Sequestrati oltre 58.000 chilogrammi di pellet. Incerta la provenienza della merce

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Funzionari dell’Agenzia delle Dogane congiuntamente con i finanzieri hanno individuato due semirimorchi provenienti dalla Tunisia, carichi di sacchetti di Pellet, sprovvisti di qualsivoglia indicazione circa la provenienza estera del prodotto, destinati ad una nota società di distribuzione romana.

Riscontrata preliminarmente la corrisponnza della merce con la documentazione commerciale esibita, l’attenzione dei funzionari della dogana e dei militari della Guardia di Finanza di palermo si focalizzava sulla verifica delle indicazioni impresse nelle confezioni del pellet e proprio da quest’ultimo approfondimento emergeva  che, ad eccezione del marchio e della società distributrice del prodotto, i sacchetti destinati alla commercializzazione non riportavano il benché minimo riferimento a  indicazioni precise ed evidenti circa l’origine e la provenienza estera della merce, ovvero di ogni altra indicazione idonea ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine del prodotto.
Inoltre, veniva constatato che la dichiarazione doganale di importazione era priva di attestazione, ex art. 4 comma 49-bis Legge 350/2003, resa da parte del titolare o licenziatario del marchio, che riportasse l’impegno a fornire le informazioni, a sua cura, in fase di commercializzazione del prodotto sulla effettiva origine estera dello stesso.
Il controllo doganale si concludeva con il sequestro amministrativo di 3.920 confezioni di pellet da kg. 15 cadauno, pari a complessivi chilogrammi 58.800, e la contestazione della violazione amministrativa, per fallace indicazione di origine, punita con sanzione da euro 10.000,00 a euro 250.000,00, a carico della società importatrice.
Ancora una volta, la sinergia tra le due Amministrazioni ha elevato la qualità dei controlli e, conseguentemente, garantito una maggior tutela del mercato di riferimento, a presidio della trasparente e lecita circolazione dei beni e delle merci nel territorio italiano, oltre che a salvaguardia dei diritti consumatore finale, con riferimento alla tracciabilità dei prodotti acquistati e del Made in Italy.