Giuseppe Antonio Borgese (Polizzi Generosa 1882 – Fiesole 1952) è da considerare tra i più importanti scrittori siciliani (ed europei) della prima metà del Novecento.
Personalità in continua evoluzione intellettuale è stato docente in diverse Università italiane e poi in America dove, in seconde nozze, ha sposato la figlia di Thomas Mann. A ripercorrere pubblicazioni e operatività di ambito letterario e filosofico di questo siciliano poliglotta e cosmopolita occorrerebbero volumi interi e non quanto qui si cercherà di condensare. Evidentemente soccorrono scelte informazioni critico-bibliografiche per quanti – di là dalle ricerche accademiche, che non si sono mai fermate, in Sicilia come nel resto d’Italia e all’estero – abbiano interesse o semplice piacere e curiosità di conoscere l’universo narrativo, poetico, di pensiero e di operatività di questo siciliano di Polizzi Generosa asceso con il proprio ingegno all’attenzione del mondo intero. Giornalista, narratore, germanista, critico letterario, scopritore di talenti, poeta, uno dei momenti, inoltre, su cui si continua a studiare per Borgese è la sua coerente professione di fede antifascista, coerenza coraggiosamente mantenuta a costo di non far ritorno in Italia se non dopo la fine del conflitto mondiale che aveva portato alla caduta del regime.
Ed è un capitolo della vita di questo gigante siciliano dell’arte letteraria e del pensiero, su cui continuano a soffermarsi studi e qualche polemica. Insomma G.A.Borgese rappresenta un volto importante dello spirito geniale siciliano nel tempo e sono altrettanto singolari e avvincenti gli episodi collegati al suo percorso di scrittore e di intellettuale, fino a poter cominciare da aneddoti di banalissima curiosità, come quello che ricorda Salvatore Vullo a proposito dello “Sfoglio”: (…) antichissima specialità dolciaria nata a Polizzi Generosa in provincia di Palermo e diffusa in tutto il comprensorio delle Madonie di cui Polizzi Generosa rappresenta una simbolica capitale(…).(Cfr. in “Di terra e di cibo fra le pagine di L.Sciascia”- Ed. S.Sciascia 2014). O annotare il presagio che esibisce il ventenne universitario a Palermo, discepolo del Cesareo, con il fondare una rivista di letteratura che intitola “La Scintilla”. Due episodi da nulla, ma che hanno un loro significato. Il dolce tipico locale lo “Sfoglio”, che Borgese continuerà a richiedere che gli venga inviato e che i familiari non gli faranno mancare nemmeno quando sarà oltre Oceano, significativa coerenza di stretto legame con la terra che gli aveva dato i natali; la fondazione de La Scintilla occasione altrettanto dimostrativa delle implosioni culturali subliminali del giovanissimo genio creativo, che si sarebbe manifestato negli anni del giornalismo che gli procurerà la prima chiara fama presso Il Mattino di Napoli, La Stampa di Torino e infine con Il Corriere della Sera a Milano.
