Diciamocelo francamente: la pandemia ci ha proprio stancati. Abbiamo vissuto mesi frenetici, tra preoccupazioni più che legittime e restrizioni alle libertà personali.
E’ stato un carosello di emozioni, un continuo altalenare tra dubbi, speranze, illustri pareri di virologi che sembra facessero a gara a chi doveva confonderti più le idee. Tra un #restoacasa ed un #andratuttobene ci siamo tutti comportati da bravi cittadini responsabili (a parte qualche allegra “arrostuta” sulle palermitane terrazze o qualche aperitivo di troppo ai milanesi navigli), cercando la forza necessaria per vivere una quotidianità distorta, dilatata, irriconoscibile. E parte di questa forza l’abbiamo continuamente ritrovata in quel tessuto invisibile che ci avvolge tutti quanti, fatto di trame evanescenti, impalpabili eppure forti e tenaci; un tessuto di certezze condivise, modi di dire ben noti, usanze da riscoprire, tradizioni da mantenere anche e soprattutto in tempi così duri. Abbiamo dovuto giocoforza festeggiare una Pasqua anomala, lontani dagli affetti, impossibilitati a compiere quei riti collettivamente agiti che ci rendono forti della nostra identità. Ed eccola qui la parola magica: identità. Perchè quando, anche in questa terribile fase pandemica, abbiamo preparato in casa i dolci tradizionali del periodo pasquale (un trionfo di cassate, “pupi cu l’ova”, “cuddureddi”, e “agnidduzzi” di martorana; ci trattiamo bene!!!) sappiamo di riferirci a qualcosa che ci lega come popolo siciliano, qualcosa da identificare in tradizione, un insieme di saperi condivisi che percepiamo come Identità Siciliana. E che dire dei canti tradizionali, quelli che si intonano con maestosa, dolente solennità la sera del Giovedi Santo, quando i fedeli compiono il “giro dei sepolcri” e le chiese sono addobbate con germogli di grano e legumi legati da nastri (i “lavureddi”), fiori e candele. E ancora le partecipate processioni del Venerdì santo, con i Misteri Trapanesi che perpetuano nei secoli lo spirito barocco iberico. Per esplodere poi tutti insieme nel grande catartico rito collettivo della resurrezione, quando in tutte le piazze siciliane è possibile assistere all’Incontro tra il Risorto e la Madre Maria che verrà liberata dal manto nero del lutto per abbracciare nella letizia quel figlio vivente. Rito di gioia che continua nelle case, con la famiglia riunita intorno ad una tavola imbandita. Certo, è riduttivo parlare di Identità solo in presenza delle tradizioni pasquali, vivissime nella nostra isola, così come sono vive una miriade di altre tradizioni. Ogni provincia siciliana mantiene un patrimonio immateriale fatto di riti, canti, gestualità e movenze quasi sempre frutto di profonde commistioni tra cristianesimo e paganesimo.
A ben pensarci l’Identità Siciliana è una roba seria, fatta di variopinti carretti decorati con scene cavalleresche (ormai entrati nel mito quelli dei fratelli Ducato) ma anche di incredibili oggetti di alta oreficeria, come la famosa cuffia dell’imperatrice Costanza, custodita nel tesoro della Cattedrale di Palermo o la Gioia del santo Costato, somma opera dell’orafo palermitano Francesco Burgarello vissuto nel XVIII secolo, custodita nel medesimo Tesoro. Ed è Identità Siciliana anche il ricchissimo contributo dato alla letteratura mondiale da artisti che spaziano da Stesicoro, poeta siceliota vissuto ad Himera nel VI sec. a.c. a Diodoro Siculo, storico del I sec. a.c., cui dobbiamo una poderosa Storia Universale; dai poeti della Scuola Poetica Siciliana (tra questi lo stesso imperatore Federico II ed il figlio, il re Enzo, ma anche Giacomo da Lentini, Rinaldo d’Aquino, Stefano Protonotaro) al monrealese poeta Antonio Veneziano (XVI sec. ); da Giovanni Meli al Verga, al Capuana al Pitrè, per approdare alla grande stagione letteraria del Secolo Breve che vede protagonisti luminosi sulla scena mondiale, artisti la cui Identità Siciliana è forte ed inequivocabile: Pirandello, Quasimodo, Vittorini, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Bufalino, Buttitta, Camilleri.
E parlando di Identità Siciliana viene in mente quel dolcissimo, intenso, puro ovale dell’Annunciata di Antonello da Messina, o l’intenso realismo delle opere di Pietro Novelli; ed ancora le eleganti composizioni dei tanti frescanti che celebrarono gesta divine o mitologiche in chiese, ville e palazzi della nobiltà laica ed ecclesiastica in tutta l’isola. Fortemente identitarie si rivelano essere altresì alcune forme architettoniche; se il barocco in Sicilia orientale è senz’altro identitario ma trova altri illustri corrispettivi in altre zone d’Italia (penso alle insigni forme del barocco leccese, solo per citare un esempio) assolutamente identitarie si rivelano essere le architetture arabo-normanne di Sicilia, giustamente entrate nel novero dei siti tutelati dall’Unesco sin dal 2015.
