Nel ricco scenario artistico siciliano del secondo Ottocento e del primo Novecento, sono presenti molte figure di artisti affatto o poco noti alla critica, che attendono di essere tolte dall’oblio in cui versano.
Uno di questi personaggi da riscoprire e da rivalutare è il pittore Giovanni Bova Chiaramonte da Termini Imerese. Sino al 2009, la fisionomia artistica di questo eccellente ritrattista era rimasta immeritatamente misconosciuta, sia agli studiosi dell’arte siciliana, che ai suoi stessi concittadini, ed un primo tentativo di ricostruzione della biografia, dell’attività artistica e della cifra stilistica di questo artista dalla multiforme personalità, si deve proprio agli scriventi (cfr. P. Bova – A. Contino, Un pittore siciliano misconosciuto: Giovanni Bova da Termini Imerese, “Le Madonie”, anno 89, n. 5, 1-15 maggio 2009, p. 3 e p. 6).
Nello specifico, l’attività artistica di Giovanni Bova si colloca tra la seconda metà del XIX secolo ed il primo ventennio del XX secolo. Egli assommò in sé l’attività di valente pittore-decoratore (o, secondo la nomenclatura dell’epoca, adornista ovvero pittore di decorazioni), allora molto richiesta, soprattutto attraverso la prassi di decorare le volte delle abitazioni, soprattutto dei ceti più abbienti, con quella di abile pittore d’arte. In quest’ultimo campo, egli eccelse nel ritratto dal vero, anche se seppe magistralmente cimentarsi nella pittura sacra, molto richiesta dalla committenza ecclesiastica o da singoli privati a scopo devozionale.
Il cognome Bova, di chiara ascendenza calabrese, prende nome dall’omonima cittadina del reggino sita ad 820 m s.l.m., a dominare sul capo Spartivento, nel versante ionico meridionale dell’Aspromonte. Bova è il cuore pulsante della Bovesìa, la culla della grecità linguistica della Calabria, cioè l’area grecanica o ellenofona o greco-calabra o greco vutana (da Vùa, Bova nel grecanico). Recentemente, gli scriventi hanno messo in evidenza la notevole frequenza in Termini Imerese di cognomi di origine calabrese, che attesta l’esistenza di antichi flussi migratori, documentati sin dal tardo medioevo, che raggiunsero l’apice nel Cinquecento proseguendo, con alterne vicende, nei secoli successivi, almeno sino al Settecento (cfr. P. Bova – A. Contino, Cognomi di origine calabrese a Termini Imerese tra il XV ed il XVIII sec., on-line su questa testata giornalistica, 20 Maggio 2020).
Sin dalla fine del Cinquecento, furono presenti a Termini Imerese esponenti con il cognome Bova, dai quali potrebbero essere ancora presenti dei discendenti. Il primo febbraio XIIa indizione 1599 (cfr. Archivio Storico della Maggior Chiesa, d’ora in poi AME, Sponsali, vol. 9 f. 32v n. 3) nella chiesa parrocchiale coadiutrice di Nostra Signora della Consolazione, un certo Francesco Bova sposò Vincenza figlia di Gabriele Chiaramonte (ms. chiaramu[n]tj), avendo come compari Gerolamo Calabria (ms. calabrja) e Filippo Calabrò (ms. calabro). Da notare che entrambi i testimoni recano dei cognomi denotanti chiaramente l’origine calabrese.
La famiglia paterna di Giovanni Bova, a Termini Imerese è documentata con certezza sin dalla seconda metà del Seicento, con un Giuseppe (già m. 1704), figlio di Bartolomeo e Caterina, che il 25 dicembre Xa indizione 1671 sposò Lucia Catanzaro (figlia di Agostino e Giovanna, ancora vivente nel 1704), alla presenza di Domenico Matracia e di Pietro Romano (cfr. AME, Sponsali, vol. 27 f. 72r n. 4). Da notare che Lucia Catanzaro appartenne ad una famiglia di importanti armatori di barche presente a Termini Imerese sin dalla prima metà del Cinquecento, anch’essa di antica ascendenza calabrese, soprannominata Lu Comitu (cioè nostromo o pilota).
