Andrea e Vincenzo Tusa, i figli dell’archeologo preistorico ed ex assessore regionale siciliano ai Beni culturali Sebastiano Tusa, morto nel disastro aereo di Addis Abeba il 10 marzo 2019, hanno deciso di proseguire la causa nei confronti della è potente industria aeronautica statunitense Boeing.
Tutto questo nonostante l’accordo raggiunto dal colosso americano con il dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti: pagare una multa da 2,51 miliardi di dollari per evitare conseguenze penali per i due schianti dei 737 Max in Etiopia e in Indonesia che sarebbero stati causati da difetti di fabbrica. Il volo con a bordo Tusa cadde poco dopo il decollo da Addis Abeba. L’incidente che costò la vita a lui e ad altre 156 persone fu causato dal cattivo funzionamento di un software di pilotaggio automatico: secondo le accuse, i piloti non erano stati formati adeguatamente per gestire questo difetto, che mandava l’aereo in picchiata inviando nel frattempo informazioni contraddittorie in cabina.
“Subito dopo il disastro – dice in un’intervista all’edizione locale di Repubblica Andrea Tusa – abbiamo depositato una causa civile a Chicago. La vicenda penale non inciderà sulla nostra causa. Noi andremo avanti. Da una parte – prosegue Tusa junior – io e mio fratello siamo contenti che siano emerse le responsabilità di Boeing, anche molto gravi, rispetto al malfunzionamento degli aerei e all’insabbiamento dei casi. Dall’altro, però, speravamo in una condanna, non in una mediazione di questo genere”.