Girolamo Ragusa Moleti (Palermo 1851 – 1917) viene dai suoi biografi descritto come personaggio irrequieto fin dall’adolescenza, pare che solo dopo i sedici anni e dietro l’interessamento di uno degli zii,
abbia cominciato a studiare con metodo fino ad acquisire conoscenze delle letterature straniere, di cui era particolarmente curioso. Specialmente lo studio di autori francesi come Zola e poi Baudelaire di cui, come vedremo, ha tradotto le opere. Autore di romanzi racconti brevi e molte poesie, la sua aspirazione costante è stata quella di potersi qualificare pensatore. Lo apprendiamo da una lettera del novembre 1897 a Giovanni Verga nella quale il già in età matura studioso scrive: “(…) non smetterò mai di studiare i filosofi, perché intendo formarmi una coscienza di umorista, una coscienza che abbia il diritto di stimar frivole molte idee tenute serie al proprio tempo, è tal cosa che spaura anche i più forti (…)”
Nato da genitori benestanti, il padre capitano degli agenti di sorveglianza daziaria di Palermo e la madre figlia del conte di Adidi, forse per la facilità nel disporre di autonomia economica, poteva permettersi di gestire comportamenti anche bizzarri. Solo dopo i venticinque anni lo troveremo descritto come dedito esclusivamente a ricerche scientifiche e a traduzioni, specialmente dal francese di cui era perfetto conoscitore grazie agli studi sia delle lingue dei classici greci e latini sia di quelle europee, specialmente del francese, studi che gli aveva continuato a suggerire uno zio consapevole delle facoltà e delle potenzialità del giovane Girolamo (o Gerolamo). L’animoso Gerolamo era Cugino di Federerico Pipitone, insieme a cui nel 1883 fondò la rivista Il Momento che costituirà uno degli strumenti letterari che gli avrebbe agevolato corrispondenze e amicizie con studiosi e scrittori siciliani e della Penisola. Invero non sarà solo la rivista gestita con il cugino Pipitone a ospitare studi, traduzioni dal francese e saggi sul realismo, di cui fu vessillifero nei suoi scritti giornalistici e in alcuni tra i suoi saggi. Tuttavia terremo presente che accanto all’interesse per la linea del verismo, Ragusa Moleti si è dimostrato un ammiratore e cultore di Baudelaire, di cui tradusse i Poemetti in prosa per primo in Italia.
La scelta di tradurre dal francese opere di Zola e subito dopo di Baudelaire gli farà guadagnare un giudizio definitorio di Benedetto Croce: “Ribelle dei ribelli”, sicuramente adatto all’indole di chi fino all’età di diciotto anni veniva giudicato tra gli scapestrati della città. Giudizio presto ammorbidito per le ovvie e evidenti scelte concrete ed esiti di studi seri del Ragusa Moleti divenuto portatore di “Un soffio iconoclastico di violenta rivolta contro i mali del mondo”. E questo anche se, come ha scritto Aurora Rainieri in “Volti e Pagine di Sicilia (Cfr. ed.Prova d’Autore, Catania 2001): “(…)la polemica sociale gli fa descrivere i ricchi in modo ridicolo, e a considerare con simpatia i ceti inferiori, tuttavia lo scrittore palermitano non giunge mai posizioni estreme, potendosi ritenere sicuramente un progressista moderato. Inoltre, certe considerazioni ci fanno ritenere come egli non sia tanto contrario alla dottrina cristiana, quanto all’uso che di tale dottrina fanno gli uomini. (,,,).
