L’uomo, un 75enne, è morto nel marzo del 2019 dopo essere stato ricoverato prima all’ospedale di Termini Imerese e poi a Palermo, in seguito a una caduta mentre si trovava in un suo terreno.
Dopo essere tornato a casa era stato visitato nella sua abitazione dal medico di famiglia il quale gli aveva consigliato, considerato che aveva battuto la testa, di recarsi in ospedale per sottoporsi ai dovuti accertamenti. Giunto in Pronto soccorso, gli era stato diagnosticato un “trauma cranico minore con amnesia anterograda e ferita lacerocontusa nucale, che veniva suturata”; veniva inoltre rilevato un “rallentamento dell’eloquio”. Dopo una serie di esami, poi, anche in virtù della “constatazione di peggioramento del quadro clinico (compromissione della coscienza e stato di coma)”, i medici avevano ritenuto di richiedere una consulenza neurochirurgica; quindi, avevano dimesso il paziente, con “diagnosi di coma da emorragia cerebrale post traumatica regione occipitale”, disponendo il suo trasferimento nel reparto di Neurochirurgia del Civico di Palermo. Il 75enne, una volta confermata la diagnosi, “era stato sottoposto a trattamento neurochirurgico urgente di craniectomia ed evacuazione degli ematomi cerebrali”. Uscito dalla sala operatoria, dopo circa quattro ore, era stato trasferito in Rianimazione, dove, nonostante alcuni lievi miglioramenti mostrati nei giorni successivi all’intervento, erano successivamente insorti nuovi problemi respiratori che lo avevano portato al decesso per arresto cardiocircolatorio.
I parenti, sospettando condotte negligenti da parte del personale che ebbe in cura il loro congiunto, hanno avviato una causa civile nei confronti della Asl avanzando una pretesa risarcitoria di oltre 950mila euro.
Il consulente tecnico nominato dal giudice, dall’analisi della documentazione clinica, ha effettivamente riscontrato elementi di responsabilità da parte dei sanitari del pronto soccorso di Termini Imerese, che non avrebbero riconosciuto le lesioni traumatiche craniche e cerebrali del paziente e non avrebbero richiesto “repentinamente una valutazione neurochirurgica”. Ma per il perito, tuttavia,“non è possibile stabilire una chiara, altamente plausibile, relazione di causa-effetto tra tali comportamenti e l’evoluzione clinica sfavorevole ed il successivo decesso” dell’uomo. In pratica non è certo – secondo l’esperto – che una diversa condotta avrebbe prodotto un diverso esito clinico e, inoltre, il ritardo nel trasferimento alla Neurochirurgia non sembra aver condizionato un’evoluzione peggiorativa del quadro clinico poiché dopo il trattamento neurochirurgico di evacuazione il paziente ha presentato un miglioramento dello stato neurologico, recuperando la capacità di respiro spontaneo”.
Da lì l’impossibilità di stabilire, ragionevolmente e con elevata probabilità, come richiesto dalla normativa per l’attribuzione di colpa professionale “che gli errori rilevati nella gestione clinica del paziente abbiano contribuito al deterioramento delle condizioni cliniche ed al decesso dello stesso né che un diverso comportamento dei sanitari o un più tempestivo accesso al trattamento chirurgico, avrebbero potuto condizionare un migliore esito clinico. Pertanto, non potendosi rilevare elementi di colpa, cade il presupposto del risarcimento del danno a carico dei sanitari e dell’Asp”.
Il giudice del Tribunale di Termini Imerese ha ritenuto pertanto di fare proprie le conclusioni del perito, e pur riconoscendo errori nella gestione clinica del paziente da parte dei sanitari, nonché “un considerevole ritardo” nel trasferimento in un altro ospedale, ha respinto la richiesta di risarcimento dai parte dei parenti.
mi pare giusto …d’altronde si sa bene che gli errori dei medici sono tutti sotto terra!!!!!! VIVA L’ITALIA
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