Negli anni 20’ del Settecento, un Giov[ann]e [sic] Bova è attestato ne La lista dei secolari, ecclesiastici, chiese, conventi e compagnie che posseggono rendite e beni mobili. Tale lista, inserita negli Atti dei Magnifici Giurati di Termini (d’ora in poi AMG), anno indizionale 1724-25, ms. cartaceo della Biblioteca Comunale Liciniana di Termini Imerese (d’ora in poi BLT), ai segni III 10 e 9, è stata scoperta e pubblicata dagli scriventi (cfr. appendice documentaria in P. Bova – A. Contino, Termini Imerese. Una inedita lista di contribuenti del 1724: pagavano tutti esclusi “miserabili e “Giornadieri”, su questa testata on-line, 11 Giugno 2019). Il detto è da identificare con un avo del pittore, Giovanni Bova Catanzaro (al battesimo Bartolomeo Giuseppe Giovanni), figlio del detto Giuseppe e di Lucia Catanzaro, che fu battezzato nella parrocchia della Consolazione il giorno 11 Giugno IVa indizione 1681, avendo come padrino Luigi Zangara di Antonio, madrina Luigia moglie di Ignazio Pusateri (cfr. AME, Battesimi, vol. 48, 1677-1684, Consolazione, f. 63v n. 5). Il 7 Giugno XIIa indizione 1704, il detto contrasse matrimonio nella parrocchia della Consolazione con Anna Bisesi, di Antonio e Maria, alla presenza dei testimoni Innocenzo Volanti e Leonardo Di Vittorio (cfr. AME, Sponsali, vol. 30, 1683-1736, Consolazione, f. 134v n. 2).
Giovanni Bova Catanzaro si spense nella sua città natale il 12 Aprile IIa indizione 1739 e fu sepolto nella chiesa Coadiutrice, cioè nella parrocchia di Nostra Signora della Consolazione (AME, Defunti, vol. 106, 1726-1750, Maggior Chiesa e Consolazione, f. 131v n. 2). Da notare che nel detto Liber Defunctorum egli è indicato come «Giovanni Bova alias Lupo», cioè con il soprannome, già da allora dato alla famiglia, che in una diramazione diede origine al doppio cognome Bova Lupo.
Dal detto Giovanni Bova, alla quinta generazione successiva, discese il pittore omonimo. Il ritrattista Giovanni Bova nacque a Termini Imerese il 12 Aprile 1854 da Pietro Bova (Di) Mercurio (n. 8 Ottobre 1818, cfr. AME, Matrimoni, Battesimi e Defunti, vol. 79, 1818-22, Consolazione, f. 3 n. 14; già m. 1881) e da Anna Chiaramonte Calderone. Fu battezzato senza indugio il medesimo giorno, dal beneficiale sac. don Gioacchino Gucciardi, cappellano sacramentale, che gli impose il nome Giovanni, in onore del nonno materno. Il padrino di battesimo fu tal Nicolò Corso fu Salvatore, mentre la madrina fu una certa Maria Passafiume, vedova di Francesco Meli (cfr. AME, vol. 146, 1849-59, Maggior Chiesa, f. 131 n. 12).
Gli esordi artistici del pittore termitano Bova sono ancora incogniti, poiché si sconosce chi fu il maestro presso il quale svolse il suo apprendistato. Comunque, va sottolineato che la produzione nota del Bova (sia come decoratore che come artista), mostra però indubbi punti di contatto con le opere del termitano Michele Ciofalo (1839-1913), valente pittore d’arte e di decorazione, nonché molto abile nella tecnica di distacco degli affreschi murari (collaborando con il locale museo civico sin dal 1876, cfr. G. Meli, Documenti intorno a Giuseppe Spatafora pittore siciliano (1624-1638) in “Archivio Storico Siciliano”, n.s. anno I fasc. I, 1877, pp. 87-89). E’ da rimarcare, inoltre, che entrambi gli artisti abitarono a Termini Imerese nel quartiere di S. Lucia: Michele Ciofalo, in Via Lanzarotta, al civico n. 3; Giovanni Bova, in Via Passafiume, al civico n. 6.
