L’esistenza a Termini Imerese del Caricatore del Grano (insieme di magazzini per il deposito momentaneo di «vettovaglie», particolarmente di cereali e legumi, da sdoganare prima dell’esportazione), tra i più rilevanti del «Regno di Sicilia»,
rimasto in auge sino agli inizi del XIX sec., costituì un grande polo di attrazione anche per l’immigrazione dalle Calabrie. Tutto ciò, soprattutto nel corso del tardo medioevo e nell’età moderna, ha lasciato una traccia indelebile nella antroponimia termitana, come testimonia la presenza di cognomi derivati da centri abitati della Calabria o dalla regione medesima: Amato, Bova, Calabrese (doc. XVI sec.), di Calabria (doc. XVI sec.), Calabrò, Catanzaro, Cosentino, Cutrona (Crotone), Longobardo/i (doc. XVI-XVII sec.),(La) Mantia (Amantea), Martorana (Martirano), Nicastri (Nicastro), Palmisano (abitante di Palmi), (La) Scalia (Scalea), Schillaci (Squillace), Seminara e Sinisi (Senise, doc. XVI sec.).
L’emigrazione calabrese in Sicilia, già ben attestata nel Quattrocento, raggiunse l’apice nel Cinquecento proseguendo, con alterne vicende, nei secoli successivi (cfr. G. Galasso, Economia e società nella Calabria del Cinquecento, Feltrinelli, Milano 1975, pp. 96-97, 101-102 e 106-107; O. Cancila, Baroni e popolo nella Sicilia del grano, Palumbo, Palermo 1983, p. 14), con incrementi anche a seguito di calamità naturali (ad es. il sisma del 1783).
Il cognome Amato (d’Amato)proviene dall’omonimo centro abitato del catanzarese a 480 m s.l.m. Un Antonino d’Amato, figlio di Bernardino e Caterina, calabresi, nacque nella cittadina imerese il 7 aprile 1634 e fu battezzato alla presenza di Antonino Peluso (Pilusu) e Ninfa La Marsala (AME, Battesimi, vol. 17, f. 129r n. 5).
Il cognome Bova, deriva dall’omonima cittadina del reggino sita ad 820 m s.l.m., a dominare sul capo Spartivento, nel versante ionico meridionale dell’Aspromonte (la cui vetta principale, il Montalto, raggiunge 1955 m s.l.m.). Verso la fine del Cinquecento, il reverendo padre Girolamo Marafioti (1567-1626) da Polistena, francescano osservante, nella sua opera Cronicheet Antichità di Calabria ai f. 155rv (edizione di Padova, Uniti, MDCI), così descrisse Bova: «fabricata sù [sic] l‘altezza d’un monte; Е [sic] Sede Vescovalepertinente nell’uno, e l’altro foro alla catedrale [sic] di Reggio. […]. In tutti questi convicini luoghi si parla communemente in lingua greca & in lingua greca si celebra la Santa Messa, e si ministrano [sic, amministrano] gl’altri Sacramenti. Abbonda quella città oltre’l vino, e l’oglio [sic, olio] perfettissimo di delicioseselve attissime à [sic] diverse sorti di caccie [sic]. In questo suo territorio un solo casale [borgo suburbano non cinto da mura] si ritrova chiamato Africo»[oggi comune omonimo]. Il Marafioti, già in precedenza, nella detta opera (f. 52r) accennava al retaggio greco in Calabria: «in alcuni pochi casali si mantiene hoggi la lingua greca, e sí veggono i Preti con le mogli, e figli secondo l’uso antico». Secondo il canonico veneziano Giuseppe Cappelletti (Le chiese d’Italia dalla loro origine ai nostri giorni, Antonelli, Venezia 1870, vol. XXI, p. 172), l’antica diocesi di Bova sarebbe documentata sin dal VII sec., mentre il rito greco sarebbe sopravvissuto sino al pontificato di papa Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, 1572-1585).
Bova è ancor oggi la culla della grecità linguistica della Calabria, nel cuore della Bovesìa, cioè l’area grecanica o ellenofona o greco-calabra o greco vutana (da Vùa, Bova nel grecanico).
Nel 1863, il celebre antropologo e criminologo veronese Cesare Lombroso (1835-1909), ritenne addirittura di riconoscere nei volti degli abitanti dei paesi grecofoni, le caratteristiche somatiche degli antichi abitatori dell’Attica (cfr. C. Lombroso, Tre mesi in Calabria,”Rivista contemporanea”, nuova serie, Torino, anno IX, vol. XXXV, p. 401).
