Castrense Civello: il futurismo come religione

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Castrense Civello (Bagheria 1909 – 1982) è la personalità geniale che non figura nel nostro recente “Sicilia: Luoghi del genio” per colpa di un satanico pasticcio tipografico, di cui daremo ragguaglio nella prima ristampa che ci si augura sarà realizzata del succitato volume.

Ed è quasi una provvidenziale compensazione questa che giunge tempestiva per poter riprendere quanto (quasi un intero paragrafo) è sparito dalle bozze di stampa per la parte che riguarda il “Poeta per sempre”, l’autore che immaginava eliche a forma di stelle che puntavano a raggiungere le stelle, appunto, l’autore di Vent’anni tra le zagare, che già a quattordici anni aveva innalzato la bandiera futurista di ammiratore di Marinetti, con cui avrebbe poi mantenuto rapporti di cordialissima amicizia. Anna Maria Ruta, che di Civello è tuttavia la più gettonata esegeta che ha studiato la personalità inquadrandone l’opera e le azioni nella temperie epocale densa di quegli stessi stimoli che il poeta professa in termini che si potrebbero definire religiosi, così fa iniziare la densa scheda analitico critica dedicata al geniale futurista di Bagheria: “Piu concreto e organizzatore rispetto al più fantasioso ed istintivo Giardina, più colto anche per la sua frequentazione del Liceo Classico, più narrativo e di più complessa struttura sintattica, anche se meno poeta, Civello aderì più consapevolmente alla tecnica e ai temi del tardo Futurismo, legati a moduli intimistici come in Vent’anni tra le zagare, e non smise mai di battersi per promuovere iniziative, per avere scambi, per interessare a Bagheria e alla Sicilia grosse personalità di artisti, per immetterla in un circuito nazionale.”(Cfr.in Il futurismo in Sicilia, ed. Pungitopo 1991)
In questo giudizio apparentemente sbrigativo c’è invece, in sintesi, la mappa della personalità del Civello. Ed ha una ragione la proposta di confronto con Giacomo Giardina, “che lo andava a trovare all’uscita del Liceo G .Carducci, frequentato anche da Renato Guttuso, per andare insieme a isolarsi in cima a colli solitari per leggere Leopardi, Nietzsche e i simbolisti”(Ibidem). Ed è su questi dati biografici tra l’adolescenza e la prima giovinezza del poeta che va individuata l’indole tendente a una ricerca di spiritualità che tra entusiasmo innato e ottimismo, viene concepita “umanizzazione-deificazione” dell’aeroplano per le vedute che per suo tramite si potevano avere della terra osservata dall’alto. Una frequentazione e immedesimazione che fa di Civello un momento a sé stante del futurismo. Altro che “Il più piccolo e discolo guerriero sovversivo del futurismo isolano” giudizio marinettiano che gli viene attribuito quando aveva appena sedici anni e incontrava personalmente il fondatore del futurismo, con cui già da due anni aveva continuato a intrattenere corrispondenza. Il ragazzo prodigio Civello di Bagheria definito “sovversivo” dal “nonno” Marinetti forse non a caso. Avendo già le idee chiare sul suo adolescente ammiratore e corrispondente, Marinetti non insinuerà a caso l’aggettivo “sovversivo”, cioè potenziale scardinatore delle linee culturali dello stesso futurismo. Ed è qui un momento in cui sarà lecito intercettare lo spirito del siciliano geniale e combattivo, persino imprevedibile proprio perché “inventore”.
La messe di articoli sparsi su giornali e periodici non basterà per completare ulteriormente la panoramica della figura di Castrense Civello, ed è forse venuto il momento di studiare aspetti su cui, che a noi risulti, non sono stati sufficientemente indagati in occasioni di esaltanti e benemeriti convegni di studio, o altri eventi collegati con momenti di ricerche scientifiche  sulla figura e le opere del futurista bagherese. Intendiamo quel passaggio che, come uno scrimolo storico, segna l’inizio di una nuova epoca politica e civile dell’Italia, come della stessa Sicilia più che altrove. Una vera e propria “mutazione” che rinnega (non Castrense Civello che rimane con le proprie idee e i propri voli) il recente passato di “Cuori e motori contro l’immensità” e ripudia la stessa istituzionalità costituzionale del Paese, transitando attraverso il voto, dalla Monarchia alla Repubblica. Un trauma epocale che, tra i voltagabbana e gli ipocriti di sempre, inquadra la vita culturale sul binario della stagione neorealista del cinema, della letteratura e delle arti figurative. Ladri di biciclette è stato uno degli elementi chiavi, e di più lo sarà, ancora con il cinema Umberto D (soggetto di Zavattini e regia di De Sica)  e con la sopravvenuta valanga di letteratura sulla Resistenza, un tutt’uno che riprende la linea inaugurata già negli anni 1930 con Gli indifferenti di Alberto Moravia e nel 34 con Tre operai di Carlo Bernari. Un mondo nuovo totalmente diverso rispetto ai voli del Futurismo e dei futuristi, volo  che coprirà di esagerato oblio per motivi ideologici scrittori fascisti come lo era stato, nella Palermo degli anni Trenta, un intellettuale e narratore di prim’ordine, Giuseppe Maggiore, autore tra l’altro del romanzo Sette e mezzo, rifiutato dalla coscienza politica che tendeva a prediligere la valutazione del Maggiore, già rettore dell’Università di Palermo, firmatario del mussoliniano libello razzista contro gli ebrei.
Ma perché evochiamo fatti e persone di un mondo estraneo al Civello, mite e ottimista cultore e modello di sincerità che rasenta il fanatismo religioso, quando personalizza il rombo dei motori e la devozione per le eliche che consentivano all’uomo di percorrere e segnare virtuali percorsi nel cielo? Lo azzardiamo proprio come ammiratori di quello stesso Civello che, a un certo momento rinuncia alla possibilità di continuare con l’impegno di dare significati letterari, giornalistici (o politici) ai suoi principi innati di entusiastici ottimismi. E forse riscopre in sé stesso la più forte coscienza, quella dello stimolo interiore verso il mistero  non più frutto della tecnologia d’avanguardia e le conquiste scientifiche progressiste propiziate dall’ingegno umano, bensi all’altro mistero quello che diremmo caro al filosofo cristiano Henry Millon de Montherlant.
Civello conclude in coerenza la sua vita e il suo impegno di poeta e di stimolatore di ricerche in direzione delle nuove frontiere della mente, dedicandosi all’aspetto religioso non più in direzione delle conquiste umane ma in direzione che definiremo manzoniana di riflessione sulla entità spirituale esclusivamente individuata nella condizione cristiana del “Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola”.
Non pretendiamo di proporre alcuna via della verità, solo un auspicio a favore di una ricerca che dopo aver  continuato  a prendere atto dei valori del percorso del “Poeta per sempre”, si dedichi a un nuovo capitolo (finora poco esplorato,  comunque inedito), quello del Civello della seconda parte e fino a quella finale della vita, che iniziata da “adolescente prodigioso uomo maturo”, si è poi conclusa tra aure di candide istanze adolescenziali di aura cristiana, mantenendo così immutato il singolare modello di impeto religioso innato.
Mario Grasso

1 COMMENT

  1. Che dire di questa scheda su Castrense Civello se non ” Grazie Mario Grasso”.
    La scheda pur nel limitato spazio di un articolo, ci restituisce l’ immagine del poeta, a tutto tondo, arricchendo quella voglia di saperne di più, sviata lungo il nostro percorso, da figure più ridondanti. Non si può fare a meno di condividere

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