La lapide ai piedi della statua della Madonna? No, grazie. È scontro al calor bianco tra l’Anpi, il Sindaco e l’arciprete di Termini Imerese, Francesco Anfuso, dopo che il 25 aprile il Comune ha collocato una lapide con i nomi dei caduti per la liberazione proprio ai piedi della statua della Madonna, posta all’interno del cimitero comunale, lungo il viale centrale.
Il gesto non è stato proprio gradito dall’arciprete, che ha inviato una lettera di protesta al sindaco ed alla soprintendenza, chiedendo la rimozione del manufatto, a cui ha poi risposto, con una lettera conciliante Burrafato, mentre piccata più critica la riflessione del presidente della sezione termitana dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, Fausto Clemente che invece aveva condiviso l’iniziativa. Ecco il testo delle tre lettere.
Ill.mo Sindaco di Termini Imerese
Alla Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Palermo
e per conoscenza all’Ufficio Beni Culturali Arcidiocesi di Palermo
Alto e profondo mi viene partecipato il disagio, in quanto presbitero al servizio della comunità ecclesiale di Termini Imerese, per quanto si è verificato nel nostro camposanto.
Alla base del monumento dedicato alla Madonna Addolorata, posto al centro del viale principale del cimitero, è stata collocata una lapide in memoria dei partigiani e degli internati.
L’iniziativa, che si presume dettata dall’intendimento di perpetuare il ricordo di chi ha contribuito a restituire la libertà al Paese, fa sorgere notevoli perplessità sulla opportunità di usare, come punto di appoggio, la base dell’antico monumento dedicato a Maria SS.Addolorata, testimonianza della pietà e della religiosità dei cittadini di Termini Imerese.
L’immagine, di valore altamente religioso, che esprime il dolore di una madre, della Vergine Maria dinanzi al Figlio suo Gesù in croce, è per tutti e nessuno può appropriarsene.
La storia annovera tanti episodi in cui qualcuno si è appropriato di simboli religiosi per esaltare il proprio idolo. Ricordo per tutti come nel II secolo a. C. fu posta, dal re Antioco IV Epifane, al centro del tempio di Gerusalemme la statua di Giove, “spegnendo” così la luce dell’Altissimo che illuminava il popolo di Dio, e come il popolo ebraico, guidato dai fratelli Maccabei, ha dovuto lottare per riaccenderla.
Pur nella consapevolezza che la struttura cimiteriale è di competenza comunale, ho ragione di ritenere che i segni della fede che vi si contengono sono patrimonio culturale e morale della Chiesa locale e, come tali, sotto la sua custodia e sorveglianza.
Pertanto, non appare opportuno che una iscrizione di natura “civile” sia apposta su un monumento di carattere “religioso”.
Ci si chiede, infine, se l’iniziativa dell’Ente da lei rappresentato abbia conseguito il nulla osta della competente Soprintendenza ai BB.CC.AA..
Valga la presente quale spunto di riflessione, anche al fine di individuare una soluzione che garantisca il ricordo dei benemeriti della Patria con il rispetto dovuto ai monumenti religiosi, in specie quelli più antichi.
Il Parroco Francesco Anfuso
Al Parroco della Parrocchia San Nicola di Bari – Termini Imerese
e, p.c. Soprintendenza ai BB.CC.AA. – Palermo
Ufficio Beni Culturali – Arcidiocesi di Palermo
Associazione Nazionale Partigiani Italiani – Sezione di Termini Imerese
Faccio seguito alle perplessità rappresentate nella vostra nota del 25.04.2016 per comunicare che il giusto ricordo dei benemeriti della Patria non può e non vuole ingenerare frontismi sull’opportunità o meno dell’utilizzo del retro della statua dedicata alla Madonna Addolorata. E soprattutto tale apposizione è da considerarsi assolutamente transitoria e non vuole essere in alcun modo uno spregio alla comunità ecclesiale di Termini Imerese. Pertanto mi permetto di ringraziarLa per le considerazioni che mi consentono di rendere ogni opportuno chiarimento al riguardo.
Come è noto, il cimitero di Termini Imerese, è in attesa – da qui a breve – dell’avvio dei lavori di ampliamento in seno ai quali certamente potrà essere prefigurata una definitiva collocazione della lapide che, in occasione della 71º Festa nazionale della Liberazione del 25 aprile, vuol ricordare a futura memoria il sacrificio dei termitani combattenti per la libertà contro il nazifascismo.Lapide marmorea che è stata collocata, in via transitoria, (certi del principio della facile rimozione atteso che l’apposizione è stata effettuata con quattro viti) nel retro del monumento da Ella indicato, che è costituita da una superficie di marmo priva di qualsivoglia rappresentazione grafica ed indicante esclusivamente i nomi e i cognomi dei nostri concittadini.
