Elezioni comunali. Cosa accadrà adesso? Giunta potrebbe non essere proclamato Sindaco. In ogni caso si andrà dinanzi al giudice. Parla il costituzionalista Salvatore Curreri

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A mio modesto parere Giunta era ed è incandidabile, e quindi ineleggibile. E tutti coloro che, pur sapendo della sua condanna, hanno taciuto, hanno dimostrato mancanza di trasparenza verso gli elettori e disprezzo delle istituzioni”.

Non usa mezzi termini nel dire la sua Salvatore Curreri, docente di Diritto costituzionale presso l’Università Kore di Enna. Ma partiamo dall’inizio
Gentile Professor Curreri, Francesco Giunta è stato eletto Sindaco di Termini Imerese. Che cosa potrà accadere ora
Esattamente quel che avevo dichiarato nella mia intervista rilasciata due settimane fa, e cioè che l’Ufficio elettorale centrale – che ricordo non è un giudice terzo ed imparziale, ma un organo amministrativo, seppur presieduto da un magistrato – in sede di proclamazione degli eletti potrebbe rilevare la condizione di incandidabilità del Giunta e non proclamarlo Sindaco.
Infatti – e mi scuso sin d’ora con i lettori ma, visto la pletora di giuristi improvvisati, preferisco citare le disposizioni per dare loro un’informazione completa e corretta – secondo quanto previsto dall’art. 12, comma 4, del decreto Severino “qualora la condizione di incandidabilità sopravvenga o sia accertata successivamente alle operazioni di cui al comma 2 [e cioè dopo la fase di ammissione delle liste elettorali], la condizione stessa viene rilevata, ai fini della mancata proclamazione, dall’ufficio preposto alle operazioni di proclamazione degli eletti”.
Molti elettori e lettori si chiedono perché si è arrivati a questo punto, e in particolare perché il ricorso del Movimento 5 Stelle, diretto ad evitare che Giunta partecipasse al ballottaggio, sia stato respinto
Il ricorso del Movimento 5 Stelle non è stato respinto, ma dichiarato inammissibile perché il decreto Severino prevede che tali ricorsi (in realtà sarebbe meglio parlare di esposti o istanze) possono essere presentati solo o “in occasione della presentazione delle liste dei candidati” (art. 12, comma 1) (fase già superata), oppure, come appena sopra detto, al momento della proclamazione (fase in cui ora siamo). Non è previsto invece che il ricorso si potesse fare tra il primo ed il secondo turno. Da qui, la decisione dell’Ufficio elettorale centrale di dichiarare inammissibile l’istanza del Movimento 5 Stelle, senza quindi esaminarla nel merito, perché presentato oltre i termini previsti.
Una grave omissione della Severino, quindi?
Guardi, a mio parere, in questa vicenda sono emersi due aspetti criticabili nella disciplina prevista dal decreto Severino, il quale, peraltro, non ha innovato nulla rispetto alla precedente disciplina contenuta nel Testo Unico sulle Autonomie Locali.
In primo luogo, l’aver previsto che, oltre alla documentazione prevista da altre disposizioni normative, i candidati alle elezioni comunali devono solo rendere una dichiarazione sostitutiva, cioè in pratica un’autocertificazione, che attesti l’insussistenza di cause d’incandidabilità. Come Giunta ha fatto, secondo me legittimamente, basandosi sul parere dell’avv. Armao. Secondo me, sarebbe più opportuno obbligare i candidati a presentare un apposito estratto del casellario giudiziale che certifichi in modo completo la situazione penale del candidato.
In secondo luogo, parallelamente, l’aver previsto che l’ufficio elettorale accerti la eventuale insussistenza delle condizioni di incandidabilità sulla base degli “atti o documenti” in suo possesso, dando quindi l’impressione, quindi, di non avere un autonomo potere d’iniziativa e inquisitorio, ma di doversi semplicemente basare su quanto viene sottoposto al suo esame da parte di soggetti esterni. Ma se, andando al di là di ogni ragionevole previsione, nessuno – nemmeno i suoi competitor – eccepiscono la condizione di incandidabilità di un candidato, pur essendone a conoscenza, la colpa non è della Severino.
Può chiarire meglio questo ultimo punto?
