Confusione e paura sono le inevitabili conseguenze dell’incertezza che, in un momento storico come quello che abbiamo attraversato, e stiamo in parte vivendo, pare rievocare il tema medievale ispirato a quel senso di precarietà dell’essere umano a lungo raffigurato,
e proposto nel vecchio continente al termine di secoli di guerre e pestilenze, di cui il celebre “Trionfo della Morte” custodito nella Galleria Regionale di Palazzo Abatellis, a Palermo, ne è grandiosa rappresentazione.
Molti secoli sono passati da quei contesti di superstizione, castigo e autoreferenzialità eppure, oggi, nell’era di Internet e dell’informazione scientifica, confusione e paura restano le costanti di un’incertezza alimentata da fake news e da dati non ufficiali.
Lo stato di diritto teorizzato da menti illuminate e conquista di civiltà dopo i secoli del buio Medioevo, impone ai custodi della cosa pubblica – oggi guidati da principi costituzionali – un uso saggio (oltre che lecito) delle informazioni disponibili nei confronti dei loro rappresentati e non solo, soprattutto in situazioni emergenziali.
Le informazioni istituzionali non possono e non devono provenire da un qualche profilo di un qualche social quale prima fonte di comunicazione: non già e non solo perché quei dati, una volta in rete, o perché caricati dall’utente o perché condivisi, non sono più controllabili restando in custodia a “gestori” con sedi dall’altra parte del mondo, con buona pace del GDPR, Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (in inglese General Data Protection Regulation), ufficialmente regolamento (UE) n. 2016/679 in sigla RGPD (più noto con la sigla inglese GDPR), è un regolamento dell’Unione europea in materia di trattamento dei dati personali e di privacy, adottato il 27 aprile 2016.
Ma ancor più per le problematiche connesse all’impatto che la c.d. comunicazione fluida (web communication) ha sui diritti soggettivi individuali e collettivi primo tra tutti la pubblica sicurezza.
Ora, il Comune è il primo presidio di civiltà per il singolo: l’ente locale rappresenta una comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo e il Sindaco ne è il “tutore” rappresentando tutti coloro che appartengono al territorio di sua competenza, così curandone gli interessi e perseguendone lo sviluppo collettivo. Questo non è solo buon senso ma un preciso dovere previsto dalla legge che disciplina anche i diritti di accesso e di informazione, i sistemi informativi e i doveri degli organi di governo del comune primo tra tutti il Sindaco che è responsabile dell’amministrazione del Comune secondo quanto previsto dal Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali – Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 art. 6 e ss.
Come noto, il Sindaco esercita i compiti conoscitivi e informativi concernenti le proprie funzioni in modo da assicurare, anche tramite sistemi informativi automatizzati, la circolazione delle conoscenze e delle informazioni.
A tale proposito, all’indomani dell’entrata in vigore del c.d. Pacchetto Anticorruzione – L. 190/2012 e dei relativi Decreti Legislativi n. 33 e 39, il Garante Privacy ha emanato le Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati (Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2014).
Tali Linee Guida contengono indicazioni in relazione agli obblighi di pubblicazione online di dati aventi a oggetto le “informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” ed anche in relazione agli altri obblighi di pubblicità online di dati, informazioni e documenti della P.A. contenuti in specifiche disposizioni di settore diverse da quelle approvate in materia di trasparenza, quali ad esempio, quelli volti a far conoscere l’azione amministrativa in relazione al rispetto dei principi di legittimità e correttezza, o quelli atti a garantire la pubblicità legale degli atti amministrativi.
Con riferimento, poi, alla qualità delle informazioni, l’art. 6 del D. Lgs. n. 33/2013 dispone testualmente: “Le pubbliche amministrazioni garantiscono la qualità delle informazioni riportate nei siti istituzionali nel rispetto degli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge, assicurandone l’integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, l’omogeneità, la facile accessibilità, nonché la conformità ai documenti originali in possesso dell’amministrazione, l’indicazione della loro provenienza e la riutilizzabilità e che L’esigenza di assicurare adeguata qualità delle informazioni diffuse non può, in ogni caso, costituire motivo per l’omessa o ritardata pubblicazione dei dati, delle informazioni e dei documenti”.
Come noto, le pubbliche amministrazioni sono “titolari” del trattamento dei dati, ai sensi del Codice Privacy, e devono conseguentemente controllare l’attualità delle informazioni pubblicate, modificarle o aggiornarle opportunamente. Dovere che, diversamente, non incombe sui social.
Essere “moderni” non può significare rinunciare all’attendibilità. Attendibilità che solo un canale istituzionale di informazione, quale è il sito ufficiale del Comune, è in grado di garantire.
Al di là della fluidità della comunicazione e delle sue dinamiche – che più che ad una auspicata efficienza sembrano rimandare più alla “liquidità della modernità” del sociologo Bauman – resta il fatto che nessun obbligo di registrazione su un social sussiste in capo al singolo rimanendo tale scelta una libera determinazione dettata spesso dalle mode dell’“out of the box” e del “cool” e meno da una scelta consapevole che presuppone, tra l’altro, una piena adesione alle condizioni generali di uso (la sottoscrizione di un contratto).
Ad ogni modo, qualunque possa essere la sottesa motivazione personale, non pare che sia la “sete” di informazioni istituzionali o attendibili a spingere l’utente verso Facebook. Certamente non dovrebbe esserlo in un momento in cui anche a livello istituzionale europeo, si è intensificata l’attenzione al contrasto alla disinformazione online, a fake news ritenute addirittura suscettibili di minare alla democrazia.
Posto che non è possibile, oggi, in assenza di disposizioni ad hoc, controllare la correttezza di notizie diffuse attraverso i social o altri canali non istituzionali, la sola garanzia di veridicità e di scientificità dell’informazione è la provenienza da canali ufficiali: il sito web del Comune.
Del resto, al di là dell’adempimento dell’obbligo giuridico, l’utilizzo dello strumento istituzionale è a salvaguardia dello stesso ruolo attribuito all’organo politico che rappresenta l’istituzione comunale oltre che a tutela della collettività e dei singoli, della loro incolumità e del loro diritto ad una informazione attendibile, la sola capace di prevenire il degrado della confusione.
Alice Bova