Senza voler ingenerare ulteriori valutazioni al riguardo mi permetto di rilevare che la lapide è stata benedetta da un rappresentante della comunità ecclesiale che, con appropriate citazioni dei testi sacri della Chiesa, ha reso evidente a tutti i presenti – ove ce ne fosse bisogno – la chiara relazione tra la lapide collocata, se pur in via provvisoria, e il significato religioso della parte anteriore del monumento marmoreo che rappresenta la “pietas” della Madonna verso i defunti, ossia quella stessa “misericordia” che non fa distinzioni di razza, ceto, casta e credo politico come più volte ribadito da Papa Francesco.
Preme sottolineare che nessuno dei presenti ha manifestato perplessità o disagio né si è dichiarato affranto per questa, ribadiamo, temporanea collocazione, che è stata proposta alla scrivente Amministrazione dai rappresentanti locali dell’A.N.P.I., cui la presente è parimenti diretta per opportuna conoscenza.
In ragione di quanto da Ella rappresentato, si conviene sul fatto che la collocazione definitiva della lapide possa essere, in comunione d’intenti, concordata con l’autorità ecclesiastica cittadina e con i rappresentanti dell’A.N.P.I., al fine di essere posta in un luogo adeguato a manifestare il sentire dell’Amministrazione comunale nei confronti dei concittadini che con il sacrifico della vita hanno contribuito ad affermare i valori della libertà e della democrazia
Nell’esprimere i segni di viva stima e rispetto, si rimane in attesa di concordare con la SV quanto sopra illustrato.
Cordialmente
Il Sindaco Salvatore Burrafato
Lettera del presidente ANPI Fausto Clemente
Leggo con molte perplessità la lettera pubblicamente indirizzata dall’Arciprete Francesco Anfuso al Sindaco per protestare contro la lapide esposta dall’Amministrazione comunale, lo scorso 25 aprile, nel cimitero storico di Termini Imerese. La lettera è indirizzata al Sindaco, ma l’ANPI compare nell’intestazione della lapide e mi pare quindi doveroso fornire qualche chiarimento. Premetto che la Sezione termitana dell’Associazione Partigiani ha condiviso l’iniziativa col Comune, ma non ha avuto ovviamente parte nella collocazione del marmo, perché non di sua competenza. Le lamentele contenute nella missiva contengono tuttavia dei rilievi su cui è impossibile sorvolare: il primo riguarda la natura religiosa del monumento alla Madonna, a cui – per quel che scrive Padre Anfuso – non si addice una lapide che ricorda il sacrificio di cittadini termitani che hanno resistito e combattuto contro la dittatura e l’oppressione fascista e nazista. Prendo atto che la religiosità, come intesa nella lettera, è estranea a tali valori e comunque ai valori definiti “civili” che, per don Francesco Anfuso, sono ben altra cosa e mal si abbinano al sentimento religioso. La prima cosa che mi viene di pensare è che la sofferenza di una madre per il figlio morto, rappresentata dall’Addolorata, dovrebbe includere tutte le madri e tutti i figli e appare sconcertante che qualcuno voglia distinguere chi è accreditato a rientrarvi. I simboli, soprattutto se posti in un luogo pubblico, appartengono a tutti, credenti o meno: rivendicarne la proprietà equivale a volerne costringere il senso entro i propri schemi: chi vuole può farlo, ma è impresa vana. In tutti i casi, se la lapide apposta ai piedi della statua della Madonna provoca tanto disagio, mi aspetto che Padre Anfuso intraprenda fin da oggi una campagna per trasferire altrove la memoria di tanti imbarazzanti personaggi incisa su lapidi, cenotafi, iscrizioni e tombe che fanno bella mostra di sé nelle chiese e nei luoghi di culto di questa e di mille altre città, personaggi non sempre e non tutti in possesso di quelli che egli riconoscerebbe come attributi canonici della santità. Non intendo seguire l’Arciprete nelle ricognizioni storiche, tanto meno su remoti sovrani ellenistici: citerei le bandiere naziste con cui il vescovo e i parroci di Vienna decorarono le chiese e i loro altari il giorno dell’annessione al Reich, ma solo per ricordare che la Storia è un terreno minato per simili rivendicazioni, visto che sarebbe facile snocciolare elenchi di eventi e personaggi di provata Fede che hanno violato diritti e libertà di culto, di pensiero, di espressione a chi la pensava diversamente da loro, o che (anche in tempi recentissimi) sono andati tranquillamente a braccio con chi lo faceva. Riguardo all’accusa di volersi “appropriare di simboli religiosi per esaltare il proprio idolo”, rivolta evidentemente ai promotori dell’iniziativa,vorrei rassicurare Padre Anfuso che l’Associazione Partigiani, nel profondo rispetto e nell’equidistanza da ogni legittima convinzione politica o religiosa, diffida degli idoli e cede volentieri ad altri le competenze e il primato nel merito; sulla