Sin dagli anni 20’ del XX sec., il glottologo e filologo tedesco Gerhard Rohlfs (1892-1986), con la sua vasta produzione scientifica ha messo in luce l’eccezionale ricchezza e rilevanza linguistica del grecanico della Bovesia (cfr., ad es., G. Rohlfs, Lexicon graecanicum Italiae inferioris. Etymologisches Wörterbuch der unteritalienischen Gräzität, Niemeyer, Tubingen, 1964).
La più antica testimonianza a noi nota della presenza del cognome Bova a Termini Imerese risale alla prima metà del XV sec. Il 6 febbraio2a indizione 1439, un Antonius de Bova,abitante a Termini (habitator terre thermarum), qualificato come marinarius, si obbliga con un certo Corrado Cito, a svolgere alcune mansioni utilizzando la barca di proprietà del detto (cfr. Archivio di Stato di Palermo sezione di Termini Imerese, d’ora in poi ASPT, atti notar Giuliano Bonafede, volume 12834, 1438-39, f. 55r).
Poco più di cento anni dopo, il cognome Bova manca del tutto all’interno del più antico registro di battesimi (1542-48), conservato presso l’Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese (d’ora in poi AME), mentre si rintraccia soltanto nei successivi atti della seconda metà del Cinquecento, forse a seguito di un nuovo flusso migratorio, dopo la pestilenza del 1577 che colpì la Bovesia.
Il primo febbraio 12a indizione 1599 (AME, Sponsali, vol. 9 f. 32v n. 3) nella chiesa parrocchiale coadiutrice di Nostra Signora della Consolazione, Francesco Bova sposò Vincenza figlia di Gabriele Chiaramonte (ms. chiaramu[n]tj), avendo come compari Gerolamo Calabria (ms. calabrja) e Filippo Calabrò (ms. calabro). E’ emblematica la presenza dei testimoni aventi entrambi un cognome che denota chiaramente l’origine calabrese.
Negli anni 20’ del Settecento, un Giov[ann]e[sic] Bova è presente ne La lista dei secolari, ecclesiastici, chiese, conventi e compagnie che posseggono rendite e beni mobili. Tale lista, inserita negli Atti dei Magnifici Giurati di Termini (d’ora in poi AMG), anno indizionale 1724-25, ms. cartaceo della Biblioteca Comunale Liciniana di Termini Imerese (d’ora in poi BLT), ai segni III 10 e 9, è stata scoperta e pubblicata dagli scriventi (cfr. appendice documentaria in P. Bova – A. Contino, Termini Imerese. Una inedita lista dicontribuenti del 1724: pagavano tutti esclusi “miserabili e “Giornadieri”, su questa testata on-line, 11 Giugno 2019).
Negli atti del primo registro battesimale (1542-48) dell’AME abbiamo rintracciato un certo Bartolomeo (bartulu) di Calabria che il 21 Agosto 5a indizione 1547 fece battezzare il figlio Pietro dal sac. Vincenzo di Cagliari. Padrini: Francesco Bandino e Matteo Pancia. Madrina: Domenica La Grigola(cfr. Documento n. 1). Invece, ben sette individui, indicati con il soprannome, trasformatosi in cognome, Lu Calabrisi, sono presenti nel detto registro: Gerolamo, Giovanni Antonio, Luca, Nicola, Pietro, Ippolito (politu) e Tommaso.
I Calabrò (dal greco Kalabròs ‘calabrese’, nella pronunzia bizantina, e/o dall’omonima località frazione di Belvedere Marittimo nel cosentino), sin dalla prima metà del Cinquecento risiedettero a Termini, come si evince dagli atti del primo registro battesimale (1542-48) dell’AME. Il 7 Ottobre 3a indizione 1544, Filippo Calabrò (ms. calabro) fece battezzare il figlio Bartolomeo dal sac. Stefano Spataro (cfr. Documento n. 2).
Nella lista dei contribuenti termitani del 1724-25 (cfr. Bova – Contino, Termini Imerese. Una inedita lista dicontribuenti del 1724…cit.) ritroviamo M[ast]ro Vinc[enz]o Calabrò mag[gio]re [senior] e Vinc[enz]a Calabrò.
