Qualsiasi attività produttiva: industriale, artigianale, agricola o di allevamento, genera scarti di produzione.
Abitualmente questi scarti sono considerati rifiuti e il detentore/produttore, titolare della ditta, deve sobbarcarsi gli oneri di smaltimento, in genere molto onerosi, “sprecando” risorse che influenzano sensibilmente il costo di produzione.
Il decreto 13 ottobre 2016 n. 264, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 38 del 15 febbraio 2017 detta le linee guida al fine di favorire ed agevolare l’utilizzo come sottoprodotti di sostanze ed oggetti che derivano da un processo di produzione, per fare ciò lo scarto deve rispettare specifici criteri, che sono dettati dal suddetto decreto.
Questo è stato emanato per assicurare maggiore uniformità nell’interpretazione e nell’applicazione della definizione di rifiuto, il decreto, quindi definisce alcune modalità con le quali il detentore può dimostrare che sono soddisfatte le condizioni generali di cui all’articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Il D.Lgs 152/2006 all’articolo 184 bis e sue modifiche ed integrazioni (che per questo articolo sono molte) identifica sottoprodotto come quella sostanza o oggetto che soddisfi quattro condizioni:
Queste condizioni sono:
a) PROVENIENZA: la sostanza o l’oggetto è originata da un processo di produzione di cui costituisce parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza o l’oggetto stesso.
questo primo comma specifica che la sostanza o l’oggetto deve provenire da un processo produttivo e non da attività del terziario, inoltre, specifica che il materiale deve provenire dal ciclo produttivo ma non deve essere prodotto del ciclo produttivo stesso, ad esempio può essere considerato sottoprodotto il residuo della molitura delle olive (sansa) ma non l’eventuale olio di scarto che deve essere considerato un rifiuto ed avviato a smaltimento.
b) UTILIZZO: è certo che la sostanza l’oggetto sarà utilizzato nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione utilizzazione, da parte del produttore o di terzi.
è ovvio che se decidi di usufruire della normativa sui sottoprodotti devi avere la certezza dell’utilizzo, in pratica devi sapere già come riutilizzarlo, a differenza del passato il riutilizzo può essere anche successivo e al fatto di fuori del luogo di produzione, inoltre, può essere utilizzato da terzi o anche in parte. In pratica ottenute le autorizzazioni potremo raccogliere la nostra sansa e portarla anche in altro opificio per essere utilizzata.
c) TRATTAMENTO: la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale.
il sottoprodotto non può essere lavorato ma può subire un trattamento industriale per il suo riutilizzo, per normale pratica industriale si intende lavaggio. frantumazione. essiccazione, etc. Quindi la nostra sansa può essere essiccata e trasformata in combustibile per caldaie e può essere venduta a terzi.
d) LEGALITA’: l’ulteriore utilizzo è legale ossia la sostanza l’oggetto soddisfa per l’utilizzo specifico tutti i requisiti pertinenti riguardanti prodotti e la protezione della Salute dell’ambiente e non porterà impatti complessivi negativi sull’ambiente e sulla salute umana.
Ovviamente per essere considerato sottoprodotto uno scarto di produzione non deve arrecare danni all’ambiente e non può essere un rifiuto pericoloso. Quindi la nostra sansa non essendo classificata come sostanza pericolosa può essere considerata un sottoprodotto.
CASI SPECIFICI RICORRENTI
Sansa
Della sansa abbiamo già parlato è un esempio tipico di sottoprodotto perché soddisfa tutte e quattro le caratteristiche dettate dall’Art. 184 BIS del D.Lgs 152/2006 e s.m.i.
Sfabbricidi
la Corte di Cassazione ribadisce che i materiali da demolizione non possono essere compresi nel novero di sottoprodotti perché non derivano da un processo produttivo (sentenza 4002 della Suprema Corte), la sentenza chiarisce che la demolizione di un edificio non è finalizzata alla produzione di alcunché ma solo all’eliminazione dell’edificio, considerato che il primo requisito dell’articolo citato è quello che il materiale deve fare parte di un ciclo produttivo e i materiali di risulta non ne fanno parte.
Prima dell’apertura del cantiere, ai sensi dell’art. 184 TER, occorre quindi dichiarare la volontà di riutilizzare le macerie edili che però sono rifiuti e non sottoprodotti, attraverso un’apposita autorizzazione ambientale per il recupero degli inerti. Senza questa dichiarazione andrebbero conferite in discarica.
Letame
Il letame può essere considerato un sottoprodotto, non ne fanno parte i liquami perche seguono una giurisprudenza differente che riguarda lo scarico nel suolo, la difficoltà della classificazione del letame come sottoprodotto sta nell’identificare il suo successivo riutilizzo che può essere la concimazione, il compostaggio o anche il suo utilizzo per produrre energia.
Rimangono fuori dalla classificazione di sottoprodotto il letame proveniente da circhi, ippodromi, maneggi, canili, etc.. in quanto non sono attività produttive.
Sfalci di Potatura
Anche gli sfalci di potatura possono essere considerati come biomassa destinata alla produzione di energia quindi sottoprodotto.
Trucioli di legno
Sui trucioli di legno il discorso è complesso, infatti, esiste una sentenza della cassazione del tribunale di Asti che ha condannato un falegname perché cedeva i propri scarti sotto compenso, questa sentenza ha indirizzato la giurisprudenza nel classificare questa tipologia di scarti come rifiuto.
A mio personale parere, letta la sentenza, il giudice non intendeva dire che “i trucioli di legno sono un rifiuto e non possono essere classificati come sottoprodotto”, infatti, la condanna è stata inflitta perché il falegname cedeva sotto compenso gli scarti, senza predisporre alcun piano di riutilizzo quindi, in pratica, vendeva i propri rifiuti il che è illegale.
Detto questo a mio parere i trucioli di legno sono da considerarsi a tutti gli effetti un sottoprodotto.
Fresato di Asfalto
Il fresato di asfalto non è un sottoprodotto, lo stesso Decreto del Ministero dell’Ambiente con il Decreto 28 marzo 2018, n. 69, in vigore dal 3 luglio 2018 non classifica il fresato come sottoprodotto ma, bensì, riporta i criteri specifici in presenza dei quali il fresato d’asfalto cessa di essere qualificato come rifiuto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 184-ter del D.L.vo 152/2006. ( e non del 184 bis ).
ITER BUROCRATICO
Per poter utilizzare il proprio scarto come sottoprodotto il produttore e anche l’utilizzatore deve iscriversi ai sensi dell’art.10 del dm 264/16 alla Camere di commercio territorialmente competenti, l’iscrizione è gratuita e l’elenco nasce per favorire lo scambio e la cessione dei sottoprodotti, l’iscrizione è effettuata dal legale rappresentante o da suo delegato presso la Camera di Commercio territorialmente competente, avendo riguardo all’ubicazione dell’Unità produttiva dell’impresa interessata alla produzione o all’utilizzo. l’elenco ha solo finalità conoscitiva. Successivamete si deve necessariamente dimostrare che il proprio scarto e anche il processo a cui viene destinato soddisfa i requisiti dettati dall’art. 184 bis del D,lgs 152/2006.