Molto volentieri, perché lo ritengo l’elemento centrale di tutta la vicenda. Lo voglio dire chiaramente: tutti coloro che, pur sapendo della condanna del Giunta, hanno taciuto, non portandola a conoscenza dell’ufficio elettorale, hanno dimostrato mancanza di trasparenza verso gli elettori e disprezzo delle istituzioni. Verso gli elettori perché, tacendo, non hanno permesso loro di esercitare il loro voto in modo libero, e quindi informato e consapevole, come richiede l’art. 48 della Costituzione. Verso le istituzioni perché, comunque la si pensi sulla incandidabilità del Giunta, c’è ora il rischio che l’intero procedimento elettorale venga annullato e il Comune venga nuovamente commissariato, con gravissimo danno alla città che, dopo le dimissioni di Burrafato per i noti fatti che tutti sappiamo, ha bisogno di un’amministrazione in carica nella pienezza dei suoi poteri e non sub iudice.
Tutti fanno un gran parlare di “bene comune”, formula che trovo insopportabilmente ipocrita. Ma cos’è il “bene comune” se non il rispetto delle disposizioni, elettorali e no, che sono garanzia per tutti perché da esse dipende la regolare costituzione delle istituzioni di governo? Le istituzioni di governo non sono di qualcuno, ma di tutti, perché chiamate a rappresentare l’intera collettività. Di esse, quindi, non si può disporre a piacimento, sulla base del proprio tornaconto. Se siamo arrivati a questo punto è colpa di tutti coloro che sapevano e hanno colpevolmente taciuto.
Affrontiamo allora il problema: secondo lei Giunta è candidabile oppure la sua elezione è a rischio annullamento?
Guardi, dopo la mia intervista molti si sono arrabattati in ardite insinuazioni e dietrologie, al cui livello ovviamente mi son ben guardato dallo scendere. Né ho inteso replicare pubblicamente a Giunta, nonostante mi abbia fatto pubblicamente oggetto di argomenti e espressioni diffamatorie, al quale ho anzi espresso privatamente i sensi della mia umana solidarietà per una vicenda che l’ha visto purtroppo protagonista nonostante – ne sono convinto – la sua buona fede.
Se ora, ad urne chiuse, rompo il silenzio che mi sono imposto e torno sulla questione, è solo perché la mia era, è e sarà sempre una valutazione non politica ma esclusivamente giuridica, che intendo offrire, grazie a voi, agli elettori perché ognuno possa essere informato dei termini della questione. Da giurista, non mi competeva entrare nella polemica politica perché il mio interlocutore non è la piazza, ma il giudice. Ciò precisato, ribadisco che, a mio modesto parere, Giunta era ed è incandidabile, e quindi ineleggibile
Perché?
Dalla sentenza (quella sentenza che mi hanno accusato di non aver letto quegli stessi che si sono però ben guardati dal renderla pubblica proprio per quel dovere di trasparenza nei confronti degli elettori) sappiamo che il 12 dicembre 2013 Giunta ha patteggiato la pena della reclusione di mesi 16 e 1.000 € di multa per i reati di truffa ai danni dello Stato o altro ente pubblico (art. 640, comma 2, n. 1, c.p.), falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico (art. 493 c.p.) e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative (art. 480 c.p.), unificati sotto il vincolo della continuazione, per aver causato un danno di 2.500 euro alla SIAE in qualità di suo mandatario, avendo indebitamente riscosso penali non dovute per ritardato pagamento
L’art. 10, comma 1 del decreto legislativo n. 235/2012 (c.d. decreto Severino), che si applica anche in Sicilia (art. 14), recita: “non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale (…) d) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio (…)”.
Preciso che, a differenza dell’ineleggibilità, che comporta la mancata proclamazione dell’eletto, l’incandidabilità comporta, ancor prima, la cancellazione del candidato dalle liste elettorali e quindi il divieto di poter partecipare al procedimento elettorale.
Ma secondo l’Avv. Armao, suo collega, nonostante tutto ciò, Giunta è candidabile
Il parere dell’Avv. Armao è l’unico argomento giuridico degno di essere preso in considerazione, non foss’altro per la stima e il rispetto che ho nei confronti del collega. Armao fa una premessa che non si può non condividere e cioè che in tema di accesso alle cariche pubbliche l’eleggibilità è la regola e l’ineleggibilità è l’eccezione: sacrosanto! Per questo motivo, dunque, in materia di candidabilità le disposizioni non possono essere stiracchiate (noi giuristi parliamo di interpretazioni analogiche o estensive) ma devono essere applicate in maniera circoscritta.
