Ciminna, Don Santo Gigante: sacerdote teologo, storico e artista

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Don Santo Gigante (Ciminna 1600 – 1673) è stato un’autorità ecclesiastica che lungo la propria vita, spesa come missione religiosa oltre che quasi totalmente dedicata alla ricerca di documenti e testimonianze storiche,

specialmente di fede cristiana, si è meritato le attenzioni che si debbono agli intellettuali che si sono occupati della vita e dei costumi del proprio territorio. Se noi adesso osserviamo quale insieme di preziosi documenti riferiti agli anni tra l’ultima metà del Cinquecento e tre quarti del Seicento, disponiamo da poter consultare, riguardanti Ciminna e il suo contado, scopriamo che molto si deve proprio alla versatile sensibilità di storico di Don Santo Gigante.
Discorso a parte dovrà essere svolto a proposito dello stesso don Santo miniaturista, specializzazione per la quale gli viene ancora riconosciuto un posto di rilievo nella storia dell’arte del settore dell’adornare con complementarità artistiche i capoversi della grafica, tenendo conto dell’epoca e della consuetudine di fregiare persino le più semplici occasioni come potevano essere   lettere personali, pergamene con attestati, diplomi, oltre a vere e proprie opere impegnative in tela o murali. Su tali pregevoli occasioni geniali e di settoriale perizia tecnica  troviamo esaustive informazioni in una ricerca del Ciccarelli. (Cfr. Ciccarelli, Miniature inedite di Santo Gigante, in  Theologos.Cultura cristiana di Sicilia,VI (1979), 22, pp. 35-40.
Nato da genitori possidenti e di agiate condizioni economiche, il futuro vicario foraneo della Chiesa madre di Ciminna, miniaturista, storico, curatore e conservatore di beni artistici esistenti nel proprio territorio, aveva due fratelli, che a loro volta ricoprivano altrettanti posti rilevanti nella cerchia degli intellettuali e professionisti del tempo. Sappiamo infatti che il fratello Vincenzo si era abilitato a Salerno negli studi di medicina e chirurgia e di altro fratello conosciuto come responsabile con cariche di rilevante importanza. Notizie che sono state confermate sia dagli studi del Mongitore in Bibliotheca Sicula, sive De scriptoribus Siculis, Palermo,1774, sia dal Graziano in Ciminna, memorie e documenti (1911). Particolare, quest’ultimo che ci conferma, dopo quattro secoli, il persistente valore da attribuire alla operosità di don Santo Gigante, quasi a una personalità che reca nel proprio patronimico “Gigante” un segnale che l’avrebbe destinato a eccellere in stature di geniali operosità nella vita di relazione del proprio territorio e della propria epoca.
Noi abbiamo puntato a trovare nelle ricerche storiche del Gigante sia quanto egli stesso aveva eletto a proprio lavoro di cronista-storico, sia certa poliedrica versatilità di artista della miniatura. E abbiamo tenuto in dovuto rilievo il rapporto costante dell’artista e dello storico con la fede religiosa e quanto per essa non ha smesso di operare da Vicario foraneo esaltando attraverso i resoconti delle due sue principali opere di cui abbiamo possibilità di fruire, particolari di usi e di devozioni popolari epocali locali.
L’attività che definiremo tra letteraria e cronistico-storica per memoria dei fatti rilevanti di Ciminna e del suo territorio, segnatamente dei miracoli di un Crocifisso della chiesa di cui don Santo Gigante era parroco e vicario foraneo, secondo lo studio del Mongitore ha cominciato a essere nota sin dagli inizi del Settecento a distanza di una quarantennio dalla morte, mentre si deve alle ricerche dello storico ciminnese Vito Graziano la pubblicazione e il commento delle medesime opere due secoli e passa dopo. Inoltre per quella artistica delle miniature si può dire che è stata riscoperta a opera dei ricercatori e storici Meli e Anzelmo, anche questa volta a inizio della seconda metà del scolo scorso.
Dottore in sacra teologia e vicario foraneo di Ciminna, don Santo Gigante fu dunque, come tale, ricordato nel 1714 dal Mongitore che prese a interessarsi  del medesimo quale autore della Relazione della vita, e felice morte di suor Elisabetta Treppiedi di Ciminna , opera che era stata pubblicata nel 1675 a distanza di pochi anni dalla morte dell’autore. Inoltre lo stesso Mongitore segnalava come di precipuo interesse per la storia di Ciminna, tra usanze e fatti avvenutivi durante il vicariato dello stesso don Santo Gigante, le cronache della  Historia della miracolosa immagine del Ss. Crocifisso di Ciminna. Opera che verrà poi edita  a cura di F. Meli, Palermo nel 1950.
