L’autocompostaggio sfrutta il processo biologico di stabilizzazione aerobica con il quale microrganismi e insetti decompongono la frazione organica nella materia organica per nutrirsi ottenendo, come “scarto”, acqua, anidride carbonica, sali minerali e humus.
Parte 1
Il primo articolo pubblicato in questo spazio riguardava i finanziamenti previsti per promuovere la diffusione di pratiche di compostaggio domestico e di comunità.
Il bando, che ancora deve essere pubblicato, riguarderà le concessione di agevolazioni in favore dei Comuni per il sostegno alle attività di autocompostaggio e la realizzazione di impianti di compostaggio domestico. Tutti i Comuni si stanno organizzando perché è un’occasione da non perdere, visto che, come spiegato nel precedente articolo, la raccolta differenziata dell’organico non solo è la più importante perché si va a differenziare la frazione più inquinante dei rifiuti solidi urbani, ma, considerato che la raccolta differenziata dell’organico è costosa e non prevede contributi economici, con l’autocompostaggio si andrà a risparmiare sul 100% dei costi che riguardano la raccolta, il trasporto e lo smaltimento di questo rifiuto.
Per completezza d’informazione è giusto precisare, tranquillizzando gli Amministratori, che anche l’organico differenziato in questo modo viene calcolato nel computo totale della Raccolta Differenziata, il comune deve comunicare alla Regione il dato del peso di organico destinato all’autocompostaggio applicando la formula di seguito riportata.
PS=ΣVCxPSxn
PS= Peso Compostaggio
VC= Volume Totale Compostiere
PS= Peso Specisifico Compost (500 Kg/mc)
n= Numero di svuotamenti (4 con una tempo di maturazione di 90 gg)
L’autocompostaggio sfrutta il processo biologico di stabilizzazione aerobica con il quale microrganismi e insetti decompongono la frazione organica nella materia organica per nutrirsi ottenendo, come “scarto”, acqua, anidride carbonica, sali minerali e humus. Il compostaggio riproduce ciò che accade in natura ma in modo controllato e controllabile veloce.
Questo processo non è un’invenzione degli scienziati moderni ma è un ritorno al passato, quando i nostri nonni erano piccoli, i rifiuti erano pochissimi, quasi inesistenti perché la civiltà contadina non produceva rifiuti: gli animali allevati, i prodotti degli orti e dei campi coltivati, quelli offerti dalla natura, fornivano tutto il cibo necessario per vivere. I rifiuti organici, venivano dati come cibo ai maiali o alle galline, e quelli di scarto, insieme alle deiezioni degli animali, venivano messi in una buca nel campo per ottenere concime che veniva riutilizzato nell’orto.
Oltre ai fattori economici, che possono facilitare gli sgravi sulla TARI, dedicarsi a questa pratica riduce le quantità di organico destinato ai centri di compostaggio che, comunque, è un processo industriale, inoltre, i comuni possono controllare meglio i flussi di questa frazione riducendo anche del 100% lo smaltimento in discarica.
L’humus prodotto dal processo di autocompostaggio non può essere venduto, in quanto la certificazione obbligatoria per la commercializzazione è costosa e, considerato le quantità, sarebbe antieconomico commercializzarlo.
Nonostante ciò l’humus prodotto è più sicuro di quello in commercio, perché privo di qualsiasi elemento estraneo e prodotto dai tuoi rifiuti esso può essere utilizzato per: migliorare la struttura dei suoli e conferire un colore più scuro al terreno per facilitarne il riscaldamento durante l’inverno, migliorare la ritenzione idrica del terreno, aumentare la porosità, favorire l’aerazione, migliorare la permeabilità del suolo e fertilizzare naturalmente il terreno.
Ma cosa mettiamo nella compostiera? Le materie prime per la produzione del compost sono gli scarti organici.
Quindi tutti gli scarti alimentari e di cucina, i cibi scaduti e andati a male le deiezioni di piccoli animali etc..
Ci sono materiali che, pur se di origine organica, non vengono decomposti queste sostanze e non devono mai essere introdotte, un esempio tipico sono i gusci di frutti di mare che sono di aragonite (calcare) che l’organismo secerne ma che non si decompone.
Poi ci sono sostanze che si decompongono lentamente, queste vanno introdotte solo se ridotte a pezzi piccoli parliamo di gusci di frutta secca, di ossa di animale, ed alcuni tipi di foglie (castagno, pioppo, betulla, noce, acacia, magnolia).
Un caso particolare sono le foglie di eucalipto che non si decompongono perché, in quanto specie aliena, in Italia non ci sono batteri in grado di farlo.
Per un buon compost bisognerebbe anche saper introdurre scarti di cibo biologico ed è sconsigliato l’introduzione di piante contaminanti ed erbacce.
Per un buon apporto di carbonio possono invece essere introdotti rifiuti in carta come tovaglioli e sacchetti, anche unti, piante da vaso, fiori e terriccio.
Le lettiere possono essere introdotte solo se l’etichetta riporta chiaramente la dicitura compostabile, si possono introdurre peli, piume e cenere (non di pellet).
In generale, quanto più è vario il materiale che si raccoglie per produrre compost, tanto maggiore saranno le garanzie di un buon risultato finale.
Le tecniche per ottenere un buon compost le spiegheremo nel prossimo articolo.