Dopo un certo periodo di alunnato, Giovanni, ormai divenuto pittore provetto, aprì un proprio atelier e, grazie ai suoi pregevoli lavori ottenne ben presto una discreta nomea artistica che travalicava sicuramente i confini della sua città natia. All’età di ventisette anni, il giorno 28 Luglio 1881, nella chiesa di S. Carlo Borromeo, Giovanni sposò una concittadina, la sedicenne Maria Giuliano, figlia di fu Antonino e di Antonina Sansone (cfr. AME, Sponsali, vol. 144, 1864-1881, S. Carlo Borromeo, f. 91 n. 7). Il rito matrimoniale, fu officiato dal sac. don Angelo Scarpaci, alla presenza dei testimoni Salvatore Russitano di Giuseppe ed Agostino Balsamo fu Giuseppe.
Maria Giuliano, che nacque il 27 Maggio 1865 e si spense il 26 Ottobre 1902, all’età di 37 anni, appartenne ad un’altra famiglia marinara termitana (il padre Antonino, m. il 26 Febbraio 1878 di anni 72, nella sua iscrizione funeraria è designato orgogliosamente come «marino intrepido»). I Giuliano risedettero nell’omonima via, sita nel popoloso quartiere dei Bagni. La famiglia, di antica origine ligure (Iuliano) è documentata a Termini Imerese sin dalla prima metà del Cinquecento. Il 12 ottobre 1542, Emanuele (ms. manueli) Giuliano (ms. juliano), assieme al Magnifico Giambattista Canevari (ms. cannavali) e ad una certa Margherita (ms. margarita) La Nina (ms. lanina), fu presente come padrino al battesimo di Giovanni Francesco L’Abbati figlio di Antonio, officiato dal sacerdote Vito Pantano (cfr. AME, Battesimi, vol. 1, 1542-48, Maggior Chiesa, f. 13v n. 6). Da notare che anche gli Abati ed i Canevari erano di origine ligure.
Dalla coppia Bova-Giuliano nacquero, nell’ordine:
- Pietro (n. 23 Settembre 1882, padrino Pietro Vazzana di Salvatore, madrina Antonina Giuliano fu Antonino, cfr. AME, Battesimi, vol. 155, 1881-87, S. Carlo Borromeo, f. 38 n. 1; già m. 1901);
- Antonino (n. 17 Gennaio 1885, padrino Giacomo Palumbo di Antonino, per procura di Luigi Palumbo di Antonino, madrina Giuseppa Giuliano fu Antonino, cfr. AME, Battesimi, vol. 155, f. 95 n. 3) che fu l’unico a seguire le orme paterne come pittore adornista;
- Antonina (n. 13 Agosto 1887, padrino Mariano Demma di Filippo, madrina Giuseppa Pusateri moglie di Santo Castelli, cfr. AME, Battesimi, vol. 155, f. 163 n. 2);
- Giuseppe (n. 1 Dicembre 1890, padrino Pietro Bova di Giuseppe, madrina Rosalia Pusateri moglie di Francesco Ruggero, cfr. AME, Battesimi, vol. 156, 1888-1897, S. Carlo Borromeo, f. 137 n. 171);
- Salvatore (n. 21 Aprile 1893, padrino Pasquale Bova di Pietro, madrina Agostina Rotolo moglie di detto, cfr. AME, Battesimi, vol. 156, f. 75 n. 59) che sposò Provvidenza Sgarlata il 20 maggio 1921;
- Anna (n. 17 Marzo 1896, padrino Giuseppe Sansone fu Antonino, madrina Anna Bova di Agostino, cfr. AME, Battesimi, vol. 156, f. 107 n. 45) che sposò Leonardo Guardalabene il 18 Novembre 1925;
- Giovanni junior (n. 30 Marzo 1899; m. 8 Febbraio 1978) che sposò in prime nozze la cugina Antonina Beninati (di Giuseppe e di Bova Caterina, 1900-1938) e, in seconde nozze, Rosa Balsamo (m. 21 Marzo 1977).
Il pittore Bova, poliedrica figura di artista termitano, purtroppo è misconosciuto dalla critica, tanto che nel secondo volume (dedicato alla Pittura) della pur notevole opera di Luigi Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani (curato da Maria Antonietta Spataro, edito da Novecento a Palermo nel 1993), stranamente non è presente alcuna scheda dedicata al Nostro.
