Prende il nome di ‘decommisioning’ e consiste nella dismissione degli impianti nucleari, programmata da tutte le nazioni e gestita da apposite società. In Italia gli step di cessazione del ciclo di vita di tali impianti è affidata alla Sogin,
che si occupa oltre che dello smantellamento anche della gestione dei famigerati rifiuti ed è proprio questo il punto maggiormente critico dell’intero processo, dal momento che all’epoca della creazione delle centrali a combustibile nucleare e di tutti gli impianti sorti per consentire l’utilizzo in piu ambiti delle particelle radioattive non era stato previsto il loro eventuale decadimento.
Per poter portare a compimento i programmi di decommisioning è invece necessario individuare entro i confini nazionali un determinato numero di aree dove concentrare e “sigillare” i materiali provenienti dallo smantellamento degli impianti non più in funzione.
Dopo la recente designazione del comune di Petralia Sottana fra quelli atti ad ospitare la costruzione di un deposito di scorie nucleari, si levano inevitabilmente voci di dissenso dall’intero territorio delle Madonie: cosi dopo il sindaco di Petralia e il Vescovo della diocesi di Cefalù, anche il Sindaco di Cefalù, Rosario Lapunzina (nella foto), afferma con decisione il proprio disaccordo: “Come Sindaco di una delle più importanti mete turistiche dell’isola, come madonita e come siciliano non posso accettare neanche l’idea che le Madonie siano state individuate come sito di stoccaggio di rifiuti nucleari. Nessuna discarica di materiali radioattivi dovrà sorgere nei nostri territori. Trovo incredibile che, nel pieno di una terribile pandemia che ogni giorno continua a mietere vittime, nonché della più grave crisi sociale ed economica dalla Seconda Guerra mondiale, si possa soltanto lontanamente immaginare di mettere ulteriormente a rischio la salute dei cittadini e di prostrare, forse definitivamente, le ipotesi di sviluppo del territorio madonita, con danni irreparabili anche al turismo che è il principale volano di sviluppo economico della nostra terra. Mi sembra farsesco – continua Lapunzina – che, mentre in Parlamento si discute la Legge sulle Zone Franche Montane, che dovrebbe contrastare lo spopolamento delle aree interne, si possa al contempo ipotizzare la realizzazione di discariche nucleari negli stessi territori”.
Il primo cittadino della cittasina normanna ha quindi ribadito la propria disponibilità a partecipare ad un coordinamento di tutte le realtà istituzionali del territorio cosi da dare vita ad un fronte unito e scongiurare la scellerata ipotesi di fare delle Madonie una ‘pattumiera atomica’.
Il progetto della Sogin relativo ai depositi di stoccaggio prevede una struttura a scatole cinesi: ogni deposito dovrebbe cioè accogliere curca 95 milioni di metri cubi di scorie provenienti in gran parte dal mondo civile (industria e settore medico ospedaliero) all’interno di 90 costruzioni in cemento armato nelle quali verrebbero verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale adatti a contenere i rifiuti radioattivi isolandoli dall’ambiente per trecento anni. Il tutto entro il cosidetto parco tecnologico esteso per un totale di 150 ettari.
La realizzazione di questa tipologia di deposito è prevista, nel piano di fattibilità, in zone che soddisfino specifici criteri; sono infatti scartate le aree vulcaniche o sismiche, e quelle soggette a frane e inondazioni ma non sembra sussistere alcun nulla osta per territori le cui caratteristiche li rendono piuttosto idonei ad uno sfruttamento e conseguente sviluppo in senso turistico nè, ed è senza dubbio questo l’aspetto più incredibile della questione, si tiene in debito conto la sussistenza di realtà amministrative ed economiche quali nel caso specifico il Parco Regionale delle Madonie, istituito oltre 30 anni fa ma di cui ricorre proprio nel 2021 il quarantesimo anno dalla data di individuazione come area protetta.
Parallelamente alle voci istituzionali si moltiplicano in questi giorni i comitati e i gruppi social che riuniscono i cittadini contrari al progetto nel tentativo di fare pressione sul mondo politico regionale perché si unisca al disaccordo dei territori portando fino al governo centrali le ragioni di una terra che tenta nonostante tutto di conquisarsi un futuro migliore.
Barbara De Gaetani