Antonio Pizzuto: da questore a romanziere dimenticato

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Dovrebbe essere tra i romanzieri più celebrati l’ex questore-scrittore Antonio Pizzuto (Palermo 1893 – Roma 1976) ma la sorte pare gli abbia assegnato la medesima fortuna del suo maestro Cosimo Guastella(*).

Dopo una fiammata di ricordi e qualche celebrazione negli anni seguiti alla sua scomparsa è stato un progressivo calare di sipari di silenzio sulle opere di questi singolare narratore che ha modellato un codice linguistico “pizzutiano”. Anomalo  fenomeno, anche se tutt’altro che nuovo, ma stupisce il fenomeno dell’oblio per Pizzuto perché dimostra come l’autorità di Gianfranco Contini non sia bastata a stimolare, dopo la morte dello scrittore, quanto di più conveniente per la conoscenza e lo studio adeguato ai meriti di originalità di scrittura delle sue opere edite. Opere recensite dai maggiori critici tra gli anni1950 e fine secolo e sui più importanti organi di stampa, dall’Avanti! che nella immediatezza della scomparsa ne ha celebrato il ricordo con interventi di Angelo Guglielmi, Luigi Malerba, Walter Pedullà e Cesare Segre (Cfr.Avanti! del 28 novembre 1976). Ricordo che era stato preceduto da un commosso intervento dell’autorevole Gianfranco Contini su la Repubblica del 26 novembre 1976.
Sia chiaro, come qui precisato, oltre ai suddetti  non c’era stato difetto di interventi da parte della più qualificata critica, da Ruggero Jacobbi a Giuliano Gramigna a F. Virdia (quest’ultimo su La Fiera Letteraria), un continuum di analisi sulla originalità, della scrittura pizzutiana. E altrettanti interventi si posso trovare fuori dal precario dei giornali, nei compendi di Storia della Letteratura italiana di Giuliano Manacorda, di G. A. Peritore ne I Contemporanei edito da Marzorati, del già citato Guaglielmi in Vero e falso (Feltrinelli 1968). A parte il successo di critica riscosso dalle opere di Pizzuto nel presso i cugini d’Oltralpe. Tutto questo però sembra essersi fermato negli ultimi anni fino ai nostri giorni.
Nel nostro piccolo continuiamo a proporre come exergo di Lunarionuovo il titolo “Si riparano bambole” (Cfr. www.lunarionovo.it), scelta che ci ha dato una esperienza che ha dell’incredibile: nel settembre 2017 riceviamo una telefonata di una insegnante catanese che chiede un appuntamento per poter portare una bambola della  propria figlia,  bambola che aveva subito il guasto del congegno che la rendeva parlante. Pensammo dapprima a uno scherzo ma facendo parlare la signora capimmo che era una richiesta seria. Decidemmo di assecondare la richiesta dandole regolare appuntamento al fine di far conoscere alla interlocutrice, che si era qualificata insegnante nelle elementari, il perché di quella dedica  per una rassegna mensile di letteratura. E la signora, puntualissima, è venuta a trovarci con la bambola da riparare e la figlia, stupìte di trovare una redazione e una Casa editrice di libri e non il laboratorio artigiano specializzato in riparazione di bambole, ma grata infine per la lezione che avevano simpaticamente appreso su un grande scrittore, intellettuale e artista siciliano e il titolo di una delle sue tante opere letterarie . Una  occasione per spiegare e anche consegnare un omaggio del libro intitolato al riparare bambole di Antonio Pizzuto. Una circostanza per noi indimenticabile e si spera altrettanto per la mite insegnante e l’adolescente figlia..
La originalità e la novità insieme degli scritti pizzutiani è stata trattata per cenni, e non sempre esaustivamente, questo è vero, come ha annotato Paola Peretti nel suo libro-intervista pubblicato a due anni di distanza dalla morte dello scrittore: (Cfr. Pizzuto parla di Pizzuto, ed. Lerici 1978). Annota infatti la studiosa a margine dell’elenco delle opere edite di Pizzuto: “I commenti critici ai romanzi di Pizzuto raramente sono andati oltre la rapida disanima consentita a un articolista dallo spazio limitato delle colonne di un giornale: effetto abbastanza sintomatico di un atteggiamento culturale molto diffuso, per cui sembrava ci si interessasse a uno scrittore in modo inversamente proporzionale alla complessità del suo discorso narrativo”. Questo si, aggiungiamo noi a distanza di quaranta e passa anni, ma ha e avrà continuo valore il “peso” di chi firmava quegli interventi, perché non erano certamente cronisti di provincia i vari Giuliano Gramigna o Ferdinando Virdia e fino a Walter Pedullà, Angelo Guglielmi, Luigi Malerba e Cesare Segre. A parte e a sé stante l’autorità di Contini che di Pizzuto è stato amico in quanto convinto estimatore delle opere.
