Proprio come gli zombie, i morti viventi della leggenda, anche le province siciliane stanno surrettiziamente riemergendo dalla tomba dove erano state sepolte per volontà del governo Crocetta, rifacendosi una nuova vita sotto altro nome, per non spaventare i viventi.
Ma che succede? All’Assemblea regionale siciliana si sta discutendo un disegno di legge di riforma del sistema rifiuti (ne scrive pure Siciliainformazioni), che prevede il ridimensionamento degli Ato, gli Ambiti territoriali ottimali, facendo coincidere il loro territorio (chiamato però “ambito”, perché fa più fine) – udite, udite – proprio con le ex nove province siciliane. Ma come, direte voi cari lettori, non le avevano tutte chiuse, morte e sepolte? Non erano finite in soffitta, insieme ad altri cimeli costituzionali siciliani, come l’Alta corte? Ma quando mai, perché anche per le province siciliane vale il principio di Lavoisier, che in natura nulla si crea e nulla si distrugge. Per cui è inutile strombazzare a destra e manca che le province non ci sono più (proprio come ha fatto Crocetta in tivvù, con tanto di immagini ed audio rimbalzati poi a reti unificate, elevandosi a precursore tagliatore di province, prima che un Renzi qualsiasi lo facesse in ambito nazionale), che si sono così risparmiati un bel po’ di soldini (nostri, tanto per ricordare chi stipendia chi), che gli ex dipendenti degli enti locali segati sono assegnati altrove, a più proficui incarichi (ma attendiamo ancora fiduciosi il trasloco), che non ci sono più politici sbafatori a ufo di incarichi e prebende da ancien régime. Eh no, non è così, perché ci sarà sempre il solito pierino burlone di turno che ti farà rientrare dalla finestra ciò che prima era stato cacciato via con disdoro dalla porta. E se è sicuro che il regno dei cieli sarà off limits per i ricchi peccatori (lo dice il Vangelo, perbacco), è altrettanto indubbio che le province ripasseranno invece facilmente dalla amplissima porta del parlamento siciliano. Evviva.