Quest’isola non abbastanza isolata, elegantemente immersa in un mare “colore del vino”, mare che mai fu, mai è stato e mai sarà elemento divisivo ma, anzi, “prateria liquida” come ebbe a definirlo, con felicissima intuizione lo storico francese Fernand Braudel, un mare che ha assunto nei millenni della storia umana un ruolo di trasmissione culturale di cose, uomini, idee, si ritrova ad ostentare un’Identità complessa, se vogliamo, ma straordinariamente viva, definita, di sicuro con tratti di assoluta peculiarità ed unicità. Tutto tranne che una “fesseria”, insomma.
L’immenso patrimonio materiale ed immateriale siciliano è governato da uno degli assessorati più importanti, quello dei beni culturali e dell’identità siciliana cui sono attribuiti i seguenti compiti:
– Tutela, restauro, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale:
– Patrimonio architettonico
– Patrimonio archeologico
– Patrimonio architettonico storico, moderno e contemporaneo
– Patrimonio artistico storico, moderno e contemporaneo
– Patrimonio bibliografico
– Patrimonio demoetnoantropologico
– Catalogazione
– Tutela e Pianificazione territoriale del paesaggio
– Protezione civile del patrimonio culturale
– Controllo e vigilanza enti e organismi strutturali
A gestire tale importante ambito era stato chiamato il professore Sebastiano Tusa, archeologo di fama mondiale che lo rivestì egregiamente fino a quel tragico 10 marzo 2019, quando l’ottimo studioso perse la vita in un tragico incidente aereo in Etiopia. Il presidente della regione siciliana Nello Musumeci si era dunque assunto l’interim in attesa di trovare un degno sostituto alla figura dello scomparso, stimatissimo professore. L’attesa si è conclusa quando, il 17 maggio 2020 il governatore della Sicilia ha chiamato al prestigioso incarico il palermitano Alberto Samonà, giornalista e scrittore, designato in quota Lega. La nomina è giunta dopo alcuni giorni di forti proteste dovute alla scelta politica di offrire uno degli assessorati più “pesanti” proprio alla Lega, partito che storicamente non ha mai avuto parole tenere e atteggiamenti concilianti con la Sicilia ed i siciliani e con tutto il Sud. La scelta del Samonà è parsa a molti come la mossa giusta, l’escamotage per uscire dal ginepraio che, probabilmente, nessuno si aspettava esplodesse con tale virulenza. In effetti le proteste hanno agitato i social già immediatamente dopo la dichiarazione di Musumeci di voler affidare i Beni Culturali siciliani alla Lega e nel giro di poche ore decine di migliaia di siciliani avevano manifestato il loro dissenso a tale scelta politica. Alla luce di ciò, ben consapevole del clima di fredda ostilità di buona parte dei siciliani, il neo assessore ha dichiarato “C’è ancora molto lavoro da fare ed io sono pronto a fare la mia parte e dare in maniera convinta il mio contributo. Le critiche di queste ore rivolte alla Lega le prendo come uno stimolo e come un suggerimento e consiglio per ascoltare anche chi la pensa diversamente da me. Anche coloro che abbiano un pregiudizio a monte nei nostri confronti”.
Grande è stata la soddisfazione della presidenza, trapelata dalla nota ufficiale: “Dopo l’irripetibile stagione dei tecnici – dichiarava il governatore Musumeci – Alberto Samona è la giusta sintesi della militanza politica e della competenza professionale. Lo conosco da anni e sono certo che saprà svolgere con passione il ruolo che, di intesa con il suo partito, ho voluto affidargli”.
Anche i vertici della Lega, ovviamente, hanno manifestato compiacimento e Matteo Salvini affermava che “Per noi e la Sicilia è una notizia straordinaria. Siamo orgogliosi di poter offrire a questa terra meravigliosa l’impegno e le buone pratiche amministrative della Lega”.
