Michele Amari, lo Storico della guerra del Vespro

0
517

Su Michele Amari ((Palermo, 7 luglio 1806 – Firenze, 16 luglio 1889) non occorrono sollecitazioni rivolte a ricordarne il nome e le opere, infatti sono queste ultime a renderne attuale ricordo e gli impegni costantemente rivolti a mantenere la Sicilia e la patria palermitana,

tra gli interessi primari dei suoi studi e delle sue responsabilità di uomo docente di lingua e storia araba, politico, parlamentare e ministro. La targa che il Comune di Palermo ha fatto collocare sull’ingresso della casa dove l’Amari visse, mette in evidenza un particolare importante, quello dell’esilio cui il futuro “Storico della guerra del Vespro” e de “I musulmani in Sicilia” venne costretto. E conviene dare risalto all’evidenziato momento della vita di questo siciliano illustre, perché è stato proprio dagli anni del suo esilio a Parigi che ha avuto inizio la più solida consistenza di quella carriera di studi e di relazioni che hanno segnato in crescendo la singolarità e la costanza del suo impegno a fornire ai posteri la monumentale storia dei musulmani in Sicilia nei suoi particolari più approfonditi.  Così è stato sia per la rievocazione del Vespro, sia per la surripetuta “Storia dei musulmani in Sicilia”. Si potrebbe dire che l’esilio in Francia abbia propiziato la realizzazione di quest’ultimo capolavoro di ricerche e di rese storiche. Propiziato perché l’Amari a Parigi ebbe la singolare fortuna di venire a contatto con uno dei più noti e celebrati arabisti del tempo, Joseph Toussaint Reinaud, alla cui “scuola” ebbe modo di apprendere quanto non gli sarebbe stato altrettanto agevole se fosse rimasto in Sicilia. E si dice “Scuola” perché l’allora trentasettenne Amari, già dedito alla vocazione storica avendo già pubblicato la storia del Vespro, aveva trovato nella frequentazione che gli aveva consentito la sosta nella capitale francese, il meglio tra i maestri presenti nell’Europa di quegli anni. Sappiamo che a Parigi lo studioso palermitano era entrato a far parte degli ambienti più eccellenti della cultura europea di quegli anni, accolto e stimato da personalità di primo piano come Quatremère e il barone de Slane ammiratori della sua intelligenza e della sua tenacia nell’approfondire scrupolosamente egli studi.
La ulteriore riflessione che si dovrà fare e che costituisce una valenza rilevante nella storia nota a tutti della vita di Michele Amari, è quella del suo attaccamento alla patria dei natali siciliani. Avrebbe potuto chiudere per sempre con l’Isola e con Palermo dove, diciassettenne, dopo essere stato arrestato con i genitori per avere partecipato ai moti insurrezionali, era stato graziato dalla condanna all’ergastolo cui soggiacquero i suoi genitori, solo per la condizione giuridica della minore età. E dopo gli oltraggi alla sua opera storica sul Vespro, cui venne imposto dal governo borbonico  il forzato cambiamento del titolo.
A Parigi Amari aveva trovato tutti gli elementi culturali e umani che gli avevano consentito di studiare, impadronirsi in modo non dilettantesco  della lingua araba nonché  di quella del greco classico. E che la ricerca sulla storia dei musulmani in Sicilia non conteneva imprecisioni, lo certificherà in seguito il famoso arabista Carlo Alfonso Nallino, massima autorità in materia di studi storici sulla presenza degli arabi nell’Isola. Il Nallino ha revisionato l’opera e vi ha apportato solo minime modifiche.
