Inizia, con questo articolo, la collaborazione con Esperonews di Ferdinando Maurici e Alberto Scuderi, autori dello straordinario volume per la ricostruzione della storia dell’Isola: “Civiltà del Sole in Sicilia. Indicatori solstiziali ed equinoziali di presumibile epoca preistorica”,
scritto insieme al compianto Vito Francesco Polcaro. Una ricerca nel campo totalmente inesplorato dell’archeoastronomia siciliana.
«L’importanza dell’osservazione del cielo quale sistema calendariale per l’agricoltura, un sistema che aveva bisogno di un punto di riferimento fisso, definito da uno dei solstizi, da cui iniziare il conto dei giorni dell’anno. Si può quindi presumere che ogni comunità preistorica in Sicilia avesse un suo proprio “calendario”». Queste premesse hanno portato Maurici e Scuderi a visitare significativi luoghi-simbolo in tutta l’isola, alla scoperta di quelle antiche tracce. E sembra esserci un numero veramente stupefacente di siti, sparsi per tutta la Sicilia, dove gli abitanti preistorici adattarono emergenze naturali del paesaggio per celebrare e annodare il legame fra il cielo e la terra. Ogni settimana sarà pertanto presentato un sito diverso, ospitato nella Rubrica “Civiltà del Sole. Archeoastronomia in Sicilia”. Inizia un viaggio straordinario alla scoperta dei suggestivi “calendari solari” che punteggiano tante contrade dell’isola.
Nel territorio a Sud di Monte Iato, in provincia di Palermo, all’interno dei limiti comunali di San Cipirello e di Monreale, esistono, a circa 8 chilometri di distanza l’una dall’altra, due grandi rocce con fori artificiali. (fig. 1-2) Una è ancora oggi in piedi e ben visibile anche da lontano; la seconda, anch’essa in origine certamente ben visibile da lunga distanza, andò distrutta per cause naturali in un momento imprecisato: era ancora almeno parzialmente in piedi alla fine degli anni 80 o al principio degli anni 90 del XX secolo quando la vide e descrisse brevemente una studiosa degnissima di fede quale l’archeologa Elisabeth Lesnes. La prima, secondo alcuni studiosi, sarebbe un arcosolio romano di cui sarebbe crollata la lunetta di fondo. Il Presidente dell’Ordine Regionale dei Geologi Giuseppe Collura ha attestato al contrario l’artificialità dell’apertura di fondo ed essa ci sembra inoppugnabilmente evidente all’osservazione diretta. Entrambi i fori sono senza dubbio artificiali e orientati astronomicamente con estrema esattezza: uno, quello ancora esistente su Monte Arcivocalotto, è in asse con l’alba del solstizio d’inverno-tramonto solstizio d’estate con entrambi i fenomeni osservabili e l’altro, quello documentato da una foto (certamente non ritoccata ed ancora più certamente non da noi), dal toponimo, da testimonianze orali e dai resti esistenti sulla collina di contrada Perciata, aveva l’asse esattamente orientato all’alba del solstizio d’estate-tramonto solstizio invernale, ancora una volta con entrambi i fenomeni osservabili e da noi osservati. Per quest’ultima pietra forata resiste ancora la tradizione orale che metteva in rapporto il sorgere del sole all’interno del foro verso la fine di giugno con l’inizio dei lavori di mietitura che, anche qui, cominciano tradizionalmente a cavallo del solstizio d’estate. Un dato che ci sembra di grande importanza.
Per il sito di Monte Arcivocalotto, ove esiste la roccia forata ancora oggi in piedi, è ben attestato archeologicamente un insediamento dell’Età del Rame/Bronzo Antico. (fig.3-4) Tanto da Perciata che da Monte Arcivocalotto rimane in vista il Pizzo Pietralunga, straordinaria emergenza geologica caratterizzante il paesaggio a Sud di Monte Iato per lunghissimo tratto e alle cui pendici ebbe sede un insediamento dell’Eneolitico/Bronzo Antico i cui materiali, secondo Alberto Scuderi, Sebastiano Tusa e Angelo Vintaloro, indicano una frequentazione di carattere cultuale e/o di scambio da parte delle popolazioni dell’area. Anche nelle immediate vicinanze della roccia forata di Perciata si raccolgono frammenti ceramici risalenti all’Eneolitico e al Bronzo Antico, mentre a poche centinaia di metri è stata rinvenuta una provabile tomba tholoide con dromos. Al momento dell’alba del solstizio d’estate il sole tocca la cima di Pizzo Pietralunga e veniva inquadrato all’interno della distrutta roccia forata di Perciata. All’alba del solstizio d’inverno, il sole sorge all’interno della roccia forata di Monte Arcivocalotto (ancora esistente) e sfiora la sommità di Pizzo Pietralunga.
Al tramonto del solstizio d’estate, la roccia forata di Arcivocalotto incornicia il sole che tramonta dietro il lontano orizzonte di Capo San Vito. Supporre la causalità di tali fatti, con ovvia eccezione relativamente alla posizione naturale di Pizzo Pietralunga, ci sembra decisamente fuori dalla realtà. Ipotizzare la casualità di due allineamenti solstiziali complementari per due rocce forate artificialmente, di tipo analogo ed ubicate all’interno della medesima zona e di altezza sull’orizzonte geografico tale da permettere di cogliere le due albe e i due tramonti solstiziali, si scontra, a parte ogni altra possibile considerazione, con ostacoli statistici che ci appaiono francamente del tutto insuperabili. Le due rocce forate, quella non più esistente di Perciata e quella di Arcivocalotto
(che poté forse più tardi vedere lo scavo di una o due formae), sono a nostro giudizio dei segnalatori o indicatori solstiziali. Preferiamo adoperare per ora tale espressione per questi e tutti i monumenti da noi studiati piuttosto che quella di “calendari solari”, certo più suggestiva. Rimane infatti dubbio se i costruttori e i “fruitori” di tali rocce forate ed orientate astronomicamente o di altri monumenti aventi medesimo scopo, fossero in grado, grazie all’osservazione dei solstizi, di elaborare un concetto parallelo a quello nostro di anno ed eventualmente contarne i giorni, anche con una certa approssimazione.
Per altri contesti geografici ed archeologici l’autorevole astronomo ed archeoastronomo Edoardo Proverbio ritiene che “gli osservatori del periodo megalitico arrivassero a rilevare e forse a definire in via del tutto empirica la durata dell’anno solare di 365,25 giorni”. Pur non scartando l’ipotesi anche per la Sicilia nella preistoria agricola, in mancanza di altri appigli archeologici, preferiamo mantenere il dubbio e parlare quindi per ora soltanto di segnalatori o indicatori solstiziali. Ciò anche se la grotta di Serra delle Candele (CL) con l’apertura principale orientata ca. 60°-240°, un foro sull’asse N-S- ed altri due sull’asse ca. 90-270° (albe-tramonti equinoziali) indica che, almeno in questo caso, i costruttori e i “fruitori” della grotta-osservatorio erano in grado di determinare i quattro fenomeni solari principali dell’anno.
gli antichi non erano affatto primitivi!!
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