Il cognome Catanzaro deriva dall’omonima città (quest’ultima collocata in posizione altamente strategica prospiciente sullo Jonio) di fondazione bizantina, rifortificata dai Normanni. Al-Idrīsī, geografo islamico alla corte normanna del XII secolo, nella sua opera Sollazzo per chi si diletta di girare il mondo (Nuzhat al-mushtāq fî ikhtirāq al-āfāq), in qillawrîah (Calabria) rammenta Qaṭanṣâr (Catanzaro) «rocca di bella costruzione» (cfr. M. Amari – G. Schiaparelli, L’Italia descritta nel «Libro del Re Ruggero» compilato da Edrisi. Memoria letta nella seduta del 17 dicembre 1876, «Atti della Reale Accademia dei Lincei», anno CCLXXIV, 1876-77, serie seconda, vol. VIII, Salviucci, Roma 1883, p. 111). La Catanzaro del Cinquecento, invece, è così tratteggiata dal Marafioti (Cronicheet Antichità di Calabria, ff. 218r-219r):«città Vescovale non meno nobile, che popolosa, e ricca [….] una delle maggiori città di Calabria, dove si conserva’l vero ritratto della nobiltà, e gentilezza, per li nobili apportamenti degl’huomini, e delle donne, tanto nello sfogiar [sic] del vestito, quanto nella civile conversatione. In ella dimora la Corte Reggia [sic] della Provintia [sic], e di giorno in giorno sempre si và [sic] crescendo пella nobiltà, е numerosità delle genti. Quivi per regale privilegio si stampavano monete, le quali altrove non sispendono solo che nella città stessa. Si fanno in questo territorio delicatissimi vini, abondanza di sesama [sic], e bambaggio [sic], nascono spontaneamente terebinti [piante arboree resinose, di piccola taglia, fam. Anacardiacee], e vitice; Si ritrova’l gisso [sic] specolare [gesso macrocristallino], & il colore ceruleo».
I Catanzaro di Termini, allo stato attuale delle ricerche, sono già attestati nel detto primo registro battesimale (1542-48) dell’AME, non con il loro cognome, bensì tramite il soprannome Lu Comitu (nostromo o pilota), dato a due esponenti, Francesco e Vincenzo.Il 30 Settembre 1542, Vincenzo (vichenso) [Catanzaro alias] Lu Còmitu fece battezzare dal sacerdote Stefano Spataro il figlio Pietro, avendo come padrino Vittorio Cucullitro, madrina Domenica La Grigola (cfr. Documento n. 3).
Nella lista dei contribuenti termitani del 1724-25 (cfr. Bova – Contino, Termini Imerese. Una inedita lista di contribuenti del 1724…cit.) è citato l’armatore, con la sua imbarcazione, P[adro]n Vinc[enz]o Catanzaro, e feluga [feluca].
Il cognome Cosentino deriva da Cosenza, l’antica Consentia/Cosentia (greco Kωνσεντία/Kονσεντία/Kωσεντία, lat. Consentĭa), famosa per la sua produzione fruttifera, specialmente di mele, come ci tramanda Marco Terenzio Varrone Reatino, poligrafo latino del I sec. a.C. nel suo trattato di agricoltura (Rerum rusticarum. I, 7 § 6), per secoli fu il principale centro della Calabria settentrionale. Nel Cinquecento, Cosenza è così descritta dal Marafioti (Cronicheet Antichità di Calabria,f. 257r): «[città]nobile, e riccha mediterranea distante dal mare d’Occidente quasi per ispatio di dodici miglia, e dal mare d’ Oriente per lo dritto del vallo di Crate per ispatio di quaranta miglia posta tra dui fiumi l’uno chiamato Basento, e l’altro Crate [Crati]».
I Cosentino sono già attestati a Termini negli atti notarili degli inizi del XV sec. In tale torno di tempo era attivo il mercante Michele dj Cosintina, sposato con donna Contessa. Quest’ultima fece testamento il 13 Giugno 4a indizione 1411, stabilendo di volere essere sepolta nella chiesa di S. Pietro e disponendo un apposito legato per l’opera della novella chiesa madre di S. Maria La Nova, allora già in costruzione (cfr. ASPT notar Giuliano Bonafede di Termini, vol. 12828, registro del 1410-11).
Nel primo registro battesimale (1542-48) dell’AME si legge che il 29 Maggio 2a indizione 1542 Matteo Cosintino fece battezzare il figlio Antonino dal sac. Gaspare Crescione; compari: Vincenzo Caminonnae Giovanni La Scola; comare: Filippa L’Angelica (cfr. Documento n. 4). Altri personaggi documentati in tale registro cinquecentesco sono Antonino Cusintino; Giacomo Cosintino e Francesco Cusintino.
Il cognome Cutrona trae origine dalla città di Crotone, celeberrima città magnogreca degli achei e colonia romana (lat. Crŏtō/Crŏtōn/Crŏtōna).
