La vitalità dell’area è stata drasticamente ridimensionata e oggi appaiono ancor più spettrali le carcasse e gli scheletri in cemento di ex impianti e di capannoni con i prospetti a pezzi, coperture, a volte, di pseudo attività mai avviate.

La strada che l’attraversa è una lunga lingua di asfalto completamente al buio, capace di rendere ancor più plastica l’assenza di attività. Il tratto è poco sicuro. “Pericoloso!”, sbottano diversi automobilisti che vi transitano giornalmente. Il manto stradale è divelto in più punti, costellato da buche profonde anche decine di centimetri, impossibili da intercettare per la scarsa visibilità. Il buio economico è diventato buio fisico all’agglomerato industriale; e lì, l’utente-contribuente avverte un senso di abbandono che ha il sapore del solito immobilismo siciliano.