Una cassa di ceramica con dentro le ceneri di un corpo cremato.
Potrebbero essere questi i resti di Siddhartha Gautama, il Buddha, l’illuminato, raccolti e sepolti mille anni fa da due monaci del monastero di Longxing. La cassa è stata ritrovata in Cina, nella contea di Jingchuan, dagli archeologi, che hanno individuato il contenitore sul quale si legge l’iscrizione: “I monaci Yunjiang e Zhiming della scuola Lotus, che appartenevano al tempio Mañjusri del monastero di Longxing nella prefettura di Jingzhou, hanno raccolto più di 2.000 pezzi di sharira, così come denti e ossa del Buddha, e li hanno seppelliti nella sala Mañjusri di questo tempio” ed il termine “sharira” indica qualsiasi tipo di reliquia legata a Buddha. Gli scavi nella zona erano iniziati cinque anni fa per riparare le strade del villaggio di Gongchi, finché non è stata scoperta questa tomba. Secondo la tradizione, Siddharta morì a Kusinagara, in India, nel 486 a.C. e il suo corpo, avvolto in centinaia di pezze di cotone, venne cremato nel corso di una cerimonia imponente. Ma dopo sorse una disputa per impossessarsi dei resti del suo corpo, che portò alla loro dispersione. Circa 1000 anni fa Yunjiang e Zhiming avrebbero trascorso vent’anni della loro vita a rimettere insieme i resti di Buddha, seppellendo infine il loro tesoro il 22 giugno del 1013, che adesso è venuto alla luce. Gli archeologi però non si sbilanciano più di tanto, perché non c’è certezza di sapere se effettivamente questi resti appartengano o meno al fondatore di una delle religioni più antiche del mondo. La scoperta ha però un grande valore storico, perché fornisce un approfondimento inedito sul buddismo.