Gli Stati Uniti sono “pronti ad usare ogni mezzo” per bloccare la Corea del Nord.
E non è esclusa neppure l’opzione militare. Lo ha detto ieri l’ambasciatrice Usa all’Onu, Nikki Haley, nel suo intervento alla riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza, convocato dagli Usa dopo il lancio dell’ultimo missile da parte di Pyongyang. Ed allora l’America propone un nuovo pacchetto di sanzioni, mettendo contemporaneamente in guardia la Cina per i suoi rapporti commerciali che continua ad avere con i nordcoreani, mentre la Russia ribatte che considera escluso l’uso della forza militare. In ogni caso qualunque “opzione militare” venga esaminata e messa a punto dal Pentagono non può sfuggire ad una realtà: ogni tentativo di colpire militarmente la Corea del Nord, anche con attacchi “chirurgici” destinati a disinnescare i suoi programmi atomici, rischia di scatenare un conflitto senza precedenti, anche nucleare, con centinaia di migliaia di vittime, anche civili, tra le due Coree ed il Giappone, nazioni molto vicine al centro del possibile conflitto. Un attacco a Pyongyang provocherebbe infatti una reazione immediata di migliaia di batterie di artiglieria nordcoreane piazzate al confine con la Corea del Sud, dove la popolazione vive in un raggio di 80 chilometri dal nemico. Senza contare che la Corea del Nord potrebbe avere a disposizione anche arsenali chimici e biologici e almeno una dozzina di bombe nucleari e missili che potrebbero raggiungere non solo la Corea del Sud, ma anche il Giappone. Ecco perché finora gli Usa hanno fatto la voce grossa, senza spingersi oltre; ecco perché la strada maestra per affrontare la crisi con Pyongyang è quella politica e diplomatica, che coinvolge la Cina.