Oggi è parroco di Collesano, ma 25 anni fa don Franco Mogavero era in seminario, a Palermo. Padre spirituale, “3P”: Padre Pino Puglisi, secondo il volere dell’allora cardinale Salvatore Pappalardo.
Il giorno del suo cinquantesimo compleanno, quando la mafia decise di uccidere padre Puglisi, don Franco aveva provato a chiamarlo per fargli gli auguri. «Non l’ho trovato» ricorda nella sua testimonianza al sito della diocesi di Cefalù, dove è responsabile delle Comunicazioni sociali. All’altro capo del telefono, silenzio. Padre Pino Puglisi era diventato una vittima di mafia. Oggi è beato e quel sorriso con cui accolse il viso del suo sicario rappresenta la forza della non violenza e di una chiesa schierata dalla parte giusta.
«Non ci ha mai parlato dei suoi problemi con la mafia, delle sue difficoltà e gioie pastorali a Brancaccio» continua don Franco. «Delle sue lotte». E aggiunge: «Faccio tanta fatica a vederlo investito del titolo a lui da tanti affiancato del “prete antimafia”. È stato l’uomo e il prete della Speranza. Ci ha presentato sempre il Vangelo. Solo – precisa don Franco Mogavero – e sempre la Parola del Signore».
Un prete, un confessore, un padre spirituale. «Io l’ho conosciuto ed apprezzato in questo suo servizio tanto delicato e di estrema importanza nella formazione di un futuro pastore. Era un presbitero mite e discreto» sottolinea il parroco madonita. Ma era anche uno studioso colto e attento; un esegeta. «Si parla poco di padre Puglisi e del suo spessore culturale. Della sua sapienza che non ha nulla a che fare con le erudizioni da esibire. Della sua acuta intelligenza – continua don Franco – che ha guidato la sua fede, le sue scelte ed anche il suo martirio».
Padre Pino Puglisi amava essere sacerdote. «In uno degli incontri tenuto a noi seminaristi – ricorda don Franco – ebbe a dirci: “Non avrei pudore a uscire per le vie di Palermo con un cartello sulle spalle leggibile da tutti con la scritta: Essere Preti è Bello!”».
Padre Pino Puglisi è, giocoforza, un’icona. Di quelle che irradiano luce, come il suo sorriso; di quelle che marcano confini e profili; di quelle che testimoniano con la forza dell’impegno quotidiano. Andava sempre di corsa e non era mai puntuale, ma «aveva una capacità di ascolto straordinaria. Ti leggeva con gli occhi». «”Compito del prete è quello di ascoltare”. E proseguiva: “Se dovessi realizzare una vignetta sul presbitero disegnerei soltanto un orecchio grandissimo”».
Don Franco testimonia l’essenza di un uomo “illuminato”, che ha reso il Vangelo cibo della sua esistenza. E mette dentro anche un aneddoto che così ricostruisce. Padre Puglisi bussa alla sua porta, in seminario, con un certo imbarazzo: «Era rosso in viso. Quel rossore tipico dei “bambini” quando devono chiedere qualcosa». E, infatti, chiede in prestito a don Franco la Bibbia di Gerusalemme: la sua l’aveva donata ad una ammalata: «“Aveva bisogno della Parola di Dio” disse padre Pino e non ho più una lira nel mio portafoglio…”». Di lì a poco, la festa di San Giuseppe e il regalo suggerito è proprio una copia della Bibbia di Gerusalemme. Durante il pranzo in seminario, gli viene consegnato il pacchetto. Lo apre e vedendo quel testo «con lo sguardo cerca il mio volto» ricorda don Franco. «I nostri occhi si incrociano. Si parlano nel silenzio. Don Pino da lontano mi sorride. Era il suo grazie».
Nel corso del loro ultimo colloquio, padre Pino, che si rammaricava di non potere assolvere il suo compito di padre spirituale come avrebbe davvero voluto, indica il suo sostituto: don Salvatore Napoleone, parroco della Cattedrale di Palermo. Dopo l’assassinio di padre Puglisi, «in forma riservata espongo a Mons. Giovanni Muratore – ricorda don Franco – allora Rettore del Seminario, il desiderio di don Pino». L’indomani viene informato il cardinale che chiama a colloquio don Napoleone. Che accetterà di sostituire padre Pino Puglisi.
«È una piccola testimonianza – chiosa don Franco – che che ci consegna la vera identità di padre Puglisi: presbitero umile, non appiccicato ai ruoli, ai titoli, alle persone che amava. Era un uomo che guardava al domani, proiettandolo sempre all’eternità». Speranza non come attesa, ma come impegno. Oggi. È ciò che serve alla Sicilia. Secondo l’insegnamento di uno dei suoi figli migliori.
Antonino Cicero
@AntoninoCicero1
Lui… è stato un Santo tra noi nel periodo più buio di una Palermo annerita dalla violenza di chi negava la legalità, i diritti, il lavoro onesto e la vita dei cittadini quasi ignari di quanto accadeva in un’atmosfera di calma apparente, fin troppo silenziosa che ha preso parola da quel momento drammatico e miracoloso nello stesso tempo: iniziava l’anno zero della nostra città.
maria rosaria sinatra
Grazie Padre Franco, per la tua testimonianza, che amplia le nostre conoscenze di un Santo in mezzo ad uomini, donne, Bambini, bisognosi di una guida esemplare, indicando la giusta strada, faticosa ma illuminata dalla speranza.
Con il suo sacrificio, è stato vero esempio di Vita Cristiana, con la semplicità del suo essere ha umiliato i cuori abbrutiti, di uomini accecati dal bisogno del Potere, del Danaro dalla Violenza.
Rimarrà per sempre nei cuori di chi la conosciuto, ma anche in quelli che anno avuto modo di venir a conoscenza del suo santo operato.
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