Evidentemente rimaneva qualcosa di acquisito tra infanzia e prima adolescenza tra educazione cattolica e influenza della società nella quale era inserita la famiglia patrizia della madre (e il potere del padre che per la sua carica poteva disporre di non poche influenze) segni persistenti nel segreto subliminale dello studioso, del poeta e narratore nonché brillante traduttore dal francese. Dato importante quest’ultimo impegno, che ce lo farà segnalare nei momenti in cui ricorriamo a esaltare certa politica culturale che segnerà inclinazioni di intellettuali e scrittori palermitani del primo Novecento e fino a quanto sarà dimostrato da Leonardo Sciascia nella seconda parte dello stesso scolo, sia per la sua linea volteriana sia per le sue frequentazioni con personalità della cultura francese contemporanea con le frequenti soste nella capitale francese e le traduzioni in Francia delle sue opere. Ma questo è altro discorso.
La citata qualifica data da Benedetto Croce per Ragusa Moleti si riferiva alle scelte di campo dell’intellettuale, che mantenendosi distante dalle possibilità che qualche privilegio di famiglia gli avrebbe potuto procurare, aveva optato per la realizzazione della propria indole di curioso e di impetuoso contestatore e innovatore. Quindi non tanto e non solo la predilezione della linea verista, in stretto omaggio e adesione all’avanguardia letteraria francese e non a caso alla preferenza per l’Autore del Je accuse, di cui venne sbandierata la foto nel secondo numero de Il Momento, ma anche e soprattutto l’azzardo, per quegli anni, di tradurre opere del “Poeta maledetto” Charles Baudelaire. Ed ecco il giovane “scapestrato” che a sedici anni veniva considerato tale dalla “società bene” palermitana, maturato al punto di poter essere additato ai posteri come precursore. Il resto si legge ancora oggi nelle sue ricerche scientifiche, nei suoi articoli pubblicati su varie e importanti riviste dell’epoca, come nelle sue corrispondenze con intellettuali della Penisola e di Oltralpe
Elenchiamo di seguito le opere letterarie del Ragusa Moleti, che si possono consultare nelle biblioteche, alcune delle quali ristampate, altre edite “alla macchia”a cura dello stesso autore. Un complesso di interessi non sempre eccellente dal punto di vista letterario eppure molto significative al momento di attingervi elementi utili a chi si accinga ad approfondire su aspetti di rilievo tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del secolo seguente.
Lettera all’on. Ruggiero Bonghi, di G.R. Sagura Molarogi, Sulla Biblioteca Nazionale di Palermo 1873; Prime armi, versi, Palermo, Virzì edit. 1878; Aloe, racconti, Palermo, Virzì edit. 1878 ; Traduzione dei poemetti in prosa di Charles Baudelaire, David, Ravenna edit. 1880. La stessa traduzione in Milano da E. Sonzogno, 1884; Giuseppe Pitrè e le tradizioni popolari, Studio, Palermo, tip. del « Tempo » 1882; L’eterno romanzo, 1883; Il signor di Macqueda, romanzo, edito per la prima volta nel 1881 dalla tipografia palermitana del “Tempo”, e poi ristampato a Roma dall’editore A. Sommaruga, 1885; Miniature e filigrane, piccole prose, Milano Fr. Treves edit. 1885; Fioritura nuova, versi, Palermo, Pedone Lauriel edit. 1885; Memorie e acqueforti, piccole prose, Milano, Fr. Treves edit. 1891; Intermezzo barbaro, versi, Bologna, Zanichelli edit. 1891; Poesie dei popoli selvaggi, Torino, C. Clausen, 1891; I proverbi dei popoli barbari, Palermo, Fr. Vena edit. 1893; Miniature parlanti, Palermo R. Sandron, 1893; Acquarelli e macchiette, Palermo, R. Sandron, edit. 1896; Decadenti e simbolisti francesi, nel 1898; Torniamo a Dante, nel 1900; Le nuvolaglie, piccole prose; Secondo intermezzo barbaro, versi; Il dito nella piaga, Studi di cose siciliane; Fra l’estetica e l’etnografia; Caleidoscopio, ed. Giannotta 1900; Nuove inclinazioni estetiche nella poesia di Virgilio La Scuola, nel 1908; Lettere da bruciare, romanzo.
Mario Grasso