Avete vecchi buoni postali lasciati dalla nonna o dai genitori? Attenzione, perché calcolando bene gli interessi potrebbero valere molto.
E un aiuto ai risparmiatori l’ha dato di recente una sentenza civile del tribunale di Termini Imerese, che ha dato ragione a due risparmiatori (e torto alle Poste, ovviamente) sul modo di calcolo degli interessi maturati sui buoni fruttiferi postali. Ma veniamo alla vicenda. Due risparmiatori sono in possesso di buoni postali trentennali, quei foglietti colorati emessi negli anni scorsi da Poste italiane, che permettevano di ottenere interessi crescenti, che addirittura raddoppiavano se si tenevano nel cassetto per venti o trent’anni, secondo un calcolo fatto sulla tabellina stampata sul retro. E’ però accaduto che al momento della scadenza dei buoni, l’ufficio postale non ha calcolato gli interessi secondo la tabella, bensì seguendo le indicazioni di decreti ministeriali successivi, che negli anni hanno determinato questo tasso, a volte inferiore a quello determinabile usando la tabella. I due risparmiatori non ci stanno e fanno così causa alle Poste, chiedendo l’applicazione del sistema di calcolo degli interessi secondo il criterio stampigliato dietro i loro buoni postali e non quello deciso da “oscuri” decreti ministeriali. Ed il tribunale termitano ha dato loro ragione, condannando Poste italiane a pagare gli interessi secondo la tabellina stampigliata sui buoni, perché la loro emissione è un contratto concluso tra le Poste ed i risparmiatori, le cui condizioni sono quelle cristallizzate nel buono e non altre, che devono essere rispettate dagli uffici postali.
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