Montemaggiore Belsito, scrittori in erba alla ribalta: Davide Panzarella. In libreria il suo primo romanzo

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Chi conosce Davide o chi ha lavorato nella biblioteca comunale di Montemaggiore Belsito “Il Ponte”, sa che Davide Panzarella, da tempo, è stato un assiduo frequentatore della biblioteca (soprattutto nel periodo in cui studiava alla scuola media) un grande lettore:

sanamente curioso e affamato di conoscenza. Si fa prima a dire quali libri non ha letto Davide in biblioteca piuttosto quelli che ha letto. Seneca afferma d’altronde: «Curiosum nobis natura ingenium dedit» che “La natura ci ha dato un’indole assetata di conoscenza” e Albert Einstein di se dice: «Non ho alcun talento particolare; sono solo appassionatamente curioso». E, per concludere, questo florilegio di aforismi e consigli fa eco Ernest Gaines: «Le sei regole d’oro della scrittura: leggere, leggere, leggere e scrivere, scrivere, scrivere».
A dicembre del 2020 è stato dato alle stampe, per i tipi della “Biplane Edizioni”, il suo romanzo d’esordio: “Un autunno particolare” che promette già di essere un romanzo particolarmente interessante e intrigante che farà si che il lettore lo legga tutto d’un fiato, avvinto dalla trama di chi sa scrivere pulitamente e con garbo ma con un intreccio abbastanza articolata e con l’immancabile finale a sorpresa.
Sono pure convinto che la militanza agonistica nella squadra di calcio del suo paese abbia potuto avere anche un influsso particolare nell’intreccio di storie e percorsi narrati da Davide, nel senso che lo sport in generale è una componente importante nella formazione della personalità giovanile.
“Un mistero irrisolto e la storia prende il via. Marco, giovane ragazzo siciliano, insieme al fratello Mattia si mette alla ricerca per gioco di una fumettista degli anni ’80, scomparsa nel nulla. Un’artista di grande talento che si distingue in un paesino così piccolo e all’antica come quello in cui vivono, Castelfiume. Accese discussioni in famiglia, problemi a scuola li accompagnano durante tutta la ricerca sulla misteriosa artista. Tra vicoli che trasudano storie antiche, voci di paese che parlano una lingua che riporta indietro nel tempo, i due fratelli – tra un problema adolescenziale e l’altro – cominciano a incontrare “personaggi” del paese e a investigare per sciogliere quel nodo. Chi è Francesca Rivaldo? Cosa è successo che l’ha portata a sparire all’improvviso, senza lasciare alcuna traccia di sé? Perché l’intero paese ha “dimenticato” tutta questa storia? Le domande si susseguono in un incalzante viavai di personaggi, scavi nella memoria e un vaso di Pandora da scoperchiare. Ma c’è una persona che li può aiutare…”.
Conosciamo Davide Panzarella (nella foto), 20 anni. Benvenuto Davide, con te si inaugura la “collana scuola di volo” dedicata alle penne dei giovanissimi talenti… Come ti senti ad essere il “pioniere” di questo volo?
Sono davvero contento. Dopo un bel po’ di lavoro, è emozionante sapere che da adesso il romanzo potrà finalmente arrivare tra le mani di chiunque voglia leggerlo…
Quando hai scoperto che ti piaceva scrivere?
Penso già durante le elementari, ma sono riuscito a capirlo meglio soprattutto alle medie. Oltre all’indubbio sforzo di trasformare in parole, frasi e periodi ciò che si agitava nella mia mente, durante i temi in classe provavo un inaspettato, ancora non troppo definito piacere che nasceva sia dall’atto creativo in sé, sia dal vedere le parole imprimersi sul foglio bianco. Con l’inizio del liceo ebbi modo di approfondire molto la conoscenza del trinomio fatica/scrittura/piacere. Il merito fu di un professore d’italiano che ogni settimana ci assegnava sempre un paio di “produzioni scritte” da svolgere a casa sui più disparati argomenti. All’inizio fu impegnativo, certo, ma col passare dei mesi quello che all’inizio era un “dovere” divenne un modo sempre più utile, piacevole e naturale per esprimere me stesso e mettere ordine nella mia mente. E poi vedere le mie idee e i miei pensieri – o le mie piccole invenzioni – prendere forma e stamparsi su un foglio continuava a farmi sentire soddisfatto, felice…
Qualche anno dopo ho sentito la voglia di mettermi in gioco, di sfidare me stesso tentando di scrivere per la prima volta non per motivi scolastici ma per semplice passione. E a quel punto si è spalancata una finestra su un nuovo mondo…
Che libri hai sul comodino?