Riportiamo il lucido e didascalico proemio alla relazione che don Santo Gigante ha scritto: “Si è compiaciuta Sua Divina Maestà nel presente anno 1651 in questa Terra  di Ciminna, mostrare segni più evidenti della infinita Sua Misericordia con l’abondanza delle sue grazie e Miracoli, operati in beneficio dè peccatori. E questo per mezzo la Veneranda Imagine del Santissimo Crocifisso,che si conserva nella Venerabile Chiesa, e Confraternita di San Giovanni Battista di essa Terra. Ond’io conoscendomi grandemente obligato, si per l’officio che tengo indegnamente, come per altro per non essere ingrato ai beneficij ricevuti,e per dar materia agli altri di lodare la Divina Onnipotenza, ho raccolto brevemente quanto è passato, facendone quasi in schizzo la prima abbozzatura onde possino li Scrittori Divoti ridurre il tutto a miglior forma e con felice stile descrivere le meraviglie di Dio, nel cui Santo Nome dò principio, a maggior sua gloria.”
Ed ecco che “li Scrittori Divoti” viene il momento in cui si faranno vivi e operosi con le ricerche dello storico di Ciminna Vito Graziano (Sul Graziano vedasi Medaglione in questa rubrica) di cui riportiamo uno stralcio dell’opera: “Nella chiesa di S. Giovanni Battista si venera un Crocifisso di legno alto tre palmi e mezzo e di colorito molto oscuro. Il popolo ha per esso una grande devozione e nell’ entusiasmo del suo culto ha creato una leggenda. Secondo questa, il detto Crocifisso fu scolpito da S. Luca, ma come e quando sia qua pervenuto nessuno sa dirlo, finché nel secolo XVII si ritrovò nella sacrestia dell’antico oratorio di S. Giovanni Battista per uso di accompagnare i morti. Or nel 1623 certo Bartolo Caiazza, uomo di cattiva fama, fu di notte tempo barbaramente ucciso con un colpo di fucile. La mattina seguente si raccolsero intorno al suo domicilio le confraternite, i religiosi e il clero cori le proprie insegne, fra le quali il detto Crocifisso. Ma avviata la processione, il giovane che portava la detta immagine non potè sollevarla dal suolo, né staccarla dal muro, finché il cadavere fu trasportato in chiesa e seppellito. Allora potè prenderla facilmente e riportarla nell’oratorio di S. Giovanni Battista, con grande meraviglia di quanti seppero tal fatto. D’allora in poi la detta immagine non fu portata più per le strade, e nel 1651 la devozione era tanto accresciuta che si pensò di venerarla in modo particolare. Raccolte alcune elemosine, il giorno 5 maggio si cominciò a chiamare il popolo con le campane, e nel detto giorno furono da Dio operati molti prodigi che sono descritti in una Historia della miraculosa Immagine del SS. Crocifisso di Ciminna, scritta nel detto anno dal dottore in sacra teologia Don Santo Gigante (Ciminna 1601 – 1673), vicario foraneo. Poi chiesta e ottenuta la licenza dell’ arcivescovo di Palermo D. Martino Di Leone e Cardenas, il 14 dello stesso mese fu celebrata la prima festa solenne con grande concorso di forestieri. Allora si sentì il bisogno di costruire una chiesa, che fu cominciata a fabbricare nello stesso sito ove sorgeva il detto oratorio e nei locali adiacenti posseduti dalla confraternita di S. Giovanni Battista. I mezzi necessari furono apprestati da tutto il popolo con oblazioni volontarie e con lavori personali, e fra tutti si distinse il barone D. Filippo Ciminna. Ma con l’andar del tempo il fervore del popolo si intiepidì e si riaccese dopo per un fatto raccontato in una Inflazione della Venerabile Immagine del SS. Crocifisso, che si conserva nella chiesa di S. Giovanni Battista in Ciminna, anch’ essa manoscritta ed attribuita per tradizione al dottore in sacra teologia D. Filippo Cascio. Nel tempo in cui si costruiva la nuova chiesa, la sacra immagine fu collocata in una cappella della Madrice. Or il rev. sac. D. Benedetto Liccio trovandosi nel 1709 cappellano notturno e passando una notte, alle ore tre nella chiesa per pregare al solito la detta immagine, nel prostrarsi vide la con gli occhi aperti e, quel che è più meraviglioso, sentì dirle che andasse a riferire ai rettori della fabbrica che voleva terminata la sua chiesa. A quella vista e a quelle parole il Liccio rimase tanto sbigottito, che, riferita l’ambasciata e ammalatesi per