Edoardo Cacciatore, voce della civiltà umanistica del Novecento

0
445

Il caso letterario del palermitano Edoardo Cacciatore è ancora tutto da aprire e con un capitolo a parte nella storia della Letteratura italiana (ed europea) di autori siciliani.

La solita circostanza della residenza fuori dall’Isola – era nato a Palermo nel 1912 e morto a Roma nel 1996 – è stata l’ennesimo alibi per noi siciliani, puntualmente pronti a dimenticare i nomi di personalità nate in Sicilia da famiglia siciliana e deceduti fuori dall’Isola. Dimentichiamo invece di rivendicare come “glorie nostre”. E il caso di Cacciatore non è da ordinare tra le voci minori della civiltà umanistica del Novecento. Si sa che non gioca a suo favore la originalità che si dovrà dir meglio singolarità del suo caso, ma questo aggiunge ulteriori significati al momento di riconoscere che le opere di Cacciatore, sia di saggistica filosofica, sia di poesia, meritano studi e approfondimenti che noi siciliani dobbiamo avere l’orgoglio di sollecitare e celebrare
Proprio in Sicilia e negli anni appena succedanei alla morte di Cacciatore un mecenate appartenenti ai domenicali appassionati, non si è peritato di intitolare Casa della poesia un suo appartamento nel centro di Catania, in aggiunta a buoni viaggio in treno per poeti di sua scelta provenienti dall’Isola e dalla Penisola. Sembrava mandato da qualche benigno ordine celeste e destinato a consegnare vantaggi a chi meritava di essere conosciuto andando a leggere le proprie poesie negli scompartimenti dei treni sulle linee ferroviarie dell’Isola. Una forma che a distanza di venti anni mostra l’aspetto meno nobile di quella “impresa” da dimenticare in una alla coda annuale che, per qualche tempo ha continuato ad agitare l’iniziativa passata dai treni a enigmatiche ritualità paramassoniche di luce. Alzate d’ingegno che hanno coinvolto gli spontanei interessi di poeti siciliani ai quali probabilmente spettava di suggerire al generoso mecenate di spendere parte del proprio denaro (e della Regione!) a organizzare giornate di studio per commemorare i poeti isolani scomparsi. Sarebbe bastato convocare quella stessa innocenza di verseggiatori locali e no per far loro conoscere qualche autore siciliano scomparso, da celebrare rivendicandone il valore che non saranno operatori o barbe di accademici di altre regioni a prendersi briga di valorizzarne adeguatamente la figura. E proprio la scomparsa a Roma nel 1996 di Edoardo Cacciatore si imponeva a dovere degli isolani cultori di poesia e di letteratura l’operare prendendo fruttuosa  iniziativa
Ci facciamo dovere di invitare i lettori dei nostri medaglioni a seguire una scheda su Edoardo Cacciatore che con puntualità di informazione ha curato uno studioso celato dalle sue stesse scelte di continuare a distinguersi senza esibirsi, il professore Sebastiano Leotta, siracusano di Francofonte. I lacerti di critica e le informazioni che lo studioso appena citato ci ha poi fornito e che abbiamo pubblicato in “Volti e Pagine di Sicilia, con presentazione di Nicolò Mineo,(Catania Prova d’Autore- 2001) ci soccorrono adesso per  complementarità importante in questo medaglione su Cacciatore. Pertanto proseguiamo e iniziamo citando  la parte in cui sono le premesse del prof. Sebastiano Leotta:  (…) lontana da mode culturali e scuole di poetica aliena da correnti letterarie alla moda, solo genericamente e parzialmente ascrivibile alla neoavanguardia, la vicenda di Edoardo Cacciatore è quella di un poeta sostanzialmente appartato. La vasta cultura filosofica e scientifica e una poesia intesa come sforzo di interpretazione totale della realtà in ogni suo aspetto (biologico, storico-socialee, politico), fino ad allargarsi a una visione naturale e cosmica, una sorta di lucreziana summa rerum, ne fanno un poeta originale e imprevisto, dove poesia e filosofia convivono in una ostinata tensione conoscitiva. L’esordio di Cacciatore è stato un voluminoso saggio di carattere filosofico-scientifico: L’identificazione intera (Esi, Napoli, 1951); seguito da un’analoga opera saggistica nel 1967: Dal dire al fare, cioè la lezione delle cose (Argalia, Urbino, 1967).