Libertà sentiamo a buon diritto il dovere di rivendicarla, per gratitudine e senso di giustizia nei confronti delle vittime del nazifascismo. Per il resto, a me come a tutti, capita molto più frequentemente di leggere, ascoltare e vedere simboli e interventi religiosi su monumenti o nel corso di eventi “civili”, che viceversa. A questo proposito, mi sorge un quesito: alla celebrazione del 25 aprile al cimitero di Termini era presente un parroco, molto attivo in questa comunità, che ha benedetto la lapide ed ha presieduto una vera e propria liturgia, con lettura dai testi sacri, richiami omiletici e invito alla preghiera collettiva. Peraltro l’intervento “religioso”, disinvoltamente noncurante della misura e dell’opportunità, è durato più di tutto il resto della commemorazione. Come interpretarlo? Un’imbarazzante e sciagurata commistione tra valori religiosi e valori civili? Una “appropriazione” religiosa di una cerimonia “laica”? Attendo con rispettosa curiosità che mi si chiarisca la contraddizione. Nelle more, ho il sospetto che il disagio dell’Arciprete si manifesti a tratti, quando ritiene che venga scalfito il diritto alla “custodia e la sorveglianza” (sic!) del patrimonio “culturale e morale” della Chiesa locale (che è quanto dire di tutti i cittadini termitani); ma che sia di idee molto più elastiche quando si tratta del contrario, ossia di accettare che la sfera religiosa invada, con riti e pratiche di natura confessionale, piazze, scuole, caserme, ospedali, feste civili e palazzi del potere. Ma quello che davvero fa un po’ di tristezza è, me ne scusi Padre Anfuso, la angustia che aleggia nella lettera, la sensazione che, in tempi di reticolati e contrapposizioni, qualcuno preferisca escludere, piuttosto che includere e condividere. Per conto mio, continuo a pensare che le libertà democratiche, la partecipazione, la giustizia sociale, la lotta alle mafie e ai loro complici, la solidarietà e la convivenza civile, rientrano a pieno titolo e con assoluta priorità nella cultura e nella moralità più alta di un Popolo. Con imperdonabile ingenuità pensavo anche che, evangelicamente, i “perseguitati per la giustizia” (Matteo, 5, 10-11) non avessero bisogno del nulla osta di ingresso rilasciata da autoproclamati “custodi” e “sorveglianti”, laici o religiosi che siano. Andrò comunque a rileggermi il Discorso della Montagna, augurandomi che, nell’anno della Misericordia, anche altri sentano il bisogno di farlo.
Fausto Clemente, presidente della sezione ANPI di Termini Imerese
Il vostro racconto di cronaca è perfetto tranne che per un piccolo particolare che tuttavia ha grande rilevanza, quello che voi chiamate l’arciprete non è l’arciprete. Infatti, giusto per entrare nel merito, a Termini non ci sono arcipreti. A Termini infatti ci sono soltanto preti con i loro pregi ed i loro difetti, infatti da tempo la chiesa ha abolito la figura dell’arciprete. Anticamente, nelle chiese cattedrali, il sacerdote più anziano o ritenuto più degno dal vescovo, esercitava le funzioni dell’odierno vicario generale e governava il clero cittadino, adesso non più. Con questa precisazione appare evidente l’azione prevaricatrice e liberticida di questo “Don Camillo” fuori dal tempo, che invece di curare le spinose faccende della sua parrocchia e del suo gregge, trova il tempo per criticare e ridire sulla lapide posta in ricordo dei combattenti della libertà protagonisti della lotta al nazifascismo. Lapide benedetta da altro prete moderno ed attento alle esigenze etiche della comunità termitana. Non poca cosa se si considera che lo stesso prete ha consentito, in occasione della festa dell’8 marzo, che venisse collocata, nella chiesa di Santa Croce al Monte (il “Pantheon” dei Termitani), una lapide in ricordo di Rosina Muzio Salvo di Pietraganzilli poetessa risorgimentale, a 27 anni vedova di un marito in vita.
Dov’è finita la misericordia e la pietas cristiana dei preti ?
Nella vita tutti noi “umani” possiamo peccare perché, in ogni istante, il demonio, ci induce in tentazioni, ed anche i preti sono vulnerabili a lucifero.
Ma, da cristiano, credo che, dopo attenta riflessione, non ci possano essere ostacoli al pentimento.
Dopo le esternazioni di padre Anfuso, adesso io mi aspetto che, sulla via misericordiosa del pentimento, il prelato prevaricatore degli altrui sentimenti ed i suoi occulti e beceri ispiratori, si rechino in preghiera nel nostro cimitero e si inginocchino ai piedi della citata lapide, in segno di rappacificazione con la comunità termitana offesa da quanto scritto.
O forse qualcuno crede che, a dispetto di quanto diceva e scriveva Antonio de Curtis, nella “livella”, a Termini Imerese ci possano essere morti di serie A e di serie B?
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