Un episodio che ci è capitato di ripetere nel corso di qualche nostro intervento su Pizzuto, è quello di Ravenna. Libro di cui si era venduta solo una copia a Napoli. Fatto che incuriosì l’editore Lerici fino a fargli decidere di rintracciare la libreria della capitale partenopea dove risultava avvenuta la vendita, e chiedere al libraio di soddisfargli la curiosità di sapere chi aveva acquistato quella copia, unica venduta in tutta Italia. E quale non fu sorpresa al momento di apprendere che l’acquirente era stato l’Ente turismo di Napoli, che aveva dedotto dal titolo si trattasse di una guida della città romagnola. Errore di cui una volta accertata l’entità aveva indotto l’Ente a restituire il volume al libraio!
Anche i libri hanno un loro destino! Così il detto latino che qui ripetiamo nella nostra lingua di comunicazione nazionale. Quindi anche gli scrittori. E tutti, come con elegante metafora definitiva, anche stavolta d’origine latina ma frequentata dalla contemporaneità del dialetto siciliano: “Ogni pisci di lu mari è distinatu a cu si l’ha’ mangiari”.  Forse tra gli auspici che il presente Medaglione per Antonio Pizzuto propone potrebbe aver fortuna quello di sempre nuovi studi su questo Autore tutto da indagare nel codice linguistico sintattico-grammaticale tutto “pizzutiano” un augurio che viene spontaneo destinare a un momento culturale di riscoperta del “Maestro” Cosmo Guastella degli anni universitari della seconda laurea di Antonio Pizzuto, quella in Filosofia, dopo la prima in Giurisprudenza;  laurea quest’ultima che gli aveva agevolato il concorso a vicequestore e poi la carriera fino a Questore e altri importanti incarichi di carattere internazionale e poliziesco, prima del ritiro da pensionato, nel 1950, e l’inizio (proseguimento) di altra carriera, quella di scrittore.
Gli studi filosofici  al futuro narratore e saggista  erano stati stimolati dalla presenza nell’Università di Palermo nella facoltà, appunto, della storia del Pensiero, del genio di Cosmo Guastella.  Su cui ha scritto  la ricercatrice qui prima citata, Paola Perretti. “Senza Cosmo Guastella  Antonio Pizzuto probabilmente non avrebbe fatto il viaggio che l’ha portato così lontano da tutti i viandanti che imbrogliavano con i libri in cui A non era più A da molto tempo ma che per questo inganno si consumavano meglio per complicità di libretto rassicurante e di musica orecchiabile. (…). Una voce di innovatore e di teorico di tutta una linea di pensiero, di cui si sono obliate le tracce. Non sarebbe idea peregrina unire le due figure del genio siciliano panormita per qualche settimana di studi che ne agevoli il rivisitarne personalità e opere, fosse solo per  ribadire quanto non ha smesso e non smette la Sicilia di proporre in geni delle arti e del pensiero alla universale civiltà e sue nuove frontiere.
Concludiamo con una risposta che Pizzuto dà alla intervistatrice e con un breve stralcio di nota critica scritta da Gianfranco Contini.
Dice Pizzuto alla Perretti: “Tu nelle mie pagine due volte ripetuta la stessa parola non la trovi, neanche “in”, neanche una preposizione. Se c’è un “sul” o un “del”, tu non li trovi più in tutta la pagina”.  Ed ecco Gianfranco Contini: “Ciò che stacca Pizzuto da ogni altro autore non è un semplice stilema (o sistema di stilemi) poi grammaticalizzato, bensì un insieme di caratteri quali quelli che nella tipologia linguistica contraddistinguono lingua da lingua, nel caso presente  l’italiano dalle indoeuropee arcaiche, latino o greco o magari russo (per l’assenza della copula), ma anche le lingue occidentali dal cinese  dove cede la distinzione di nome e verbo), dall’eschimese, dal tibetano (dove i verbi sono sempre coniugati in forma passiva  e il soggetto è allo strumentale). Per l’ellissi in molti tipi, per l’infinito storico, per la sorta di ablativi assoluti, per le concordanze rivelate da tenui distinzioni desinenziali più adatti a una lingua con casi, è certo che le matrici di Pizzuto sono state il greco di Platone , il latino di Tacito, portati tuttavia all’iperbole, cioè oltre la frontiera riconosciuta all’indeuropeo. (…)”
Opere di Antonio Pizzuto: Sul ponte di Avignone (1938); Signorina Rosina (1956, 1959); Si riparano bambole , Ravenna  (1962) ; Il triciclo (1962) ; Paginette (1964) ; Sinfonia (1966) ; Natalizia (1966) ; La bicicletta (1966) ; Vezzolanica (1967) ; Nuove paginette (1967) ; Testamento (1969) ; Pagelle I (1973); Pagelle II  (1975); Giunte e virgole (1975) – prima pagella eponima; Ultime e penultime (postuma), 1978; Giunte e virgole (postuma), 1996, opera completa; Rapin e Rapier (postuma), 1998 Così (postuma), 1998; Spegnere le caldaie (postuma), 1999; Narrare (postuma), 1999; Sinfonia 1923 (postuma), 2005; Giunte e Caldaie (postuma), 2008; Sinfonia (1927) (postuma), 2010.
Mario Grasso
(*) Su Cosmo Guastella si veda tra i Medaglioni pubblicati su Esperonews, quello dedicato alla figura e le opere del pensatore.

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