Ne L’identificazione intera leggiamo: Che cos’è la realtà? Dovizia di transazioni, sciame pleroforia di prodigi, concretezza appassionata, sempre in procinto di realizzarsi; tale è il fascino interno della realtà, l’alterarsi inevitabile di tutto, una continua metafora per assolvere la semantica implicita in quel mutevolissimo e commovente andar dicendo che è la vita degli uomini, i quali peccano nel chiudersi, rifiutarsi a quell’inevitabile, delirante visione ininterrotta che facendosi sempre più sottesa, a poco a poco cessano di considerare come facoltà poetica a ciò che è invece l’anima reale.
Alterazione,  mutamento, trasformazione di ogni cosa, instabilità universale e al poeta filosofo spetta la rivelazione del caos attraverso un formale equilibrio che lo mostra in una sua possibile dimensione umana (Cfr. Stelio Maria Martini, in AA.VV, Letteratura italiana, I contemporanei, vol. V, Marzorati, Milano 1976).
Questa visione di assoluta instabilità dove gli uomini non sono altro che nubifragio di aloni non poteva assecondare nessuna ideologia storica, a maggior ragione progressista, visto che l’universale metamorfosi di ogni cosa svela la parzialità e l’inadeguatezza e, infine, la vacuità, provocò a Cacciatore animate discussioni. Sentiamolo in questa pagina autobiografica: “La stampa de L’identificazione intera determinò la fine dell’amicizia con Moravia, che, durante una discussione, arrivato al parossismo dell’ira, inveì contro di me: Ma chi credi di essere Spinoza? La Restituzione ebbe poi abbastanza successo editoriale ma ugualmente mi causò problemi nell’ambiente letterario. Elsa Morante lo trovò empio”,.(Cfr. Edoardo Cacciatore, in F. Piemontese, Autodizionario degli scrittori italiani, Leonardo, Milano, 1989)
Lasciamo Sebastiano Leotta e riportiamo un brano di Romano Luperini pubblicato in Il quotidiano di Lecce del 16 novembre 1986: “In Cacciatore poesia e pensiero sono sullo stesso piano, le opere filosofiche sono il presupposto e il serbatoio per la sua immaginazione poetica che tende, come un poeta sapiente alla sentenza, al dire gnomico, all’inciso acuminato che svela rapporti nascosti, scioglie enigmi, getta luce su quella verità che il mondo distratto dalla doxa non vede più e dimentica. In quanto intreccio di poesia e filosofia, di pensiero e immaginazione che nel Novecento italiano non ha riscontro e altrove.”
E ancora leggiamo in una testimonianza di Luigi Malerba: “(…) Quando Valentino Bompiani mi presentò nel 1966 Edoardo Cacciatore nel vecchio ufficio della sua casa editrice a piazza di Spagna, mi fece capire non ricordo più con quali parole precise, che si trattava di un poeta sapiente. Non lo avevo mai sentito nominare, ma le parole di un uomo di grande sensibilità letteraria come Bompiani mi avevano incuriosito. Cacciatore aveva avuto da Valentino il mio romanzo Il serpente, dopo averlo letto mi aveva ritenuto degno di ottenere dalle sue mani una copia di La restituzione. Confesso che rimasi incantato dalla grazia enigmatica di quei versi (…) Ho avuto la sensazione immediata di meraviglia che solo la grande poesia riesce a comunicare”. Cfr. In L uigi Malerba, “La rivoluzione poetica del Novecento”.
Nel 203 la studiosa Florinda Fusco ha curato l’edizione dell’opera completa di Edoardo Cacciatore, i cui scritti editi sono: Poesia: La restituzione, Firenze, Vallecchi, 1955; Lo specchio e la trottola, Firenze, Vallecchi, 1960;Tutti i poteri (cinque presentimenti), Milano, Feltrinelli, 1969; Ma chi è qui il responsabile?, Roma, Cooperativa Scrittori, 1974; La puntura e l’assillo, Milano, ed. Società di poesia, 1986;Graduali, Lecce, Piero Manni editore, 1986; Il discorso a meraviglia, Torino, Einaudi, 1996 (postumo); Tutte le poesie, Lecce, Piero Manni editore, 2003 (postumo). Saggistica: L’identificazione intera, Napoli, ESI, 1951; Dal dire al fare: la lezione delle cose, Urbino, Argalìa, 1967; Carichi pendenti, Bergamo, Pierluigi Lubrina editore. (1989);Itto itto, Lecce, Piero Manni editore, 1994; L’esse blesa, Lecce, Piero Manni editore, 1997 (postumo).
Mario Grasso