lo spavento, dopo pochi giorni morì il 29 ottobre dello stesso anno. Allora si ripresero i lavori e fu terminata subito la chiesa, come risulta dalla lapide esistente sopra la porta maggiore. Nella costruzione della chiesa ha pure parte la leggenda. Presso i bagni termali di Cefalà Diana vi era un fondaco, che serviva di riposo e ristoro ai passeggieri. Una notte il Signore e i dodici apostoli, non conosciuti, si presentarono al proprietario del fondaco e gli consegnarono dodici barili con l’ordine di non consegnarli ad alcuno, sotto pena di morte. La notte seguente ritornarono in quel luogo e mentre erano ivi passò la salmeria del barone Ciminna, proveniente da Palermo, dove era andata a portare del frumento. Allora staccarono sei muli, lasciando solamente quello cavalcato dal mulattiere, il quale dormendo continuò il viaggio verso Ciminna. Ivi giunto la stessa notte si accorse del fatto e ne diede subito avviso al padrone e alla giustizia , e mentre stava per far ritorno in cerca dei muli, questi senza alcuna guida giunsero carichi con dodici barili che furono scaricati. Sopra ciascun barile si trovò la seguente scritta : denaro per fabbricare la chiesa di S. Giovanni Battista. Allora il barone Ciminna, narrato il fatto meraviglioso, iniziò subito la fabbrica. Corre anche nel popolo un’altra leggenda sull’origine della detta chiesa. Si racconta che il Crocifisso apparve in sogno ad alcune persone di santa vita e disse loro che voleva fabbricata la chiesa di S. Giovanni Battista, promettendo che egli stesso avrebbe lavorato nella fabbrica. E, si crede infatti dal popolo che quando si costruiva là detta chiesa vi erano addetti dodici operai e altrettanti erano pagati, ma al lavoro erano sempre tredici e il tredicesimo era quello che eseguiva le cose più difficili, dava dei consigli e collocò con precisione le colonne della chiesa. Oltre all’aiuto personale, il Crocifisso ne diede altri, poiché si vedevano spesso giungere da soli animali carichi di materiale, come pietre, gesso, ecc. Ma la leggenda più commovente, che si racconta intorno alla detta chiesa è quella della vecchia Sofia o Fosia. Essa era una povera donna, che abitava una casetta contigua all’antico oratorio di S. Giovanni Battista e viveva miseramente. Ma vedendo che la sua casa era necessaria per ingrandire la nuova chiesa, la donò ai rettori di essa, e nella cosidetta sacrestia vecchia esistono tuttora le tracce della sua abitazione, cioè una credenza in muratura e un piccolo sostegno in pietra per mettervi la lucerna. Oltre a ciò essa comprava ogni giorno un mazzo d’insalata nell’orto della Fontanella e lo dava ai buoi del barone Ciminna, che portavano il materiale di costruzione e i pezzi delle colonne da Chiarastella. Allora riprendevano vigore e ripartivano presto pel nuovo carico, onde nacque il motto: la vecchia Sofia fici ‘n tempiu c’un mazzu d’inzalata. Finita la costruzione della chiesa, il Crocifisso fu condotto in essa, ove tuttora si venera in una nicchia della tribuna maggiore. Ogni anno se ne celebra la festa in modo solenne nel mese di maggio. (…)Cfr. Vito Graziano – Op.Cit.
Non sono da trascurare le miniature e i disegni di don Santo Gigante, materia su cui troviamo ampie testimonianze bibliografiche, dopo la riscoperta di esse a opera del Meli. E di queste citiamo proprio da F. Meli: Un singolare miniaturista d’occasione: don Santo Gigante, Palermo 1950; A. Daneu Lattanzi, Lineamenti di storia della miniatura in Sicilia, Firenze 1966, p. 93; F. Meli, La matrice di Ciminna, in Scritti in onore di S. Caronia, Palermo 1966, pp. 155 s. Inoltre per quanti interessati ad altri confronti bibliografici riportiamo: D. Ciccarelli, Miniature inedite di Santo Gigante, in O Theologos. Cultura cristiana di Sicilia, VI (1979), 22, pp. 35-40; A. Anzelmo, Ciminna. Materiali di storia tra il XVI e il XVII sec., Ciminna 1990, pp. 120, 126-128, 157-162; V. Abbate, in L. Sarullo Dizionario degli artisti siciliani, II, Palermo 1993, pp. 232 s.; G. Bongiovanni, in Le confraternite dell’arcidiocesi di Palermo. Storia e arte, a cura di M.C. Di Natale, Palermo 1993, pp. 154 s.; A. Anzelmo, Omaggio alla matrice di Ciminna, Ciminna 1998, pp. 21-24, 51, 59.
Mario Grasso