Ci sono momenti destinati a rimanere impressi nella memoria collettiva, ancor prima che il lento scorrere del tempo li cristallizzi definitivamente, elevandoli al rango di Storia, quella che poi ti ritrovi a studiare sui manuali.
Anche il più frettoloso, il meno attento tra noi, si rende conto di quanto un determinato accadimento o una serie di eventi siano destinati a condizionare il presente e a rivoluzionare il futuro.
Ci riferiamo a fatti universalmente noti, tra i quali citiamo, ad esempio, la guerra del Golfo (1990-1991) e l’attentato alle Torri Gemelle (2001). Riteniamo che l’attuale pandemia da Covid19 sia proprio uno di questi fatti, ineludibilmente destinato a “fare Storia”.
Stiamo vivendo un cambiamento epocale: il Lockdown ha costretto i tantissimi non nativi digitali a prendere definitivamente confidenza con il web, utilizzando le risorse virtuali, spesso diventando essi stessi “source”, risorsa. Pur confinati tra le mura domestiche, tra smartworking, didattica a distanza e webinair, abbiamo tutti dato prova di maturità e senso del dovere.
Abbiamo scandito ogni tappa di questo percorso collettivo a suon di hashtag: andando agli inizi ovvero immediatamente dopo il Dpcm 8 marzo 2020, quello che ha introdotto la temporanea restrizione delle libertà individuali nel nome di un bene supremo ovvero quello della salute pubblica, ricordiamo tutti quell’”andrà tutto bene” seguito da “io resto a casa”, variamente rallegrati da variopinti arcobaleni disegnati sugli striscioni e siparietti musicali nei balconi di tutta Italia.
Indi è stata la volta delle variazioni sul tema “quarantena” e qui ci siamo sbizzarriti. Chi scrive ha inondato i propri social di manicaretti, golosi lievitati fatti in casa (“Bedda Matri” è il nome della pasta madre nata nella mia cucina in piena pandemia; per chi conosce bene il siciliano e i siciliani questo nome è tutto un programma…), pietanze ipercaloriche e goduriose presentate quasi quotidianamente a followers ormai abituati ad esser partecipi della “quarantena delle vacche grasse”. Non ancora paghi, abbiamo cominciato ad utilizzare il termine”quarantenauti”, un neologismo perfetto per spiegare la frenesia di chi è costretto in casa per giuste ragioni di contenimento della pandemia ma è agitato da smanie di viaggi avventurosi manco fosse un Giasone qualunque con il suo drappello di impavidi eroi pronti a balzare a bordo della nave Argo alla riconquista del mitico Vello d’oro.
Ma l’hashtag che ci ha dato più speranza, aiutandoci ad esser più cauti e pazienti perchè ricco di aspettative, è senz’altro stato “torneremo a viaggiare” che si è presto arricchito con “e sarà bellissimo”, di certo condiviso da tanti.
Siamo ormai entrati nella seconda decade di maggio, in una fase pandemica che ci fa ragionevolmente sperare in un non troppo lontano ritorno alla normalità. Qualcuno ha già cominciato ad interrogarsi su quale potrà essere la “normalità” post Covid19. Sono una Guida Turistica ed è abbastanza ovvio che gli scenari sui quali i professionisti come me puntano la loro attenzione siano quelli legati al Turismo, settore in estrema sofferenza.
Abbiamo sperimentato in questi mesi di forzata inattività delle modalità comunicative mai utilizzate prima. Dai tour virtuali alle Guide in Balcone, abbiamo dato vita a fenomeni inediti e, per molti versi, rivoluzionari. Siamo consapevoli che queste attività nulla hanno a che vedere con la pienezza dell’essere Guida: il contatto con il variegato pubblico dei visitatori, il confronto e l’interazione continua sono aspetti assolutamente imprenscindibili per un professionista dell’accoglienza e della comunicazione come la Guida Turistica.