Il corpus delle opere di questo artista è ancora da ricostruire nella sua interezza ed i dati sinora raccolti dagli scriventi sono da considerare parziali, essendo la ricerca tuttora work in progress.
L’attività di pittore-decoratore del Bova è attestata soprattutto nella sua città natale. Purtroppo, l’utilizzo di materiali decorativi, dotati di una certa sensibilità all’umidità, ha reso le opere murali poco adatte a resistere all’incuria del tempo e degli uomini. La tecnica usualmente adoperata, infatti, prevedeva l’uso dei colori a tempera, diluiti con una colla molto fine, ottenuta dai ritagli di pellami. Egli si dedicò, con notevole abilità esecutiva, alla decorazione di soffitti a volta, siti all’interno di palazzi gentilizi, secondo una prassi allora diffusamente richiesta dalla committenza alto-borghese od aristocratica e consolidata da una lunga tradizione artistica. Le ampie e luminose volte del Palazzo Gallegra, sito in Via Garibaldi al civico 34, furono decorate a tempera dal Bova che, tra l’altro, vi eseguì gustose vedute della cittadina natia, marcatamente naturalistiche nella resa dell’arioso paesaggio termitano, tra le quali va certamente ricordata quella che raffigurava l’abitato, con l’incombente mole del Real Forte e che riecheggiava la ben nota Veduta di Termini dalla Marina del Biamonte (o Biamonti). Uno degli scriventi, ancora fanciullo, ebbe la possibilità di ammirare nella sua interezza questo notevole ciclo a tempera, in compagnia del padre, il pittore Salvatore Contino in arte Tinosa, grazie alla squisita gentilezza del proprietario, Michele Gallegra. Purtroppo, l’incuria del tempo ha successivamente danneggiato irrimediabilmente gran parte delle tempere del Bova che, a quanto pare, si sono conservate solo in un unico ambiente.
La notorietà di questo valente adornista si diffuse nel tempo anche nelle vicine Madonie. E’ noto che il Bova, per appagare le esigenze della committenza aristocratica o alto-borghese eseguì, all’interno di palazzi gentilizi siti in alcuni centri abitati madoniti (ad es. Collesano, le Petralie), delle decorazioni di volte con motivi sia a grotesque che di ispirazione liberty.
Nella sua attività di pittore d’arte, egli eseguì soggetti sacri spesso ispirati alle opere degli artisti locali dei Seicento, con una particolare predilezione per i manieristi, soprattutto per Vincenzo La Barbera (1577 c. – 1642), ma anche per Fra Felice da Sambuca di Sicilia, al secolo Gioacchino Viscosi, pittore cappuccino del Settecento, dalla potente carica espressiva e devozionale. La tecnica pittorica di questi due artisti fu studiata attentamente dal Bova, attraverso l’analisi minuziosa dei dipinti esposti nel locale museo civico, ed il Nostro ne trasse ispirazione per eseguire delle libere interpretazioni che si conservano presso privati.
Un interessante esempio della produzione giovanile di quest’artista, invece, è il dipinto della Verginella Maria che, per l’appunto raffigura la Vergine con il Pargolo Divino. L’opera, che orna l’omonima edicola, sita nella sua città natale, in Via Vittorio Emanuele, al civico 17, mostra evidenti analogie stilistiche e compositive con un suo soggetto firmato, che si conserva presso privati.
Per quanto riguarda il corpus dei ritratti di quest’artista, la mole delle opere è ancora tutta da ricostruire, anche se i dipinti sinora noti (generalmente firmati GIO[VANNI] BOVA) sono tutti di notevole interesse, essendo caratterizzati da un’elevata finezza esecutiva.
