Aveva chiesto le elezioni anticipate, sperando di rafforzarsi politicamente ed accelerare così l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
Invece le urne l’hanno punita, privandola della maggioranza utile a governare da sola. Per Theresa May, la leader dei conservatori britannici, non poteva esserci risultato elettorale peggiore e, proprio come il suo predecessore David Cameron, è scivolata sulla Brexit. Quando mancano ancora appena cinque collegi da assegnare, i Tories hanno ottenuto appena il 42,40% dei voti, conquistando solo 314 seggi e perdendone 12, rispetto al parlamento precedente, quindi sotto la maggioranza necessaria per potere governare da soli (326 seggi su 650 totali della House of commons). Rimonta netta del Labour, guidato da Jeremy Corbyn, che guadagna 31 seggi, portandosi a quota 261 con il 40,12% dei consensi, ma anch’essi insufficienti per guidare la nazione. Staccati il partito nazionalista scozzese (35 seggi), i liberaldemocratici, con appena 12 deputati eletti e il Dup, il partito unionista dell’Irlanda del Nord (10 seggi). Nessun seggio, invece, per la destra antieuropea Ukip. Ed adesso? E’ ancora presto per capire cosa succederà dopo questo risultato, ma quel che è certo è che Theresa May, che prima dell’8 giugno era saldamente piazzata sulla poltrona di primo ministro, avendo deciso di forzare la mano per allargare la sua maggioranza, l’ha invece persa, mentre Jeremy Corbyn, leader dei laburisti, che era dato per spacciato, ha permesso al suo partito di conquistare un bel po’ di seggi, che rimangono sempre insufficienti per governare il suo paese. In ogni caso da oggi la Gran Bretagna avrà un “hung parliament”, un “parlamento appeso” dove nessuno ha la maggioranza assoluta, che punterà ad un governo di minoranza, che dovrà cercare i voti in aula volta per volta.