Ecco che si profila la prima grande incognita legata al ritorno alla cosiddetta “normalità” ovvero: quale sarà il pubblico che i professionisti del Turismo si ritroveranno ad accogliere non appena sarà possibile? Chi vorrà mettersi in viaggio? Quale tipologia di fruitori ci ritroveremo dopo la chiusura forzata? Quanti avranno la possibilità economica di concedersi una vacanza? Ma soprattutto: quando sarà davvero possibile tornare con serenità a progettare, prenotare, fare i bagagli, partire per un viaggio? La politica apre a scenari probabilisti e il premier Conte ha recentemente dichiarato alla stampa che “quest’estate non staremo al balcone e la bellezza dell’Italia non rimarrà in quarantena”.
Attendevamo impazienti queste parole di cauta apertura. Tuttavia continuiamo a porci domande scomode, sperando che al più presto ci siano risposte adeguate. Ci siamo posti il problema di comprendere, ad esempio, in che termini si potrà tornare alla fruizione di un qualsiasi bene culturale: una galleria d’arte, un museo, una chiesa, un parco archeologico. E’ chiaro che servono dei protocolli ben studiati come è altresì chiaro che le modalità di accesso e fruizione del nostro patrimonio culturale vanno attentamente valutate e preparate già adesso, naturalmente in perfetta sinergia, si spera, con i concessionari che da anni ormai hanno la gestione dei cosiddetti Servizi Aggiuntivi in moltissimi luoghi-simbolo del patrimonio culturale italiano.
I protocolli di accesso e fruizione sono fondamentali in quanto non è possibile affidarsi alla maturità ed al senso civico del singolo visitatore, della singola Guida Turistica, del singolo direttore d’istituto. Questo per quanto attiene la fruizione di un bene culturale.
Altro discorso è quello che riguarda il cosiddetto”overtourism”, uno dei fenomeni più stigmatizzati degli ultimi anni. E’ opinione di tanti, anche di chi scrive, che il fenomeno del turismo di massa in forma esasperata (ed a tratti incontrollata) sia destinato ad una forte flessione, quantomeno nel prossimo futuro. L’accezione negativa del fenomeno dell’overtourism ha negli ultimi anni investito soprattutto il settore delle grandi navi da crociera, vere cattedrali del mare, che impattano su delicati equilibri ambientali (vedi Venezia ed il grave problema della laguna o il disastro dell’”inchino” all’isola del Giglio).
E’ innegabile il fatto che un certo modo di fare turismo abbia risvolti negativi. Le città d’arte vengono puntualmente invase da visitatori che spesso sono solo alla ricerca del selfie perfetto, di quell’unico scatto da postare sui social, quello che consentirà loro di dire orgogliosamente al mondo”Eccomi, sono in vacanza a…”.
Ma non sono solo le meganavi nel mirino dei detrattori; anche i villaggi-vacanza giocano un ruolo ben definito nel circuito del turismo di massa. D’altronde il mercato si basa sulla semplice contrapposizione domanda-offerta. E ormai ogni comune mortale desidera ciò che fino a non tantissimi anni orsono era considerato “bene di lusso” ovvero la vacanza da sogno sulla nave faraonica, sbrilluccicosa, glitterata e anche un tantino kitsch, la vacanza perfetta del “tutto tutto compreso”, con i buffet imbanditi ad oltranza. Ed ecco il risvolto davvero doloroso, il pericolo reale e concreto ovvero che in tanti, troppi in verità non potranno più (almeno nel prossimo futuro, se dovessero essere mantenuti i provvedimenti di distanza sociale) concedersi il lusso (che lusso più non è) della crociera o della settimana in villaggio con buffet, animazione a tutte le ore e gioco-aperitivo.
