Un caro amico di Castelbuono ha contratto il Coronavirus ed è stato ricoverato per circa 30 giorni all’Ospedale di Termini Imerese da cui è stato dimesso ieri ormai guarito. Ci ha inviato una “bella” testimonianza di quella esperienza che volentieri pubblichiamo.
Da pochi giorni sono stato dimesso dall’Ospedale di Termini Imerese dopo aver fatto conoscenza con il temuto virus Covid-19. Al momento delle dimissioni, oltre alle mie buone condizioni cliniche, è stato certificato che sono una persona “negativa ”.
Mai avrei pensato che un’accezione del genere, oggi, in questa triste circostanza, avesse un significato incoraggiante!
La mia esperienza inizia la mattina dell’ 11 novembre, dopo che per alcuni giorni erano comparsi i sintomi della febbre e della bassa saturazione. L’immediato intervento degli operatori del 118 di Castelbuono, che mi hanno somministrato le prime cure e successivamente accompagnato e seguito per il primo ricovero presso l’Ospedale di Petralia Sottana, ha reso meno traumatico l’impatto con l’esperienza che stava per iniziare. A loro la mia profonda gratitudine e riconoscenza.
All’Ospedale di Petralia Sottana sono rimasto una notte e un giorno prima di essere trasferito, giorno 12 novembre, presso l’Ospedale di Termini Imerese. Anche se per poco tempo, durante il mio isolamento, ho potuto verificare la professionalità e la disponibilità del personale sanitario dell’Ospedale, di medici, infermieri, personale socio-sanitario che hanno costantemente, per l’intera notte e il giorno seguente, monitorato e seguito il mio precario stato di salute. Anche a loro il mio grazie e il mio sincero apprezzamento.
Giovedi 12 pomeriggio il trasferimento presso l’Ospedale di Termini Imerese dove immediatamente, nel reparto Covid da poco avviato, ricevo, considerate le mie precarie condizioni di salute, le prime cure e la necessaria assistenza farmacologica (cortisone, antibiotici, eparina, calcio) nonchè l’applicazione della terapia per l’ossigenazione del sangue, vista la mia “severa insufficienza respiratoria”.
Per alcuni giorni mi ha fatto compagnia il “casco ” per agevolare la respirazione, successivamente ho avuto modo di fare l’esperienza con una particolare “maschera ”, la Niv, potente erogatrice di ossigeno; nei giorni successivi, grazie agli “occhialini ” al naso ho capito che era iniziato qualcosa di positivo: la respirazione autonoma.
Durante il ricovero, per circa quattro settimane, ventiquattro ore su ventiquattro, giorno e notte, ho verificato la piena e massima abnegazione di tutto il personale.
Medici, infermieri, operatori socio-sanitari e inservienti dell’Ospedale di Termini Imerese, reparto Covid, con la collaborazione del personale sanitario del reparto di Terapia intensiva, in condizioni alquanto difficili, anche dal punto di vista organizzativo e logistico, e non certo per loro negligenza, dovendo lavorare per l’intera durata dei rispettivi turni con tute, mascherine, visiere, guanti, hanno esercitato ciascuno il proprio ruolo con la massima professionalità, dedizione, disponibilità, afflato umano e partecipazione al dolore dei pazienti, soffrendo con loro nei momenti più difficili, ma condividendo anche la gioia per le numerose guarigioni e successive dimissioni.
Dire grazie è doveroso. Ma esprimere un forte, profondo e sincero senso di gratitudine è fondamentale riconoscendo a ciascuno di loro che l’umanità e la professionalità dimostrate in queste circostanze di dolore e sofferenza sono tracce inconfondibili del bene che ogni uomo e donna realizzano attraverso la propria attenzione verso l’essere umano che soffre.
Certamente la nostra sanità pubblica, in Sicilia, con una migliore programmazione ed un uso più oculato delle risorse finanziarie, considerata la professionalità dei singoli operatori sanitari, potrebbe essere più efficiente e più organizzata nell’affrontare queste emergenze. A tale proposito non bastano, da parte dei politici e di chi ci governa, proclami, messaggi, prese di posizione, ma una tempestiva ed efficace programmazione con il razionale utilizzo delle risorse finanziarie. Questo è un discorso che ci porta lontano e che richiede ben altre considerazioni e valutazioni .
Purtroppo oggi il mio pensiero va anche a quanti hanno sofferto e continuano a soffrire nei vari reparti ospedalieri. Un sincero ricordo, anche personale, per coloro che, nonostante abbiano combattuto contro questo virus, non ce l’hanno fatta.
Inquietudine e speranza sono la cifra di questo nostro tempo che, al di là di tutte le possenti certezze, si è scoperto fragile e inesperto. L’unica forza, la sola arma è l’uomo con la sua abnegazione, la sua forza interiore, la sua speranza di vincere.
Rosario Bonomo