Incidente della vigilessa Maria Ilardo: archiviazione per l’automobilista indagato

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Cosa è rimasto di questa triste vicenda? Tanto dolore e perdite incolmabili. Intanto, quella di Maria, “la vigilessa” per antonomasia per la piccola comunità madonita; quindi, un vuoto familiare su tutti, lasciando Maria il marito, le figlie, i genitori, il fratello.


Una vita stroncata da un incidente automobilistico che ha lacerato anche chi si trovava alla guida, quella sera del 26 marzo 2015, della Fiat Multipla che impattò la vigilessa. Si tratta di Filippo Lo Forti, insegnante di educazione fisica che in quella Piazza Mazzini (nota anche come “Carricatore”) incontrava quotidianamente Maria, impegnata nello svolgimento del suo servizio (la moglie è titolare di una cartolibreria posta lì, in prossimità dell’incrocio, luogo dell’incidente).

Maria, in forza presso la polizia municipale del comune di Collesano, ha lasciato un felice ricordo di sé: il suo sorriso non ha mai smesso di caratterizzarne il volto. Cordiale, solare: il tratto caratteristico di una dolce madre. Sono aspetti non usuali in una persona, concentrati tutti insieme. A lei, il 10 aprile scorso, è stata dedicata una targa solennemente inaugurata dalle istituzioni. I diversi corpi di polizia municipale presenti hanno certificato la vicinanza dei colleghi alla sua memoria e ai familiari.

Sotto il profilo umano, la tragedia si è consumata. Comunque la si voglia vedere e da qualunque angolo visuale. Sotto l’aspetto processuale, invece, è giunta, nell’udienza in camera di consiglio del 15 giugno scorso, l’ordinanza di archiviazione del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Termini Imerese. Per il giudice, che ha accolto la richiesta formulata dalla pubblica accusa, non ci sarebbero gli estremi per procedere contro Filippo Lo Forti, difeso dall’avvocato Giuseppe Minà, e imputarlo del reato di omicidio colposo, alla luce delle perizie e delle testimonianze raccolte in fase di indagini. «Come espresso dal P.M. – scrive, infatti, il giudice – nonostante il tragico evento, non vi sono elementi idonei a sostenere in giudizio che l’indagato abbia violato la regola cautelare che impone di adeguare la velocità a tutte le circostanze del caso concreto». L’indagato non ha violato, insomma, quanto previsto dalla legge su quel tratto di strada e in quelle precise condizioni di circolazione e non è risultato positivo ai test sul consumo di alcol o di sostanze stupefacenti.

Per l’avvocato dei familiari di Maria le testimonianze sarebbero state «viziate da inconsapevole contaminazione ambientale», mentre per il giudice detta contaminazione «non è sicuramente provata dalla mera conoscenza fra le persone informate dei fatti e l’indagato» e che «l’escussione dei soggetti informati sui fatti è stata ampia ed esaustiva e che comunque gli ulteriori soggetti indicati nulla potrebbero aggiungere a quanto già accertato con l’incidente probatorio celebrato». Da qui l’archiviazione del procedimento.

Tutto si svolse velocemente, in pochi attimi. E da quel momento tutto è cambiato nella vita dei protagonisti. Caduta a terra (erano circa le 19,30), nella centrale piazza Mazzini, incrocio tra il corso principale e la strada provinciale che conduce verso Isnello, Maria non si risveglierà più. La corsa all’ospedale di Cefalù e poi a Palermo dove, a Villa Sofia, presso il reparto di neurochirurgia prima e di rianimazione poi, rimarrà per 17 giorni. Morendo a 46 anni. Diversi, estesi e profondi i traumi che l’avevano segnata. E alla fine il corpo, in coma, ha ceduto.

Dolori impossibili da raccontare, come scrivemmo allora, si sono dati appuntamento dentro la comunità di Collesano; dolori sorretti dall’adagio amaro per il quale la vita sembra sempre schiaffeggiare le persone per bene. Fa rabbia. Sì, tanta rabbia.