La famiglia, di una certa distinzione, è documentata a Termini sin dal Seicento. Mario Cutrona, Filippo Curreri e donna Laura (Lauria) Cirillo sono inseriti in Nomina delle Persone Facoltose et Nobili a poter far il cavallo cioè in grado di sostenere le spese per mantenere un cavallo della Milizia (cfr. AMG, 1659-60 ms. BLT, ff. 129-130). Nella lista dei contribuenti termitani del 1724-25 (cfr. Bova – Contino, Termini Imerese. Una inedita lista di contribuenti del 1724…cit.) si rinvengono citati: D[on] Gio[vanni] Batt[ist]a Cutrona e D[on] Giovanne [sic] Cutrona.
Da Amantea, nel cosentino, deriva il cognome (La) Mantia. Amantea (che sarebbe sorta presso l’antica Lampetia o Clampetia, cfr. greco Λαμπέτεια, lat. Lampĕtĭa o Clampĕtĭa), che fu sede di un emirato musulmano nel IX sec. E’ ricordata nel XII sec. da Al-Idrīsī: «cittàbellae popolata»(cfr. M. Amari – G. Schiaparelli, L’Italia descritta nel «Libro del Re Ruggero»…cit., p. 97).
Amantea (o Mantea o La Mantea), è così descritta dal Marafioti (Cronicheet Antichità di Calabria, f. 252r): «E [sic] stata l’Amantea sede Vescovale, nella quale visse’l beato Iosue [sic] Vescovo sepolto nel monasterio del nostro ordine sotto’l titolo di S. Bernardino: Mà [sic] nel tempo dell’universali rovine di Calabria fatte da Saraceni, è stata la sede Vescovale di questa città aggregata allaCatredale [sic, Cattedrale] di Tropea. Nel monasterio di S. Bernardino predetto si riposa anchora’l corpo del beato Antonio Scocetto monaco del nostro ordine dè minori. Produce questo territorio in abbondanza frutti diversi; nascono spontaneamente i cappari [sic], e si fa abbondantissimo oglio; ne’ colli alla città convicini nasce la lunaria [pianta arbustiva o erbacea con infiorescenze violacee, fam. Crocifere], e la scorpionera, ch’è una spetie d’aconito. Si ritrova quivi un casale detto S. Pietro»[oggi comune di S. Pietro in Amantea].
I (La) Mantia (varianti: Amantia, L’Amantia, Mantia, Manthia) sono noti a Termini fin dalla seconda metà del XV sec.
Il 25 novembre 7a indizione 1488 (cfr. ASPT, atti notar Pietro de Ugo di Termini Imerese,1488-89, vol. 12855 f. 155r), Masius La Mantia civis thermarumvendette al concittadino Giacomo Graffeo, da identificare con l’omonimo pittore, una partita di mosto proveniente dalla sua vigna, sita nell’agro termitano, nella contrada Braxonj (leggi Brascionj, oggi Bragone) ad occidente dell’abitato [cfr. P. Bova – A. Contino, Termini Imerese, nuovi riscontri documentali sulla famiglia Graffeo (XIV – XVI sec.): non sono gli autori degli affreschi di S. Caterina, su questa testata on-line, 7 Agosto 2019]. Altre due stipulazioni di vendita di mosto derivante dal detto vigneto, entrambe datate 17 novembre 15a indizione 1526 furono effettuate da Antonino La Mantia civis thermarum (cfr. ASPT, atti notar Giovanni di Miceli di Termini Imerese,1526-28, erroneamente catalogato 1548-89, vol. 12944 f. 114).
Nel primo registro battesimale (1542-48) dell’AME si legge che il 21 Maggio 2a indizione 1542 il sac. Filippo Lentini (di lintini) battezzò il figlio di Nicola Antonio (colantonj) La Mantia e gli impartì il nome Filippo; compari: mastro Nicola Pucilloe Giovanni PietroLi Castella; comare: Filippa L’Angelica(cfr. Documento n. 5). Altri La Mantia termitani documentati in tale registro sono: mastro Filippo, Bartolomeo(bartolo), Giovanni, Margherita, Pietro e Francesco Antonio.
Il 6 Dicembre 12a indizione 1568, un Antonino La Mantia fu presente come padrino al battesimo, officiato da presti Pietro Maglietta,di Caterina figlia di uno bastasj (scaricatore di porto). Da notare che alla fine dell’atto si specifica che si battiao [battezzò] amore dej, gratuitamente (cfr. AME, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 2, f. 45).
Nella summenzionata lista dei contribuenti termitani del 1724-25 (cfr. Bova – Contino, Termini Imerese. Una inedita lista dicontribuenti del 1724…cit.) sono inseriti Bart[olo]meo Lamantia e Pietro Lamantia.
