La chiesa Cattedrale di Palermo, dedicata a Maria Santissima Vergine Assunta, è uno dei luoghi iconici della città. La sua particolare architettura caratterizza l’alto Cassero, l’area a ridosso delle antiche mura punico-romane che chiudevano il luogo del primo insediamento fenicio.
La millenaria storia del sacro monumento segue di pari passo le dominazioni che hanno fatto della Sicilia un vero melting pot. Dapprima luogo di culto pre-cristiano, nel VII sec. d.c. divenne basilica bizantina. La basilica venne trasformata in moschea del venerdì al tempo della dominazione islamica per essere restituita al culto cristiano nel 1072 da Roberto e Ruggero d’Altavilla. All’arcivescovo Walter of the Mill (italianizzato come Gualtiero Offamilio) si deve la ricostruzione dell’edificio normanno, collocata dagli studiosi tra il 1169 – anno dell’elezione di Gualtiero ad arcivescovo – ed il 1185, anno della consacrazione della chiesa. L’attuale aspetto interno della chiesa, divisa in tre navate da pilastri che sostengono volte a botte, con una cupola nel punto di incrocio tra il transetto e la navata centrale, è il risultato degli estesi rifacimenti operati nell’edificio dal regio architetto Ferdinando Fuga tra il 1781 e il 1801. L’austera, algida eleganza data dal restyling neoclassico ideato dal Fuga, fa da contraltare alla ricchezza degli arredi sacri, copiosamente presenti nelle numerose cappelle: pale d’altare, statue, argenti e suppellettili opere di artisti del calibro di Francesco Laurana, Domenico e Antonio Gagini e bottega, Pietro Novelli, Mariano Smiriglio, Filippo e Gaetano Pennino, Vito d’Anna, Giuseppe Velazquez, Valerio Villareale, Mariano Rossi.
Da alcuni giorni la Cattedrale è assurta agli onori della cronaca per un singolo scatto che nulla ha a che vedere con le sue preziose opere d’arte. L’immagine in oggetto, divenuta virale grazie al potere dei social, documenta un grosso groviglio di cavi che dal soffitto si fa impietosamente strada in un angolo dell’architettura interna della cattedrale. La foto ha scatenato feroci polemiche e fatto gridare allo scandalo. Immediata e perentoria è stata la replica di monsignor Filippo Sarullo, segretario aggiunto della Conferenza episcopale siciliana, da pochi mesi nuovo direttore del Museo diocesano di Palermo nonchè parroco della stessa Cattedrale che, a caldo, ha parlato di “Una polemica stupida”. Il monsignore ha spiegato la presenza di questo impianto così vistoso, poco ortodosso e chiaramente non conforme alle regole conservative: “Quel cablaggio c’è dai tempi del cardinale Ruffini. I cavi sono lì in una zona nascosta della chiesa e saranno presto rimossi con alcuni lavori che saranno eseguiti nella cattedrale”.
E qui ci sembra doveroso sottolineare il fatto che il cardinal Ruffini, insigne prelato della chiesa palermitana, ordinato nel 1946, è passato a miglior vita nel lontano 1967. Dunque il contestatissimo, orribile impianto, in effetti, pare che se ne stia lì, quatto quatto, a pochi centimetri dalla solenne figura del San Paolo – opera insigne di Antonio Gagini – da qualcosa come sessant’anni.
Padre Sarullo ha continuato la sua dichiarazione con un velo di amarezza, affermando che: “Si va a guardare quei cavi e non si dice nulla sul lavoro che ho svolto in questi anni per far rinascere una delle chiese più belle di Palermo con importanti interventi per salvaguardare il prezioso bene architettonico. Anche per me quei cavi sono una ferita. Chi ha fatto i lavori avrà pensato più all’efficienza che al decoro del monumento. Fortunatamente questa ferita scomparirà, grazie ai lavori conservativi che partiranno a breve. Spero tanto che la grande condivisione mediatica delle pagine social di questa fotografia, sia seguita da altrettanta partecipazione alle tante attività della nostra parrocchia”.
All’interno della Cattedrale, in effetti, oltre all’ormai celebre cablaggio, uno sguardo attento e disincantato riesce facilmente a cogliere una più che numerosa serie di impianti che fanno troppo spesso goffamente capolino tra statue, affreschi, cornici, stucchi e modanature. Abbiamo visto fili e cavi sin troppo in evidenza, prese e pannelli elettrici, casse acustiche e faretti ma anche una serie di fori e sbreccature che speriamo siano al più presto riparate. Abbiamo fotografato solo i “casi” a parer nostro più evidenti, quelli che meriterebbero di esser meglio celati alla vista, per preservare decoro e solennità alla monumentale cattedrale; nella speranza che anche questi impianti, necessari per la migliore fruizione della chiesa ma decisamente troppo appariscenti, vengano presto rifatti con modalità più conformi ai canoni contemporanei del restauro e più rispettosi della sacralità del luogo.
Anna Maria Alaimo