In passato ho avuto modo di spaziare tra vari generi letterari: giallo, thriller, saga familiare, fantasy… Però negli ultimi anni ho sviluppato una passione anche per la saggistica e per la narrativa “non di genere”, oltre che per i classici (che comunque ho intenzione di conoscere meglio in futuro).
Mentre scrivi hai un tuo “rito”? Ad esempio: ascolti musica, ami il silenzio, oppure…
Preferisco rimanere in silenzio in una stanza con la porta chiusa: penso che scrivere richieda concentrazione e non sarei capace di trovarla senza essere circondato dalla quiete. Per il resto, ci sono momenti in cui preferisco scrivere al computer e altri in cui sento il bisogno di farlo in modo tradizionale – a mano con carta e matita, sotto la luce di una lampada – perché a volte è più facile mettere ordine tra i pensieri “toccando con mano” la pagina, appuntando, schematizzando su un foglio bianco materiale, del tutto fisico, reale…
I tuoi riferimenti letterari?
Ho iniziato a scrivere con un’idea fissa in mente: prendere come esempio gli autori (più o meno affermati) che sono riusciti a farsi scegliere dalle case editrici e a pubblicare per loro. Mi dicevo: “Da ognuno di loro avrà di certo qualcosa da imparare”. In effetti, tempo dopo, scoprii che anche Stephen King aveva teorizzato qualcosa del genere: scrisse che spesso anche le “cattive letture” (ossia di qualità letteraria non eccelsa) hanno molto da insegnare a chi vuole avvicinarsi al mondo della scrittura: se non altro, almeno gli errori da evitare… Quindi credo che diversi autori possano essere definiti come miei “riferimenti”. Se devo menzionarne uno (in realtà, una) in particolare, non posso che fare il nome di J.K. Rowling. Credo che il suo modo di scrivere abbia rappresentato un ottimo compromesso tra qualità dello stile e ricchezza della storia narrata. E poi ammiro davvero la sua prodigiosa fantasia.
In quale momento della giornata preferisci scrivere?
Se posso, nel pomeriggio. Però a volte trovo del tempo soltanto durante la sera, momento della giornata in cui sono più libero da impegni di ogni tipo.
Che potere ha la scrittura sul tuo mondo interiore? Riesce a trasformarti? A farti crescere?
Sì, sicuramente. A volte, mentre scrivo, mi sento in grado di analizzare la realtà in modo più lucido rispetto ai momenti di vita quotidiana in cui sono trascinato dal fluire della vita. Riesco a mettere ordine tra le mie idee prendendomi tutto il tempo necessario per fare introspezione e per sforzarmi di comprendere meglio me stesso e gli altri. Scrivere mi aiuta anche ad allontanarmi un po’ dalla superficialità, insegnandomi ad approfondire, a scavare, ad andare in profondità (anche e soprattutto nella vita). E, a volte, si rivela anche formidabilmente terapeutico.
“Un autunno particolare” parla anche di te?
Nonostante sia una storia che nasce dalla mia immaginazione, c’è anche qualche punto di contatto tra la mia vita, la mia quotidianità e il romanzo. Alcuni tra i personaggi o le ambientazioni nascono dall’osservazione di ciò che mi circonda realmente. Naturalmente ho modificato e rielaborato – a volte marcatamente, altre meno – determinati elementi (luoghi, caratteri, impressioni)… Soprattutto per renderli funzionali alla storia!
Tre parole per descrivere il tuo romanzo…
Concreto, perché (tra le altre cose) vuole toccare anche temi caldi, “vivi”; agile, perché penso non siano molti i punti in cui il ritmo della narrazione è lento; stimolante (o forse “perturbante”?), perché spero che alla fine il lettore possa porsi alcune domande.
Grazie Davide!
«Mi siedo sul divano e ritorno a quel pomeriggio autunnale di tanti anni prima. Mi rivedo vagare per il paese sotto i lampi, incurante della pioggia. Un’anima in pena. Lentamente fanno capolino anche i dettagli dei mesi precedenti e di quelli successivi, come se, nel frattempo, non fossero trascorsi già tredici anni. Sento quasi la sua voce profonda riecheggiare per la casa, anche se lui non era mai stato tra quelle mura. L’ultima volta che lo avevo visto non avevo potuto dirgli quello che pensavo davvero e il rimpianto di aver taciuto mi tortura da allora.
Chiudo gli occhi. Il richiamo del passato, cui per tanto tempo avevo resistito, si fa sempre più intenso. Abbandono ogni altro pensiero e mi lascio trasportare da quel fiume che sembra volermi portare con sé. Che il viaggio abbia inizio». [pag. 12-13]
Buona lettura!
Santi Licata