Dal centro abitato di Longobardi, nel cosentino, sovrastato dalla mole del Monte Cocuzzo (1541 metri s.l.m.), deriva il cognome omonimo, attestato a Termini sin dal Cinquecento. Nel primo registro battesimale (1542-48) dell’AME è scritto che il 29 Maggio 3a indizione 1545, Nicola Antonio Longobardi (ms. longuvarda) o Longobardo fece battezzare la figlia Laura (ms. lauria) dal sac. Filippo Guagenti, alla presenza di Vincenzo Campobasso, mastro Nicodemo di Novo e Domenica La Grigola (cfr. Documento n. 6). Altri appartenenti documentati in tale registro sono Mastro Giacomo Lu Longobardo ed Antonino dj Longubardo.
Tra la seconda metà del XVI sec. e la prima metà del XVII sec. la famiglia, dedita alla costruzione di botti (alquanto richieste a quel tempo), è ancora attestata nella cittadina imerese. Negli atti del notaio termitano Andrea di Pace (ASPT, vol. 13098, ff. 86v-87r) si legge che il 10 Marzo 10a indizione 1612, mastro Pietro (Peri) Martino Longubardo si obbligò con mastro Marco Quatrosi padrone della tonnara di Calasecca o di S. Calogero a «servire probarliriario [bottaio] et annettaturi in detta tonnara» sita ad E di Termini (per ulteriori ragguagli cfr. P. Bova – A. Contino, Termini Imerese, dal XII al XVI secolo: il promontorio scomparso di “Muso di Lupa” e la tonnara, su questa testata on-line, 12 Gennaio 2020).
La cittadina di Martirano (Martorano), nel catanzarese, che diede origine al cognome Martorana, è ricordataen passant nel XII sec. da Al-Idrīsī che la chiama marṭurân (cfr. M. Amari – G. Schiaparelli, L’Italia descritta nel «Libro del Re Ruggero»…cit., p. 101). Il Marafioti (Cronicheet Antichità di Calabria,f. 252), così ladescrive: «Martorano, sede Vescovale nobilissima, incanto alla quale discorre’l fiume Savuto. […] Abbonda Martorano di caccie [sic] diverse per le molte selve, e boschi, с’have d’intorno; si ritrovano in quelle campagne le pietre frigie [la cosiddetta “pietra fungaia”, in realtà il fungo Basidiomicete Polyporus tuberaster, fam. Poliporacee], le quali per ogni mese producono i fonghi [sic, funghi]; sono convicini à [sic] Martorano alcuni Casali, cioè, Constitio, la Motta, e li Coienti».
Sin dalla metà del XV sec., una famiglia Martorana (varianti: Marturana, Marturano, Martorano) che annoverò giurati, notai, giudici e prelati, appartenne alla nobiltà civica di Termini Imerese, essendo inserita al n. 58 dell’elenco ufficiale delle casate patrizie (cfr. Mastra de’ Nobili in V. Solito, Termini Himerese Città della Sicilia posta in teatro. Cioe, l’Historia della Splendidissima Citta di Termini Himerese nella Sicilia. Nella quale si rappresentano, li di lei progressi, le guerre, e li fatti illustri de’ i Cittadini di essa, esposti nelli suoi anni, e secoli da qua[n]do furono cacciati dalla Sicilia li Saraceni insino al tempo prese[n]te. Composta dal Signor Don Vincenzo Solito Nobile Termitano: Protonotaro Apostolico, Archiprete [sic, Arciprete], e Commissario della S[anta]. Inquisizione nella medesima Città. Tomo Secondo. In Messina, Nella Stamperia di Paolo Bisagni 1671, pp. 154-157). Del resto, i Martorana sono menzionati nei documenti ufficiali con i titoli distintivi di nobile, signor e magnifico. Ad es., nel primo registro battesimale (1542-48) dell’AME si legge che il 7 Ottobre 2a indizione 1543 il sac. Gerardo Lo Presti battezzò la figlia del magnifico Giacomo Martorana alla quale diede il nome di Giovannella (Ioannella); compari: Martino Moretta ed il magnifico Leonardo (nardo) di Gentile (cfr. Documento n. 7).
Altri personaggi rammentati in tale registro cinquecentesco, senza titoli distintivi (che comunque erano citati a discrezione), sono: Antonino, Elisabetta, Filippa, Francesco, Giovanni Antonio, Margarita, Nicola Antonio, Pietro, Salvatore e Sebastiano Martorana.