Sulla base di tale condivisibile premessa, Armao sostiene che Giunta è candidabile perché nella sentenza di patteggiamento non si fa menzione dell’aggravante dell’abuso dei poteri e della violazione dei doveri d’ufficio, cioè di quelle due condizioni da cui dipende l’applicazione della Severino e, quindi, la conseguente incandidabilità di Giunta.
Non è cosi?
No, e spiego perché, sempre a mio modesto parere. Giunta ha patteggiato la pena non solo per il reato di truffa, che come tale è un reato che possono commettere tutti – privati cittadini e pubblici funzionari (e su cui, quindi, è inutile diffondersi) – ma è stato condannato per un reato – il falso commesso da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico (art. 493 c.p.) – che implica necessariamente l’abuso di poteri e la violazione dei doveri d’ufficio. Pertanto, tali aggravanti non sono state applicate in sede di condanna per la semplice ragione che, come prevede lo stesso codice penale (art. 61.9 c.p.), esse sono già di per sé “elemento costitutivo” di quel reato che il Giunta ha commesso in qualità di pubblico ufficiale, come riconosciuto dalla sentenza di patteggiamento.
In altri termini, sperando di essere chiaro, l’aggravante della violazione dei doveri di ufficio non è stata menzionata nella sentenza di condanna perché il reato di falso commesso da pubblico ufficiale incaricato di pubblico servizio già di per sé implica la violazione dei doveri d’ufficio. Altrimenti, per assurdo, si dovrebbe ammettere che l’incassare penali non dovute costituisca adempimento dei propri doveri d’ufficio. Il che, sinceramente, non mi risulta.
Non siamo, quindi, di fronte ad un’interpretazione “stiracchiata” della Severino, ma ad una sua piena applicazione in un caso che rientra perfettamente nell’ambito delle sue previsioni.
Ma c’è di più.
Prego, professore
Il Consiglio di Stato (V sez., sentenza 28 aprile 2012), condividendo l’orientamento della Cassazione (I civ., nn. 11140/2002 e 2896/2004), ha affermato che “in caso di unificazione dei reati nel vincolo della continuazione”, come per i tre reati per cui il Giunta ha patteggiato la condanna, il disegno criminoso è unico per cui tutti i reati commessi sono collegati “con l’abuso di poteri e la violazione dei doveri che connotano, alla stregua di elemento costitutivo, l’integrazione del reato proprio di abuso d’ufficio”. In altre parole, secondo tale orientamento dei supremi giudici civile e amministrativo, l’abuso dei poteri e la violazione dei doveri di ufficio si applica non ad uno ma a tutti e tre i reati, perché unificati dal vincolo della continuazione.
Ma Giunta ora è stato eletto. Gli elettori sapevano al ballottaggio dei suoi problemi e, nonostante tutto, l’hanno votato. Qualcuno afferma, perché non deve prevalere la volontà del popolo?
Mi aspettavo questa domanda, che sicuramente interpreta un pensiero diffuso. Per rispondere occorre andare alle fondamenta del nostro Stato di diritto, e cioè a quei valori di legalità e democrazia proclamati dalla nostra Costituzione, all’insegna dei quali è esclusivamente maturata la mia riflessione giuridica. Ebbene, secondo la Costituzione, la sovranità appartiene al popolo, il quale però la esercita non in modo assoluto e incontrollato ma nei modi e limiti previsti in Costituzione (art. 1, comma 2 Cost.), tra i quali i requisiti che la legge può prevedere per l’accesso agli uffici pubblici (art. 51 Cost.) affinché “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche” le adempiano “con disciplina ed onore” (art. 54 Cost.).
Le condizioni di incandidabilità previste dalla Severino, così come quelle in materia d’ineleggibilità ed incompatibilità, rispondono pienamente a questi principi – e per questo non sono state dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale – perché impediscono l’accesso ai pubblici uffici a coloro che non hanno i requisiti di “disciplina e onore” perché condannati per determinati reati, indipendentemente dalla misura della condanna.