Ma le critiche all’ingresso della Lega nel governo della Regione Siciliana non si sono di certo fermate e anzi è sembrato che la protesta montasse con maggior virulenza. Di sicuro, una delle dichiarazioni pù forti è stata quella del presidente della Commissione parlamentare regionale antimafia Claudio Fava che ha dichiarato: “Che l’ultimo acquisto della giunta Musumeci sia uomo orgogliosamente di destra è affar suo e di Musumeci che se l’è scelto (Musumeci, non Salvini!). Che si diletti a rivendicare la sua passione per la canzoncina fascista “Giovinezza”, che se la prenda pubblicamente con il presidente Mattarella quando afferma che l’antifascismo è un valore, che proponga l’apologia di Almirante con l’intitolazione di una strada in ogni comune d’Italia, che pianga pubblicamente la morte del camerata fascista Stefano Delle Chiaie, ecco, di tutto questo avremmo fatto volentieri a meno”. E rincarando la dose: “Qualcuno però spieghi a Samonà che la Regione Siciliana, come ogni istituzione della Repubblica Italiana, è figlia della Liberazione e di una Costituzione antifascista. Che forse per il neo assessore alla cultura o per Salvini sono parole desuete. Per gli italiani, no”. Fava continuava ancora affermando che: “Il richiamo nostalgico agli anni più bui del nostro paese e l’idea di una identità siciliana costretta ad abbeverarsi alla triste mitologia fascista rappresentano un ridicolo salto all’indietro. Soprattutto se si accompagnano ad una manifesta ed ostentata vicinanza di Samonà al mondo della massoneria, fatto che ci fa richiamare gli obblighi di legge vigenti in Sicilia in merito alla dichiarazione di appartenenza alle logge massoniche. Obblighi da cui il nuovo assessore non è esentato”. Parole dure cui si è riallacciato anche il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, il quale, manifestando la sua contrarietà dichiarava: “Ci auguriamo che da oggi il biglietto da visita del neo assessore regionale ai Beni culturali, Alberto Samonà, siano le iniziative che intende portare avanti per la valorizzazione e la promozione del settore, per la tutela dell’enorme patrimonio artistico-culturale della Sicilia con il necessario confronto con le parti sociali, al quale non ci sottrarremo nell’interesse di siciliani”. Quindi il Mannino lanciava un affondo: “Il ritratto di Samonà che emerge dai social e dal web, lo colloca di fatto anni luce lontano dalla tradizione e dalle idee della Cgil, per cui l’antifascismo è e sempre sarà un valore. Il nostro auspicio è che da assessore anche all’identità siciliana, Samonà, oltre a muoversi nel rispetto dei valori costituzionali, mantenga e valorizzi il tratto democratico e antifascista dell’identità siciliana. Noi per quanto ci riguarda ci atterremo al merito dell’azione politica che Samonà e il governo Musumeci porteranno avanti”. Ma qual è il ritratto che il neo assessore Samonà ha costruito sul suo profilo Facebook? In effetti, fino a qualche ora fa il suo pensiero politico era molto evidente, grazie a post molto espliciti, proprio quelli citati, tra i tanti, da Claudio Fava. Ebbene quei post sono spariti; il neo assessore avrà avuto i suoi motivi per eliminarli. Qualcuno gli avrà consigliato di mantenere un profilo più morbido, più istituzionale, eliminando, appunto, i contenuti ritenuti poco appropriati per il profilo di un assessore ai beni culturali. Ma, ahinoi, sappiamo bene che il web non dimentica; tutti i post frettolosamente eliminati stanno infatti circolando vorticosamente, grazie alla mano lesta di decine di utenti che hanno copiosamente fatto incetta di screenshot di quei contenuti ritenuti non propriamente ortodossi.
Tutto sommato, vorremmo dare credito ad un assessore designato a tenere alta una sola bandiera: quella dell’Identità Siciliana. Da Alberto Samonà, chiamato a gestire il patrimonio culturale materiale ed immateriale di una terra che possiede un’identità culturale talmente vasta, trasversale, variegata da essere inafferabile, ci aspettiamo innanzitutto che non gli venga mai in mente di definire tale identità come una “fesseria”. Ora, il termine in sé di certo non è offensivo ma nel caso specifico è peggio perchè subdolamente utilizzato per depotenziare, sminuire, togliere peso e valore ad una questione che invece ha un peso specifico enorme. L’”Identità Siciliana” non è una quisquilia, una pinzellacchera, una stupidaggine qualunque, di nessuna importanza. Torniamo a ribadire il grave momento che siamo costretti a vivere; la pandemia (no, non ne siamo ancora fuori!!!) ci costringe a riletture più o meno profonde del nostro sistema di valori: ecco perchè abbiamo bisogno, adesso più che mai, di riconoscere la grandezza dell’”Identità Siciliana”, quel complesso sistema di riferimenti, di schemi, di modelli: un insieme per il quale una persona o un gruppo si definisce, si manifesta e vuole essere riconosciuto. Rimangono dubbi e perplessità circa l’aver voluto affidare le chiavi del patrimonio culturale materiale ed immateriale dell’Isola ad un partito politico che non sembra il più adatto. Roba da far tremare i polsi, specie se il predecessore si chiamava Sebastiano Tusa. Avrete decisioni importanti da prendere, all’interno di quell’assessorato e all’interno di quel parlamento siciliano che si vanta di essere la prima istituzione politica moderna della Storia, convocato nel lontano 1140 dal fondatore del Regno di Sicilia, Ruggero II.
Da siciliani fieri della nostra Identità vi auguriamo lucidità, fierezza e libertà intellettuale sufficiente per consentirvi sempre di compiere la migliore scelta possibile per la futura gestione di questo immenso patrimonio che ci è stato donato dai nostri padri e che abbiamo il dovere di tramandare a chi verrà dopo di noi.
Anna Maria Alaimo