Da Nicastro, cittadina di fondazione bizantina dominante sul golfo di S. Eufemia, deriva l’omonimo cognome. La città viene descritta del Marafioti (Cronicheet Antichità di Calabria,ff. 220rv): «E [sic] hoggi Nicastro sede Vescovale molto nobile, adornata di molti dotti huomini in legge, filosofia, e medicina; abonda ne’ fromenti, e vini, si fà [sic] anchora copia di mele [sic, miele], ed’oglie [sic]; nascono spontaneamente li iuniperi [sic, ginepri]; nelle convicine selve si fanno abondantissime caccie [sic] tanto d’uccelli, quanto d’animali selvaggi; nasce in questo territorio la terra rossa chiamata rubrica fabrile. Sono nel convicino di Nicastro alcuni Casali, cioè, Gizzaria, e Zangarona, li quali parlano in lingua Albanese, e S. Biase […]. Si ritrovano in questo territorio bagni d’acque calde, e sulforee, de’ quali si servono gl’huomini, e le donne in rimedio di diverse infermità».
Alla fine del Seicento troviamo già presenti a Termini i Nicastro o Nicastri. Nella predetta lista dei contribuenti termitani del 1724-25 (cfr. Bova – Contino, Termini Imerese. Una inedita lista di contribuenti del 1724…cit.) è riportato il nominativo di Fran[ces]co Nicastri.
Dalla cittadina di Palmi, nel reggino, sorta nel X sec. nella piana di Rosarno, deriva il cognome termitano Palmisano (abitante di Palmi), abbiamo la seguente descrizione del Marafioti (Cronicheet Antichità di Calabria,ff. 70rv) che decanta particolarmente la pescosità del suo mare: «sovra il mare sta Parma [sic], in una bellissima prospettiva […]in questo mare vi è la tunnara, e si pescano molte sorti di pesci come gronghi, morene [sic, murene], aurate [sic, orate], sarpe, sarache [sic, saraghi], occhiate, luzzi [lucci di mare, Sphyraena sphyraena], laguste [sic, gamberi], & altri solo conosciuti da pescatori, & habitanti del paese, anco è degno di nome questo mare, perch’in esso si pescano perfettissimi coralli» .
Nel primo registro battesimale (1542-48) dell’AME si legge che il 15 Luglio 1a indizione 1543, il sac. Silvestro (silivestri) Gippetto (chippetto) battezzò il figlio di Simone (munj) Palmisano (ms. parmisano) imponendogli il nome Filippo; compari: Leonardo (nardo) Impax e Michele Salamone alias Pinnisi; comare: Isabella (Sabella) La Vizzina (cfr. Documento n. 8). Un altro personaggio documentato in tale registro è Francesco Palmjsano.
Agli inizi del XVIII sec., un ramo della casata entrò a far parte del patriziato urbano con un altro Francesco Palmisano (n. 12 marzo 1638) figlio di mastro Giuseppe e di Gerolama Pipi (padrini mastro Antonino Geraci fu Francesco e Felicia moglie di Nicasio di Liberto e figlia di Giambattista Ungaro, cfr. AME, Battesimi, vol. 19, f. 91) ed il13 novembre 1660 sposò Margherita Sceusa fu Leonardo ed Antonina (testimoni: Antonino Nicoxia e mastro Domenico Cupittino cfr. AME, Sponsali, vol. 27 f. 7). Il Palmisano fu console della Natione Genovese, con nomina del 10 maggio 1694 (AMG, 1693-94 f. 168r e 169r), risultando poi inserito nel ruolo dei Giurati del 1713-14 (AMG, 1713-14 f. 58v), essendo reggente dell’Ufficio d’amministrazione delle dogane di Termini.
La lista dei contribuenti termitani del 1724-25 (cfr. Bova – Contino, Termini Imerese. Una inedita lista dicontribuenti del 1724…cit.) rammenta ben sette armatori di questa famiglia: Ant[oni]no Palmisano, e barca; Calog[er]o Palmisano, e barca; Dom[eni]co Palmisano, e barca; Fran[ces]co Palmisano, e barca; Marco Palmisano, e barca; Leo[nar]do Palmisano, e barca edOnofrio Palmisano, e barca.
Scalea (sita nel cosentino, dominante sulla piana del Lao), donde deriva il cognome (La) Scalia, come riferisce il Marafioti (Cronicheet Antichità di Calabria,f. 280v), nel Cinquecento era nota come importante centro minerario e zuccheriero: «nella Scalea si ritrovano le minere [sic] del piombo, e si fà [sic]‘l zuccharo».
