Archeoastronomia, una rete di aree sacre e santuari legati al culto del sole nella Sicilia preistorica

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L’ipotesi di lavoro è di trovarci di fronte a una vera e propria rete di complesse aree sacre, veri e propri santuari legati ad una religiosità incentrata sul sole ed in particolare sulle sue epifanie solstiziali.

Le dimensioni della maggior parte dei fori, che consente al sole di apparire per più giorni in occasione dei  solstizi (e, in misura assai minore, degli equinozi), era destinata anche, secondo la nostra ipotesi, ad una visione da relativamente lontano. Per la stessa ragione, con alcune eccezioni, i siti e i monumenti descritti sono normalmente assai ben visibili dalle contrade circostanti.


Distribuzione geografica dei siti e dei monumenti archeoastronomici esaminati.

Le nostre ricerche di archeoastronomia in Sicilia e le nostre ipotesi non sono, per fortuna, del tutto isolate. Già nel 1992, S. Tusa, G. Foderà Serio e M. Hoskin pubblicavano un lavoro pionieristico sull’orientamento astronomico dei Sesi preistorici di Pantelleria, un inizio autorevole per l’archeoastronomia nell’isola.


Fig. 2 Sesi di Pantelleria.

Lo studio recente di un’autorità  riconosciuta come Giulio Magli e dell’esperto geologo Foresta Martin sull’archeoastronomia del villaggio dei Faraglioni di Ustica, abitato fra 1400 e 1200 a. C. ca., quindi durante il Medio Bronzo, suggerisce che la scelta del sito fu dovuta anche o principalmente alla possibilità di osservare da esso il sorgere del sole al solstizio d’inverno dietro il Monte Falconiera ad E, la sua massima altezza sul Monte Guardia di Turchi a S e il suo tramonto, sempre alla stessa data, dietro Monte Costa del Fallo, con poca differenza di azimut rispetto ai medesimi fenomeni osservabili oggi. Soltanto dal villaggio dei Faraglioni il sole al solstizio d’inverno abbraccia “con il suo arco diurno il profilo terrestre dell’isola da un estremo all’altro, allineandosi con i tre principali rilievi. In qualunque altro luogo della piccola isola e in altri periodi dell’anno c’è una sfasatura: il sole sorge e tramonta a mare e non è possibile usare il paesaggio terrestre come calendario naturale”: coincidenze troppo speciali per essere naturali, come giustamente commentato dagli Autori dello studio citato. Anche gli uomini del Bronzo di Ustica sapevano osservare il sole nel suo corso e probabilmente scelsero dove vivere in base alle informazioni che l’astro, nel suo rapporto con il paesaggio dell’isola, poteva fornire loro.


Fig. 3 pseudo menhir di Pantelleria.

Due altre realtà ovviamente naturali ma ipoteticamente con utilizzazione anche di carattere archeoastronomico sono qui almeno da segnalare: le già note Grotta o Riparo “Polifemo” (un toponimo evidentemente recente) e la Grotta dei Cavalli, entrambe in provincia di Trapani. La Grotta “Polifemo” è sita in territorio di Erice (38°03’56,63” N12°34’59,76”E) e presenta dei pittogrammi divisi in due periodi e datati genericamente al Neolitico ed a una fase fra la tarda Età del Bronzo e il Ferro. Scuderi, Polcaro e Burgio hanno attentamente studiato la cavità dal punto di vista archeoastronomico arrivando alle seguenti conclusioni:

“Essendo stati informati da studiosi locali che intorno al solstizio d’estate si sono verificati effetti di luce spettacolari nella grotta, abbiamo ottenuto misurazioni strumentali sul campo dell’orientamento dell’ingresso della grotta. Le misurazioni sono state eseguite da una bussola laser Silva. Essendo l’ingresso della grotta orientato verso l’orizzonte marino, l’azimut è sufficiente solo per definirne l’orientamento.

I dati sono stati corretti per la declinazione magnetica misurando l’azimut magnetico di un’ombra a barra verticale posizionata a 10 m dall’osservatore a mezzogiorno locale: è stata misurata una declinazione magnetica di 2 ° 40’E ±20 ‘, in buon accordo con il NOAO Valore del modello WMM (2 ° 42 ‘). Come media di 10 misurazioni, è stato ottenuto un azimut geografico di 301 ° ± 0,5 ° per la linea di vista dal labirinto al bordo occidentale dell’ingresso della grotta, appena sotto uno sperone roccioso che si protende nella lontana costa.

