Venerdì 29 dicembre 2017, alle ore 18.00, il Museo Civico di Castelbuono ospita il concerto del compositore e pianista Giacomo Cuticchio “Ventimiglia Suite”, nella Sala del Principe del Castello dei Ventimiglia.
Il concerto presenterà al pubblico una selezione delle musiche originali composte da Giacomo Cuticchio appositamente per lo spettacolo “Tra i sentieri dei Ventimiglia”, ispirate dai madrigali rinascimentali e dalla poesia scritta da Torquato Tasso per Giovanni III Ventimiglia nel 1590. Durante il concerto, verrà proiettato il video tratto dallo spettacolo, per la regia di Costanza Arena e Roberto Salvaggio, che fa parte della collezione permanente del Museo Civico di Castelbuono. Il progetto teatrale multidisciplinare, “Tra i sentieri dei Ventimiglia”, presentato l’anno scorso dal Museo Civico di Castelbuono in collaborazione con la compagnia Figli d’Arte Cuticchio, ha messo in scena, per la prima volta, l’epica siciliana rinascimentale, legata alle vicende storiche che ruotano attorno alla figura di Giovanni I Ventimiglia (1382-1473 circa) capostipite dei Marchesi di Geraci e Signori di Castelbuono. Una rilettura contemporanea della storia della Sicilia, attraverso la ricostruzione dell’importante casato che fin dal Medioevo ha avuto influenza in tutto il Mediterraneo, che utilizza il linguaggio contemporaneo – e tradizionale allo stesso tempo – del Teatro dell’Opera dei Pupi.
Giacomo Cuticchio, nato a Palermo nel 1982, è compositore, pianista ed erede di una delle più robuste e vitali tradizioni teatrali siciliane. Figlio e nipote di maestri pupari, la sua formazione d’artista ha luogo tra sogni cavallereschi, senni smarriti e avventurosamente recuperati, battaglie e re di corona, passioni e paradigmi etici, nella cornice di estremo rigore e attenzione che caratterizza l’attività teatrale di famiglia. L’inclinazione per la musica del piccolo Giacomo trovò fertilissima terra tra i suoni del pianino, che tradizionalmente scandisce e commenta le vicende dei paladini di Francia, e lo straordinario e prezioso esercizio della vocalità proprio dell’Opra e del cunto. Il casuale incontro con la musica di Philip Glass e la sempre viva attenzione per la musica antica, rinascimentale e barocca, indicarono a un ancor giovanissimo Giacomo il sentiero a lui congeniale, ponendosi a ideali cardini di una ricerca sulle radici della musica, per tantissimi versi analoga agli sforzi del padre Mimmo di innovazione dell’Opra a partire dalle sue fondamenta. Alieno da preoccupazioni esclusivamente linguistiche, Giacomo Cuticchio si propone di raggiungere l’immediatezza dell’emozione, cercando, su canovacci strutturali quasi archetipici, le forme più adeguate ai suoi intenti: la musica di Giacomo nasce direttamente dal cuore dei meccanismi che regolano il funzionamento delle forme. Tanta attenzione ai principi ultimi che presiedono alla nascita della musica non può che avere, ovvio corollario, un interesse per il suono, in sé e in relazione con l’esistente, costantemente alimentato dalla viva pratica di improvvisazione strumentale. Alla base di questo straordinario intuito di Giacomo Cuticchio per il suono e per la sua drammaturgia è possibile rintracciare, con una certa sicurezza, la prassi del cunto, di cui il padre Mimmo, già allievo del maestro puparo e cuntista Peppino Celano, è uno degli ultimi autentici eredi: come nel cunto, attraverso l’alterazione ritmica del respiro, la parola si fa canto, liberando la propria anima sonora, così, con la medesima naturalezza, nella musica di Giacomo i suoni diventano tangibile, udibile forma. Potremmo rintracciare in ciò l’origine della evidente fascinazione del giovane Giacomo Cuticchio per il minimalismo, per questo ultimo grande “ismo” la cui attenzione al suono è ben più che mera osservazione di superficie, come qualche furbetto commentatore, povero di nuove categorie e d’inventiva, vorrebbe farci sbrigativamente credere. E qui forse il cerchio si chiude, legando la tradizione in cui Giacomo Cuticchio è nato con le grandi esperienze della modernità musicale, lungo il crinale sottilissimo tra il respiro e la parola, tra il suono e il suono organizzato, tra un senno costantemente smarrito e ritrovato al suono di una antico pianino. Al ritmo di un’esistenza umana ancora possibile.