Sin dalla fine del XV sec., si trovaa scritta alla nobiltà civica di Termini Imerese (al n. 89 della Mastra de’ Nobili in Solìto, Termini Himerese…cit.), la famiglia (La) Scalia – ben documentata ancora allo scadere del Seicento – che vantava giurati, notai, giudici e prelati. Nel primo registro battesimale (1542-48) dell’AME sono attestati il sac. Antonio La Scalia, il magnifico Andrea o Andreuccio (ms. andrjucza) La Scalia ed il magnifico Gerolamo La Scalia.
Squillace (nel catanzarese, prospiciente sull’omonimo golfo, sita presso l’antica Skylletion greca e Scylăcīum o Scylăcīum romana), da cui trae origine il cognome Schillaci, è ricordata dal Marafioti (Cronicheet Antichità di Calabria, f. 139v): «Sta ella fabricata in luogo alto,con bellissima disposicione & è rinchiusa dal destro e dal sinistro lato da dui fiumi».
La famiglia Schillaci è attestata a Termini sin dalla prima metà del Cinquecento. Dal primo registro battesimale dell’AME risulta che il 18 Aprile 3a indizione 1545, mastro Ippolito (polito) Schillaci (ms. chjllachj), assiemea mastro Pietro Scarano e Filippa L’Angelica,fu presente al battesimo, impartito da presti Filippo Teresi, di Caterina figlia di Antonino Carollo (cfr. Documento n. 10).
La lista dei contribuenti termitani del 1724-25 (cfr. Bova – Contino, Termini Imerese. Una inedita lista dicontribuenti del 1724…cit.) ci informa della presenza di Ag[osti]no Schillaci; Fran[ces]co Schillaci; Leo[nar]do Schillaci; Vittoria Schillaci.
Seminara, cittadina del reggino di origine bizantina sita nella piana di Gioia Tauro, diede il nome all’omonima famiglia termitana. Il Marafioti (Cronicheet Antichità di Calabria, f. 66v) decanta gli abitanti della Seminara del Cinquecento e la feracità del suo territorio: «ch’hoggi è habitatione molto nobile, abbondante d’ogni cosa necessaria all’humano vivere, nelle cui campagne si fa abbondanza d’oglio finissimo, e vi sono caccie [sic] di diversi uccelli mà [sic] in particolare, di turdi [sic], faggiani [sic], e starne, gli huomini, e donne sono specolative, perdono di natura, e nella civile conversatione dimostrano nobilmente, la gentilezza, e cortesia dell’animo, in questo territorio le vindemie sono abbondanti, il [sic] cava il gisso specolare, del quale si fanno bellissimi ornamenti stuccati nelle fabriche».
I Seminara risultano già presenti a Termini agli inizi del Seicento. Mastro Agostino Seminara, era specializzato nella realizzazione di apparati effimeri all’interno dei luoghi di culto e che venivano montati soprattutto durante le festività principali [cfr. P. Bova – A. Contino, Apparati effimeri per la festa del Corpus Domini nella Maggior Chiesa di Termini Imerese (1594-1649), in “Espero”, n. s. Anno VIII n. 93, dicembre 2014 p. 8]. Dal Libro delli Thesoreri di questa Venerabile Cappella del Santissimo Sacramento fondata in questa nostra Maggiore Chiesa in questa Splendidissima Città di Termine [sic], 1658-90 (ms. BLT), risulta che il detto Seminara ricevette onze 2, tarì 18 e grana 11, «per aver fatto il sepolcro il Giovedì Santo» nelle festività pasquali del 1677.
Da Senise (sita oggi in Basilicata nella provincia di Potenza) deriva il cognome Sinisi. La cittadina è ricordata en passant nel XII sec. da Al-Idrīsī (cfr. M. Amari – G. Schiaparelli, L’Italia descritta nel «Libro del Re Ruggero»…cit., p. 101) che la chiama sanîs annoverandola tra le città della Calabria di quel tempo, assieme ad ‘akl.rmunt o k.l.rmunt, corrispondente a Chiaromonte, altro centro abitato del potentino (da cui sospettiamo possa derivare il cognome termitano Chiaramonte).
Nel primo registro battesimale (1542-48) dell’AME risulta che il 15 Dicembre 3a indizione 1544, Giacoma Sinisi fu presente, assieme a Pietro di Pilato ed a Francesco Bellomo, al battesimo (officiato dal sac. Stefano Spataro) di Antonio figlio di Nicolò di Vicari (cfr. Documento n. 9).
La ricerca effettuata, attraverso la documentazione in gran parte inedita, scoperta dagli scriventi, ha permesso di ricostruire un’importante pagina di storia sinora dimenticata, recuperandola alla memoria, che attesta in maniera tangibile i plurisecolari contatti tra alcune città della Calabria e Termini Imerese.
