«Umana cosa è aver compassione degli afflitti». Ecco l’inizio del Proemio del Decameron, una delle più celebri opere della letteratura italiana del Trecento. Il grande Giovanni Boccaccio immagina dieci giornate trascorse da alcuni giovani nella campagna toscana,
nel tentativo di sfuggire alla spaventosa pandemia da peste nera che dal 1348 flagellò l’Europa, mietendo moltissime vittime anche a Firenze. La brigata composta da dieci protagonisti, sette donne e tre uomini, si rifugia in una villa nella campagna toscana organizzando una convivenza scandita da norme precise; fra queste, raccontare ogni giorno una novella a tema, avente scopi sia morali che dilettevoli. L’isolamento forzato cui i giovani si costringono per evitare l’orrore della peste, li esorta ad una frenetica attività inventiva, al racconto come antidoto alla paura, all’uso dell’immaginazione come rito catartico e liberatorio.
Sin dagli inizi del Lockdown in tanti hanno trovato affinità spesso sorprendenti tra l’attuale dramma dovuto al Covid19 e la terribile pestilenza del Trecento. Come il Covid19, anche la peste nera che aleggia in maniera sinistra e fa da sfondo alle vicende narrate dal Decameron, giunge dall’Asia. Quei dieci giovani reagiscono alla paura, all’isolamento sociale, alla morte che aleggia sulla loro società; la loro sarà una “quarantena” feconda. Noi esseri umani, per sopravvivere all’angoscia opprimente, siamo in grado di attivare svariati meccanismi di difesa. Se i personaggi descritti dal Boccaccio raccontano di vizi e virtù, con sapida e salace ironia, cercando di superare ansie e timori, noi moderni “quarantenauti” abbiamo colorato arcobaleni, cantato a squarciagola nei balconi, utilizzato ogni strumento di comunicazione a nostra disposizione per lenire, almeno in parte, il disagio dell’inevitabile distanziamento fisico. Nel quadro pandemico devastante che sinora ci ha accompagnati, abbiamo tutti attinto a piene mani alle risorse tecnologiche. Anche chi non era affatto abituato all’uso della tecnologia ha imparato ad utilizzare computer, tablet e smartphone. Abbiamo dovuto fare i conti con la distanza sociale che si è però assai mitigata grazie alla possibilità di restare comunque in contatto con videochiamate e videoconferenze. Se la brigata boccaccesca sceglie l’autoisolamento e recide i contatti con il mondo esterno, il web oggi ci ha comunque concesso di restare prudentemente a casa, pur mantenendo legami e contatti.
Il Decameron di Boccaccio ai tempi del coronavirus ha trovato grandissimo spazio sui social. E’ stato tutto un fiorire di iniziative che hanno coinvolto tantissimi utenti, con iniziative direttamente ispirate al tema delle cento novelle boccaccesche. Così se sui social sono comparsi numerosi post ed eventi a tema, su Facebook, ad esempio, sono stati organizzati dei veri e propri gruppi di lettura e dirette, e ciò grazie all’iniziativa sia di singoli insegnanti ed artisti sia di istituzioni quali biblioteche, musei e librerie. Tra le tante, particolarmente interessante ci è sembrata l’iniziativa promossa dalla Scuola Normale di Pisa intitolata “L’allegra brigata, lettura collettiva a distanza del Decameron”; oltre 300 persone “reclutate” in Italia ma anche all’estero per intraprendere la lettura, naturalmente a distanza, del capolavoro di Giovanni Boccaccio. Ancora la Galleria degli Uffizi ha lanciato una campagna dalla sua pagina Facebook con l’hashtag #UffiziDecameron. In Campania la Biblioteca Diocesana San Tommaso d’Aquino di Piedimonte Matese (Caserta) ha lanciato il suo “Decamerone 2.0”, un appuntamento serale sulla pagina Facebook con minivideo di lettura. E ancora l’iniziativa Decameron – una storia ci salverà -, un festival letterario digitale pensato e promosso da un gruppo di scrittrici, Teresa Ciabatti, Chiara Valerio, Michela Murgia, Elena Janeczek, Evelina Santangelo, Caterina Bonvicini, Valeria Parrella, Rossella Milone e Alessandra Sarchi, con la collaborazione di molti editori, da Mondadori a Longanesi a Rizzoli, da Marsilio a Hacca, da Sem a Einaudi, Laterza, Nord, Sellerio, Chiarelettere e Fandango e molti altri. Particolarmente accattivante la #decameronchallenge – ideata da Laura Tagliaferri, professoressa della scuola media Spezzaferri di Lodi, che ha pensato, tramite una vera e propria sfida virtuale sui social, di ricreare, virtualmente, il gruppo dei protagonisti della celebre opera. Una maniera per dimostrare che oggi come allora è possibile sopravvivere psicologicamente alla pandemia grazie al racconto. Infine, a Certaldo (Fi), il paese di Giovanni Boccaccio, parte il concorso letterario “Racconti isolati – Un Decameron ai tempi del Covid”, organizzato dal Comune e promosso a livello nazionale in collaborazione con Touring Club Italiano.
“Ora che il tempo della reclusione sta finendo e la ripartenza si avvicina per tutti – dice il sindaco di Certaldo, Giacomo Cucini – possiamo trarre frutto dal molto tempo avuto per leggere, pensare, sognare il ritorno alla nostra vita reale o a una vita diversa. Siamo certi che molte persone hanno già scritto, o potranno scrivere, una breve storia, vera o immaginata, nata durante questo periodo. Proprio come Boccaccio, dopo la peste del 1348, volle scrivere cento novelle come manifesto della rinascita dell’umanità, così noi ci proponiamo, oggi, di dare voce a chiunque voglia raccontare, in modo letterario, un aneddoto, una storia – vera o di fantasia – collegata al tempo della pandemia e dell’isolamento causato dal Covid-19. Con l’obiettivo di fare memoria ma anche di ripartire”.
Per partecipare, si deve scrivere un racconto breve, di stile narrativo, compreso tra le 3.000 e le 15.000 battute, ed inviarlo, entro il 30 giugno 2020, a racconti.isolati comune.certaldo.fi.it.
Può essere un modo per esorcizzare, narrandole, tutte le angosce e le speranze, quel groviglio di emozioni che ci ha accompagnato durante la pesantissima Fase 1, che sta ancora facendo sentire la sua opprimente presenza in Fase 2 e che speriamo di lasciarci al più presto definitivamente alle spalle. Se riusciremo a raccontare e dunque condividere tutto ciò, potremo, almeno in parte, esorcizzare l’incubo collettivo della pandemia da Covid19.
Anna Maria Alaimo