A causa di questo orientamento, nei giorni intorno al solstizio d’estate i raggi del sole penetrano nella grotta con effetti spettacolari. Infatti l’interno della parte sinistra della grotta (dove si trovano il labirinto e altri pittogrammi) viene illuminato al tramonto dalla luce gialla del sole per diverse settimane,

prima e dopo il solstizio.Tuttavia, solo durante i tre giorni a cavallo del solstizio d’estate il Sole, appena prima del tramonto, può superare leggermente il basso sperone roccioso sullo sfondo.

In questo momento i raggi del Sole, ormai rossi e prossimi a toccare il mare, illuminano di luce color granato l’interno della grotta, con effetti suggestivi, e toccano le figure. Questo spettacolo è stato sicuramente notato dagli antichi abitanti della zona, che hanno dato un valore sacro alla Grotta di Polifemo, e dopo aver dipinto l’immagine del labirinto, la figura umana (forse una Dea Madre) e altre figure simboliche vi si sono esibite i loro riti solari al solstizio.


La Grotta dei Cavalli si trova in territorio di S. Vito lo Capo, non lontana dal mare. Scoperta da un punto di vista dell’arte rupestre da Francesco Torre, è facilmente visibile anche da lontano per l’imponenza e la maestosità del suo ingresso. La grotta, abitata fin dal Mesolitico, è costituita da un’ampia e lunga camera o galleria ben illuminata e da una sala “absidata” nella quale si trovano  raffigurazioni rupestri dipinte in rosso e nero. L’ingresso alla sala è segnalato da una serie di elementi dipinti sullo stipite destro tra i quali campeggia un elemento antropomorfo itifallico. La configurazione potrebbe dirsi quella di una sorta di sancta sanctorum distinto dal resto dell’antro.

La quasi totalità delle pitture eneolitiche, già studiate da S. Tusa è raggruppata in due insiemi distinti anche tematicamente poiché il primo, più cospicuo, è costituito da elementi simbolico-descrittivi lineari, sinuosi, taccheggiati ed estremamente complessi con una figura a spirale circolare, al fondo della cavità. L’altro è caratterizzato, invece, da figure antropomorfe, tra le quali spicca un arciere, ed ulteriori figure antropomorfe itifalliche e filiformi con capo a semplice appendice verticale o a T e da qualche figura zoomorfa.

La rappresentazione della figura umana alla Grotta dei Cavalli si inquadra nel vastissimo campionario di figure filiformi con le braccia a croce o alzate e, spesso, con l’indicazione del sesso in chiara attitudine itifallica. L’esistenza nell’ambito di tale vastissima tipologia, di coincidenti atteggiamenti, quali appunto l’itifallia, o la compresenza di questa con le braccia sollevate tanto da dar vita alla ben nota forma a doppio tridente, presente anche a Porto Badisco o Grotta Mirabella nella valle dello Jato, o, infine, gli arcieri, potrebbero indurre a pensare all’esistenza di significati simbolici che si creano sul finire del IV millennio a.C. (Neolitico medio e finale-Eneolitico iniziale). Anche la tipologia ceramica con la sua identità decorativa, riscontrata a Grotta dei Cavalli, si può attribuire ad un periodo corrispondente alla prima metà del terzo millennio a. C.

Memori dell’esperienza positiva constatata nella non lontanissima Grotta “Polifemo”, si è pensato con il Prof. Vito Francesco Polcaro di ripetere le misurazioni anche a Grotta dei Cavalli per controllare un suo eventuale allineamento solare. L’ingresso della caverna guarda verso NW, il che significa che è potenzialmente allineato col tramonto del sole nei giorni a cavallo del solstizio d’estate. Il punto dell’orizzonte dove da quelle parti tramonta il sole al solstizio estivo è l’azimut 304° (ponendo chiaramente 0 = Nord, 180 = Sud, ecc.). Ed in effetti, dall’interno della grotta quel punto è visibile sull’orizzonte marino proprio al momento del tramonto del sole. Da osservazioni e rilevamenti effettuati da Polcaro e Scuderi personalmente nei giorni del 21 e 22 giugno 2016, risulta che in quell’epoca, i raggi del sole al tramonto penetrano nella grotta con effetti spettacolari e vanno ad illuminare la sala absidata alla fine della cavità con le sue immagini. Un caso, o piuttosto un miracolo della natura, ma che non si può escludere sia stato percepito dagli abitatori e frequentatori preistorici della grotta, almeno durante l’Eneolitico.

Il pittogramma che rappresenta il sole, illuminato al tramonto del solstizio d’estate, si trova ad 84 metri dall’ingresso della grotta e viene illuminato solo un giorno, al tramonto del solstizio d’estate.

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