Patrizia Bova e Antonio Contino
Ringraziamenti: vogliamo esprimere la nostra più viva riconoscenza, per l’indispensabile supporto logistico nelle ricerche,rispettivamente, ai direttori ed al personale della sezione di Termini Imerese dell’Archivio di Stato di Palermo e della Biblioteca comunale Liciniana di Termini Imerese. Ringraziamenti particolari vanno a don Francesco Anfuso ed a don Antonio Todaro per averci permesso in questi anni di effettuare delle fondamentali ricerche presso l’Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese.
Documento n. 1
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 102v n. 3.
Eode[m] [21Agosto5a indizione 1547] lo ditto[presti vincenzo cagliari] b[attizzò] lo f[iglio] djbartulu / dj calabria no[min]epetro li co[m]parj/ franc[esc]obandjno et matteo / pancjia la com[m]arj [domenica] lagrigola
Documento n. 2
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 41r n. 5.
Eode[m] [7 Ottobre3a indizione 1544] lu dictu [presti stefano spataro] b[attizzò] lu f[igliu] di ph[ilipp]u / calabro no[mine] bartolomeo li com[pari] / joa[n]nj [salamone alias] pinnisi minor et joa[n]nj / antonio digirardo la com[mari] [domenica] lagri/gola
Documento n. 3
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 12r n. 6.
Die 30 [Settembre2a indizione 1542]presti stefano [spataro] b[attizzò] lu f[igliu] di viche[n]so[catanzaro alias] lu / comitu no[mine] pet[r]o li co[m]pari/ vittorio cucullit[r]o la co[mmari] / [domenica] la grigola
Documento n. 4
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 4v n. 5.
Eode[m] [29 Maggio2a indizione 1542]/ presti caspano crixunj b[attizzò] lu / f[igliu] di macteo cosintino n[omine] / a[n]tonino li co[m]pariviche[n]so / camino[n]na et joan[n]i la sco/la la co[m]mari / [filippa] la gelica[sic, l’angelica]
Documento n. 5
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 3v-4r.
Eode[m] [21 Maggio 2a indizione 1542]/ p[re]sti filippo di li[n]tini b[attizzò] lu f[igliu] / di colantonjlama[n]tia n[omine] fi/lippo li co[m]parjm[astr]o nicola // pucillo et ja[n]p[ietr]o li castel/la la co[m]mari ph[ilipp]a la[n]gelica[sic, l’angelica]
Documento n. 6
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 62r n. 6.
Eode[m][29 Maggio3a indizione 1545]p[re]sti ph[ilipp]u guage[n]ti b[attizzò] la f[iglia] di / guala[n]tonj [sic, colantoni, nicola antonio] lo[n]guvarda no[mine] pet[r]o li co[m]pari/ viche[n]zu ca[m]pubaxu et m[astr]u / nicodemudi novu la co[mmari][domenica] la gri/gola
Documento n. 7
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 31v n.1.
Eode[m] [7 Ottobre 2a indizione 1543]/ p[re]sti gerardo [lo presti] b[attizzò] la f[iglia] dj m[agni]f[ico] Jacopu / martorana n[omine] Ioa[n]nella lj / comparj martino moretta et m[agni]f[ico] nardo di gintili
Documento n. 8
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 27r n. 5.
Eode[m] [15 Luglio 1a indizione 1543]/ prestisilivestri chippetto b[attizzò] lu f[igliu] di / munj parmisano n[omine] ph[ilipp]o lj co[mpari] / nardo Impax et micheli [salamone alias] pinnisi / la co[mmari] Sabella lavizina
Documento n. 9
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 49r n. 4.
Die 15[Dicembre3a indizione 1544] lu dictu[presti stefano spataro]· b[attizzò]· lu f[igliu] dini/colaudi vicarjno[mine]: antonj / lj co[mpari]: pet[r]o dj pilatu et/ fr[an]c[esc]o bellomu · la co[mmari] Jaco/ba Sinisi ·
Documento n. 10
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 59r n. 1.
Eode[m] [18 Aprile3a indizione 1545] b[attizzò] lu dictu [presti filippo tiresi] la f[iglia] djant[oni]no / carollo no[mine]caterjna lj co[mpari]m[astr]u petro / scarano [et] m[astr]u polito [s]chjllachj [la commari] / [filippa] la[n]ge/ljca
Insostituibili Patrizia Bova e Antonio Contino.
Ancora una volta complimenti per la Vostra pregevole opera.
Un excursus storico straordinario. Grazie
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