Frattanto siamo già al respiro universale di un’opera narrativa, ed è Rubé, il romanzo nel quale confluiscono le istanze di innovazione della modulazione linguistica a rinvigorimento del codice di comunicazione nazionale a rendere ancor più corrivi e avvincenti i contenuti sulle crisi esistenziali del personaggio. E il critico militante scopritore di talenti? Un capitolo tutto a parte del Borgese che intercetta in Sicilia il genio letterario di Maria Messina (la scrittrice che sarà, nella seconda metà del Novecento, ripescata da Leonardo Sciascia) e dell’acuto e lungimirante apripista che Borgese si rivela quando scommette nell’indicare nei giovani scrittori del momento quelli che saranno gli emergenti con argomenti importanti da svolgere: Moravia, Piovene, Tozzi. Esempi che debbono essere aggiunti ai meriti di questo siciliano non sempre agevolato dalla fortuna e ingiustamente fustigato da invidie e pettegolezzi di suoi contemporanei illustri, come Prezzolini, quando venuto a conoscenza dell’arrivo in America del Borgese in fuga dal fascismo, di cui aveva rifiutato la tessera in cambio di poter mantenere la cattedra universitaria, non esita ad annotare nel proprio diario (13 dicembre 1931): “Borgese arriverà il 4 con l’intendimento di restare qui (a New York) dei mesi. Che cosa viene a fare? Che cosa vuol combinare?(…) Ho ancora da trovare uno che dica di avere avuto del bene da Borgese” (Cfr. Prezzolini “Diario 1900-1941”, ed. Rusconi1978, a pag. 488). Ancor più feroce Benedetto Croce, che dopo avere approvato ed esaltato Borgese, appena questi evolve la propria coscienza di pensatore in direzione autonoma, diversa da quella romantico liberale predicata, appunto, dal pensatore partenopeo, questi non sa trattenersi, nel suo epistolario con Gentile, dall’ insultare il buon nome e la genialità dell’intellettuale e scrittore siciliano.
Sono le prove di quanto ricorda il proverbio con la metafora dell’albero che tanto più alto diventa tanto più sarà esposto ai venti che ne tormenteranno la cima. Significative intanto le conclusioni cui si orienta l’opinione generale di quanti, in tutto il mondo, continuano a interessarsi sia al Borgese intellettuale e critico sia, e non meno, al grande narratore. E riteniamo eccellente occasione il poter citare una informazione scritta da un noto studioso nostro contemporaneo, oltre che operatore eccellente di cultura in Sicilia, nonché direttore della Fondazione “G.A.Borgese”, Gandolfo Librizzi: “Borgese rimase sempre un battitore libero, un maîtres á penser, ma senza scuola e senza adepti, anche se forte di una sua visione e di una sua preponderante personalità. E questo suo “non schierarsi” non gli fu mai perdonato. Eppure Borgese si schierò, solo diversamente e oggi risiede qui il senso della sua rivoluzione e importanza: riesce a parlare al tempo presente perché le idee da lui professate, fuori dai confini limitati, furono per il suo tempo, semplicemente vere, profetiche e anticipatrici in tanti campi ’’. (Cfr in Prefazione a Il peccato della ragione di G.A.Borgese, a cura di Dario Consoli. Ed. Prova d’Autore 2010) . E ancora lo stesso Gandolfo Librizzi nella sua qualità di direttore della Fondazione Borgese: “(..) posso testimoniare, per esempio, come giungano alla Fondazione notizie e richieste da ogni parte d’Italia e da diverse Università (Parma, Siena, Trento, Palermo, Lovanio) da parte di giovani dottorandi e/o ricercatori che hanno scelto Borgese e la sua opera come ambito di approfondimento per la propria specializzazione universitaria o attività di ricerca” (ibidem).
Abbiamo sforato rispetto alla consuetudine dei nostri Medaglioni, ma qualsiasi studio su Borgese lascerà sempre una parte meno indagata o rinviata a ulteriore impegno. Ed è quello che ci si auspica per questo Autore, che ha lasciato una impronta perenne nella storia della letteratura italiana di autori siciliani. Qui concludiamo citando alcune opere del polivalente genio polizzano, ma è solo la punta emergente della solita raffigurazione dell’iceberg. Citiamo: Rubè , capolavoro, grande opera letteraria italiana di un intellettuale europeo di incisività universale, aggiungendo almeno altro romanzo Le belle . Poi, d’un sol fiato tra opere saggistiche, ancora narrative, poetiche e teatrali, tra cui: Gabriele D’Annunzio; La nuova Germania; Italia e Germania; I Vivi e i morti; Tempo di edificare; Ottocento europeo; Il senso della Letteratura italiana; Golia, marcia del fascismo; La città dell’uomo; Da Dante a Thomas Mann; La città assoluta; Peccato della ragione.
Mario Grasso