Il lockdown mette a nudo, come sempre accade in periodi di crisi, le fragilità di un sistema economico che tutela meglio alcune fasce sociali lasciando ancor più scoperti quelli che emarginati lo sono già. Fa male al cuore pensare a quante vittime il Covid19 abbia mietuto e quante ancora ne mieterà. Ed è sconcertante pensare che lo stesso virus stia modificando nella forma e nella sostanza il nostro essercial-mondo. Il morbo svela le nostre fragilità e indebolisce i pilastri su cui fondiamo le nostre esistenze, scompagina le nostre certezze e rimescola i nostri assets. La verità è che siamo incapaci di pensare in solitario e tantomeno di agire in solitudine. Il senso stesso del nostro fare comunità è totalmente in antitesi con il concetto di distanza sociale cui la pandemia ci ha costretto. E il mestiere che ho scelto ( o forse da cui sono stata scelta, è un dilemma su cui ancora mi arrovello), il lavoro che svolgo con passione ed empatia si basa esclusivamente sul “contatto sociale”, sullo stare con gli altri, insieme agli altri, condividendo ore, giorni e settimane con altri esseri umani che, per una strana alchimia, cessano immediatamente di sembrare “estranei”. E’ una questione di feeling, una gioiosa apertura verso gli altri, una continua ricerca di canali comunicativi. Eppure anche le modalità di svolgimento delle visite guidate dovranno, per forza di cose, cambiare. Sempre nella speranza che si torni a quella parvenza di normalità cui tutti aneliamo, non si può più pensare ad un gruppo allegramente numeroso, così come eravamo abituati fino a pochi mesi fa. Sarà inoltre indispensabile l’uso di sistemi audio professionali, come whispers, radioguide o addirittura app dedicate per consentire una perfetta interazione tra la guida ed il gruppo.
Torneremo a viaggiare, dunque, ma ci confronteremo con scenari inediti e difficili da accettare pienamente. Ci saranno lungaggini e procedure nuove per salire a bordo di un aereo: probabilmente la mascherina diventerà l’accessorio più in voga della stagione estiva 2020. Dovremo fare i conti con rincari (anche notevoli) delle tariffe: per qualche tempo i voli low-cost potrebbero essere un miraggio.
Al mare dovremo attuare una serie di distanziamenti e finchè il Covid19 non sarà davvero sconfitto dovremo tutti imparare nuovi modi per stare insieme, dalle barriere in plexiglass nei ristoranti agli ombrelloni ben distanziati negli arenili.
Malgrado il clima di grande incertezza qualche coraggioso Tour Operator ha cominciato a dare segnali di speranza, aprendo le prenotazioni per importanti villaggi turistici. La riapertura per la stagione estiva è preceduta da una serie di iniziative rivolte a dare serenità alle famiglie che vorranno concedersi le strameritate vacanze con parametri di massima sicurezza.
Giusto per dare qualche esempio, il protocollo denominato “Vacanze sicure”, in linea con le indicazioni del Governo Italiano e le raccomandazioni dell’OMS prevede che tutto il personale delle strutture indossi dispositivi di protezione individuale e distanziamento sociale; un nuovo modo di gestione degli spazi comuni, con percorsi creati ad hoc per evitare assembramenti; ambienti costantemente sanificati; e ancora, è previsto il controllo della temperatura corporea dei clienti, il distanziamento dei tavoli al ristorante; inoltre, in spiaggia e piscina gli ombrelloni e le sdraio verranno posti a distanza di sicurezza garantendo, a detta della struttura, un massimo di 4 ospiti su un’area di 10 metri quadri. Molto importante ci sembra l’esclusione dei giochi di squadra, del miniclub, della discoteca.
E’ chiaro l’intento di salvare il salvabile di una stagione turistica disastrosa.
Alla luce di quanto abbiamo brevemente illustrato, è chiaro che torneremo a viaggiare, speriamo presto; di sicuro, sarà molto diverso.
Dovremo abituarci a lasciar da parte un pizzico di individualismo in favore di una più sentita appartenenza alla nostra comunità. L’edonismo non può e non deve prevalere sulle scelte che ognuno di noi sarà tenuto a compiere.
Solo se avremo una necessaria maturità la vacanza potrà tornare ad essere un rito collettivamente agito e potrà tornare ad una funzione catartica e liberatoria.
E allora e solo allora torneremo a viaggiare e sarà bellissimo, senza il forse.
Anna Maria Alaimo
Storica dell’Arte e Guida Turistica