Lo scorso giugno, in occasione delle amministrative, il risultato delle urne aveva decretato uno scarto minimo tra i due – sui tre candidati in corsa alla carica di primo cittadino, compreso l’ex commissario straordinario, Domenico Mastrolembo Ventura – più votati: Giovanni Battista Meli, a capo della lista “Prima di tutto Collesano” che oggi esprime la maggioranza in consiglio comunale, e Michele Iannello, a capo della lista “Un’altra storia per Collesano” che oggi, compreso lo stesso Iannello, occupa gli scranni dell’opposizione.
Solamente tre, infatti, i voti di differenza: 931 per Meli e 928 per Iannello dopo uno spoglio che, per buona parte della notte tra il 10 e l’11 giugno, sembrava avere sancito anzitempo la vittoria di Iannello, rimasto in testa con margini oscillanti di decine di voti.
Alla luce di quel risultato l’opposizione, contestando alcune espressioni di voto, aveva presentato ricorso elettorale su cui si è pronunciata, in questi giorni, la seconda sezione del Tribunale Amministrativo per la Sicilia, con sede a Palermo, presieduta dal magistrato Anna Pignataro.
In particolare, sei sarebbero i voti contestati, di cui quattro (due a testa per la prima e la seconda sezione) sarebbero stati «asseritamente attribuiti al Meli – recita il testo della sentenza – nonostante l’elettore abbia vergato di pugno il nome ed il cognome dello stesso “in aggiunta al crocesegno posto sul nome stampigliato o sul simbolo della lista”». Soprattutto su questo punto si è soffermata la schermaglia delle posizioni e sul quale il Tar, pur riconoscendo sussistente un certo orientamento giurisprudenziale come richiamato dallo stesso ricorrente, ha deciso di seguire quanto «già statuito di recente dalla Sezione in analoga fattispecie», ritenendo «di dover far propria l’interpretazione della disciplina di riferimento offerta più recentemente dal Giudice d’appello con la sentenza n. 9 del 2018 secondo cui tanto la sottolineatura del cognome del candidato, che la scrittura dello stesso nella sezione riservata alle preferenze, hanno la finalità di “rafforzare” l’espressione del voto – che a questo punto appare inequivoca – in favore del candidato indicato». Pertanto, i quattro voti contestati sarebbero stati correttamente assegnati a Meli. 931 a 928, dunque: gli altri due voti non sono stati più oggetto di attenzione da parte del giudice ammnistrativo dal momento che, anche venendo incontro alle richieste dell’opposizione, nulla avrebbero mutato in termini di risultato finale.
La sentenza, quindi, ha decretato il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato, condannando gli stessi ricorrenti al pagamento di 2.000 euro di spese di giudizio nei confronti del Comune di Collesano. La partita al momento è chiusa, confermando Meli alla guida del comune madonita. L’idea di una possibile impugnazione, comunque, è già al vaglio della stessa opposizione.
«L’esito del ricorso – ha dichiarato Meli – mi spinge ad operare con la consapevolezza che, per i prossimi 5 anni, importanti obiettivi attendono la nostra azione amministrativa. Con questo spirito continuiamo quanto abbiamo già avviato in questi mesi, consapevoli – aggiunge – della nostra responsabilità e dei nostri impegni di programma elettorale che intendiamo rispettare dall’inizio alla fine».
Dal canto suo, Iannello precisa: «Con dispiacere prendo atto della decisione del Tar a mio sfavore. Resto perplesso – continua – sul fatto che dopo più di venti anni sia il Tar che il Cga Sicilia modificano l’interpretazione delle leggi regionali 7 del 1992 e 35 del 1997. Intanto – chiosa Iannello – svolgeremo il nostro ruolo di controllo, contrastando, con forza, qualunque interesse privato che contrasti con l’interesse pubblico e dei cittadini del nostro Comune. Mettiamo da parte il sogno di un gruppo di giovani che volevano rivoluzionare la vita economica e politica del nostro paese e siamo a disposizione per supportare qualunque iniziativa dell’Amministrazione comunale proposta nell’interesse di Collesano».
Antonino Cicero
@AntoninoCicero1