La permanenza a Parigi aveva agevolato in modo fondamentale la formazione dell’Amari arabista al punto da aprirgli in Italia la via per l’insegnamento della lingua araba nell’Università di Pisa, cattedra che mantenne dal 4 maggio fino al 14 settembre 1859. Ma il suo sogno e tutti i suoi programmi erano a senso unico per il rientro in Sicilia.  Ed ecco la nostra insistenza a evidenziare quanto ha potuto il richiamo della patria palermitana, ansia che l’intellettuale-storico- arabista avrebbe appagato lasciando una prima volta la “Capitale dei lumi” rischiando, perché in concomitanza con i moti insurrezionali antiborbonici del 1848/49, quando ancora sussistevano i pericoli che lo avevano fatto allontanare . Il fallimento dei moti determinò il suo rientro in Francia con nuove prospettive politiche in mente. Prospettive alimentate dai rapporti con Giuseppe Mazzini. E siamo all’adesione del’Amari alla Massoneria e alla corrispondenza con il Mazzini, nuovi orizzonti che gli avrebbero successivamente propiziato la carriera politica di senatore e poi di ministro dell’Istruzione Pubblica  dell’allora Regno d’Italia nei governi Farini e Minghetti. Un cursus honorum in crescendo che lo aveva visto   senatore del Regno dal 18 febbraio 1861. E da parlamentare venne eletto alla carica di vice presidente del senato che mantenne dal marzo 1878 a tutto gennaio 1880. Frattanto, dal 1862 al 1864 aveva continuato con l’insegnamento della lingua araba a Firenze, tenendo una cattedra presso l’Istituto di Studi Superiori sino al 1873.  Nel 1875 venne cooptato socio dell’Accademia dei Lincei, cariche che lo costrinsero a restare lontano dalla sua amatissima Sicilia. Si spense infatti a Firenze, il 16 luglio 1889.
Si potrà dire che dal 1860 la carriera dello studioso che si era formato e specializzato in lingua araba si muoverà su tre linee, quella dello storico con precipuo interesse per le vicende della Sicilia, quella del politico chiamato a ricoprire responsabilità di vicepresidente del Senato del regno, e a quella delle responsabilità di ministro, e ancora del docente di lingua araba, questa volta a Firenze, dopo tre anni da docente della stessa materia a Pisa . Non ci sono state soste per  lo studioso e l’autore di opere saggistico-storiche nelle quali la sua genialità e preparazione sono continuate a spiccare fino alla vigilia della morte a 83 anni.  
Tra le opere spiccherà sempre quella della Storia dei Musulmani in Sicilia, ma è evidente quanto impegno in studi e ricerche l’infaticabile Michele Amari ha profuso ininterrottamente e coerentemente rivolto a documentare per i contemporanei e posteri gli aspetti più salienti della storia della sua terra d’origine. Tra le opere di cui si dispone riportiamo qui un doppio elenco quello più nutrito degli studi editi quando ancora era in vita e altri che sono stati ripresi dopo la sua morte, fino agli anni recenti.     
Opere: Elogio di Francesco Peranni, in Componimenti in morte di Francesco Peranni, generale d’artiglieria, Palermo, Gabinetto tip. all’insegna di Meli, 1833; Un periodo delle istorie siciliane del secolo XIII (1845), Palermo, Poligrafia Empedocle, 1842; La guerra del vespro siciliano, o Un periodo delle istorie siciliane del sec. XIII, 2 voll., Parigi, Baudry, 1843; Conforti politici, traduzione dei Sulwan almuta‘ di Ibn Zafar. 1851;  Storia dei Musulmani di Sicilia, 3 voll., Firenze, Le Monnier, 1854-1872 (riveduta e commentata da C. A. Nallino, 3 voll. in 5 tomi, Catania, Romeo Prampolini, 1933-39); Biblioteca arabo-sicula – testi e traduzioni. 1857-1887; Epigrafi arabiche di Sicilia, in tre parti. 1875-1885; Racconto popolare del Vespro siciliano, Roma, Forzani e C. Tip. del Senato, 1882.A.
Studi e ristampe postume: Tra le pubblicazione di particolare importanza di studi e ristampe citiamo: D’Ancona [a cura di], Carteggio di Michele Amari, raccolto e postillato, 3 voll., Torino, Roux Frassati (poi STEN), 1896-1907; Diari e appunti autobiografici inediti, Edizioni Scientifiche Italiane, 1981; Studi su la storia di Sicilia dalla metà del XVIII secolo al 1820 , postumo, a cura di Amelia Crisantino, in “Edizione Nazionale Delle Opere e dei Carteggi Di Michele Amari”, Quaderni Mediterranea, n. 15, Accademia nazionale di scienze lettere e arti – Palermo, 2010, ISSN 1828-1818.
Mario Grasso