Emblematico, a tal proposito è il ritratto del professore Saverio Ciofalo, olio su tela, firmato e datato 1901, esposto nella sezione delle opere ottocentesche e novecentesche del museo civico di Termini Imerese. Questa opera, estremamente somigliante, raffigura in una posa ufficiale, il ben noto ed eclettico studioso termitano (n. Polizzi Generosa, 27 Giugno 1842; m. Termini Imerese, 9 Aprile 1925), instancabile promotore della fondazione del detto museo civico. In accordo con la data di esecuzione e con la squisitezza dell’opera, certamente il dipinto è da riferire ad un artista ormai maturo, assolutamente conscio della propria maestria e ben capace di cimentarsi in un lavoro di pittura, così laborioso come il ritratto, con una ragguardevole disinvoltura esecutiva che attesta la padronanza assoluta della tecnica della pittura ad olio, unita ad una cura estrema per i particolari, che si esplica nella nettezza cromatica, nella delicatezza delle mezze tinte, nella finezza del modellato, nonché nell’uso sapiente delle velature. Siamo a conoscenza dell’esistenza di diversi altri ritratti, generalmente virili, autografi, realizzati dal Bova, spesso a grandezza naturale, che si conservano presso privati.
Tra i pittori specializzati nel ritratto, il Bova rappresenta, a buon diritto, uno dei maggiori esponenti, non solo locali ma, senza alcun dubbio, siciliani. I ritratti, generalmente a mezzo busto, presentano un modellato che appare estremamente morbido e particolareggiato, mentre gli elementi anatomici basilari, cioè le mani ed il volto, sono stati fedelmente dipinti con notevole meticolosità e con un’altrettanta delicatezza delle sfumature, unita ad un gusto raffinato per il dettaglio estremamente minuzioso ed al sapiente gioco di luci ed ombre, marcato da svelte lumeggiature e tocchi di luce, che accentuano il risalto plastico delle figure, le quali, per il loro realismo sembrano quasi balzare fuori dalla superficie della tela. La luce, infatti, nelle tele del Bova (con particolare riguardo alla sua produzione della maturità) incanta per la sua elevata valenza modellatrice. Mentre il committente voleva probabilente soddisfare l’ambizione di tramandare di sé un’immagine il più possibile veritiera, da appendere alle pareti domestiche e da mostrare con orgoglio, l’artista aveva ben altri intenti. Il Bova, infatti, raffigurava i soggetti non solo nella loro carnale esteriorità fisica, nella loro espressione fisiognomica dei volti e degli sguardi, ma anche scrutando in essi, con una marcata introspezione psicologica, sino ad esaltare il loro temperamento morale e trasfondendo nella tela le sensazioni che egli percepisceva durante l’atto creativo, con un anelito irrefrenabile a volere fortemente superare se stesso in ogni nuova opera realizzata, in un crescendo senza sosta, verso una sempre maggiore sicurezza nella resa febbrile dei valori spaziali e luministici.
Caratteristica peculiare della ritrattistica di quest’artista è la predilezione per i toni seppia o comunque pastello, che per perfezione fanno accostare le sue opere alle immagini fotografiche da studio, allora molto in voga.
Il geniale pittore Giovanni Bova si spense a Termini Imerese, all’età di settanta anni, colpito da infarto, il 26 ottobre 1924, proprio il giorno in cui ricorrevano ventidue anni dalla scomparsa dell’adorata moglie, il cui struggente ricordo finì per sopraffare la sua lndomita tempra e la sua incommensurabile passione e pervicace vitalità artistica.
Del pittore Bova rimane una piacevole immagine fotografica da studio, qui proposta al lettore, che ce lo mostra quasi di profilo, dal portamento elegante, con il volto ornato da due importanti baffi (nella foto). Questo brillante artista, meriterebbe certamente l’intitolazione di una via nella sua città natale, anche per rimediare, sia pure molto tardivamente, all’oblio nel quale è rimasto sinora celato, a quasi cento anni dalla sua scomparsa terrena, mentre egli dovrebbe essere un vanto per Termini Imerese.
Patrizia Bova e Antonio Contino
Ringraziamenti
Ci preme ringraziare il rev. sac. don Francesco Anfuso, già arciprete di Termini Imerese, per aver voluto acconsentire, con squisita gentilezza, alla consultazione dei documenti conservati nell’Archivio storico della Maggior Chiesa.
Questo studio è dedicato alla memoria dei nostri carissimi, indimenticabili, Ivan Bova (1980-2017) ed Antonella Bova (1965-2020), rispettivamente, fratello e sorella, e cognati degli scriventi.