Quindi, per ritornare alla sua domanda, se anche Giunta fosse stato eletto con il 100% dei voti, la sua elezione sarebbe stata nulla perché in uno Stato di diritto la sovranità del popolo non può essere esercitata contro la legge. Il consenso senza regole non è democrazia, è populismo, cesarismo.
Secondo me Giunta era e rimane incandidabile per cui la sua elezione, anzi la sua partecipazione al procedimento elettorale, è nulla.
Può chiarire quest’ultimo punto?
Voglio dire che se anche fosse stato eletto il candidato Fasone, il risultato elettorale sarebbe stato sub iudice. Perché comunque la partecipazione del Giunta ha falsato sin dall’inizio il procedimento elettorale. E non sarebbe valso invocare il principio di conservazione degli atti amministrativi giacché parliamo del candidato più votato, i cui voti quindi sarebbero stati decisivi per qualunque altro candidato.
E se l’Ufficio elettorale dovesse proclamare Giunta che potrebbe succedere?
Immagino che qualcuno dei candidati, ma anche qualunque semplice cittadino, potrebbe fare ricorso al Prefetto o al giudice amministrativo (in Sicilia Tribunale amministrativo regionale e Consiglio di Giustizia amministrativa) per chiedere l’annullamento delle elezioni. Per questo, come avevo già detto, qualunque sarebbe stato l’esito delle elezioni si sarebbe andati dinanzi al giudice.
Non ci resta che aspettare quindi?
Già, ma mi consente un’ultima notazione?
Prego, professore
Voglio ribadire che la mia non è stata e non è una valutazione personale o politica, tant’è che mi sono astenuto dal partecipare a qualunque iniziativa elettorale e – com’è possibile accertare dalle liste elettorali – non ho votato né al primo o al secondo turno, per ragioni più volte preannunciate nella mia pagina facebook.
La mia, infatti, è stata, era e sarà sempre una valutazione esclusivamente giuridica. Una valutazione che ben sapevo avrebbe suscitato polemiche e attacchi da tutte le parti; polemiche e attacchi che ovviamente si sono ben guardati dal confutare in punta di diritto tutti i miei argomenti. È l’inevitabile destino del bambino libero (e ingenuo?) che, al contrario di tutti gli altri che fanno finta di non vedere, grida che “il Re è nudo!”.
Se, ciò nonostante, mi sono permesso di svolgerle tali valutazioni giuridiche è solo nel nome di un unico, per me supremo interesse, e cioè, ovviamente dal mio punto di vista, il rispetto di quei principi e valori della Costituzione cui ispiro non solo i miei studi ma la mia vita.

2 COMMENTS

  1. Bravo prof. Curreri, sei stato abbastanza chiaro ed esaustivo. Comunque era giusto intervenire prima e chiarire il tutto prima delle consultazioni. Abbiamo la normativa ma fanno acqua gli organi che devono applicarla nei modi e nei tempi dovuti.

  2. Non vi è alcun dubbio che al Candidato Giunta vada riconosciuta l’attenuante della buona fede e di essere stato indotto in errore nel fornire una presunta falsa dichiarazione all’atto della sua candidatura. Ma mica lo ha prescritto il medico che, nel dubbio, dovesse lo stesso candidarsi ad ogni costo. Qui sta tutta la irresponsabilità del Giunta e dei partiti che lo hanno sostenuto, irresponsabilità che è causa del contenzioso descritto.
    La stessa irresponsabilità si rileva nel caso Pizzuto a Castellana Sicula, stesso comprensorio, stesso schieramento, stesso consulente legale, anzi qui la situazione è perfino più chiara. Il candidato Pizzuto, a mio modesto avviso, versa in una doppia condizione, una di Incandidabilità in quando all’atto della candidatura e tutt’ora sta scontando la pena accessoria, non sospendibile, di ” interdizione dai pubblici uffici” ed un’altra l’ineleggibilità dovuta alla circostanza che lo stesso avrebbe dovuto dimettersi dalla carica di Presidente del Parco delle Madonie, che tuttora ricopre, prima di candidarsi in uno dei comuni del parco stesso.
    quindi due imprudenze, segno di spregiudicatezza e scarso senso e rispetto delle Istituzioni.

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